La balena alla fine del mondo

La balena alla fine del mondo si svolge nel paesino di St Piran

La storia di un uomo che perse la speranza e del paese che gliela restituì

In un futuro vicino e non meglio definito, nel piccolo paese di St Piran, sulla estrema punta della Cornovaglia (esiste davvero!) oggi è il giorno della Festa della Balena, quando si ricordano gli avvenimenti fantastici che avvennero ormai più di 50 anni fa.

Tutto iniziò quando venne ritrovato sulla spiaggia un uomo nudo. Al largo, poco distante, chi lo salvò vide che stazionava una balena, quasi a voler vegliare il naufrago. Quasi subito i testimoni del ritrovamento si adoperarono per mettere in salvo l’uomo che sarà rifocillato e ospitato dal medico del villaggio.

La balena alla fine del mondo di John Ironmonger. Cronache Letterarie

Joe Haak, questo il nome del naufrago, è un giovane analista della City che ha ideato CASSIE, un sofisticato algoritmo per l’elaborazione di dati aggregati, al fine di prevedere le migliori tattiche di borsa. Joe non ha molta voglia di parlare di sé, né del perché si ritrova in quel paesino sperduto, dove ha rischiato di morire. Sa per certo di non aver tentato il suicidio e, con altrettanta certezza, sa di non voler essere rintracciato dai suoi colleghi londinesi.

I 300 abitanti del villaggio lo accolgono con cordialità e amicizia. Pochi giorni dopo il suo arrivo, per giunta, Joe riesce a coinvolgere tutti in un’impresa che sembrava impossibile: salvare la “sua” balena, spiaggiatasi apparentemente senza via di scampo.
L’animale è enorme ma, come si dice, l’unione fa la forza, e tutti insieme riescono a liberarla e farle riprendere il largo. Da quel momento Joe diventa l’eroe del piccolo villaggio di pescatori, che è quasi un luogo di ritrovo per fuggitivi dalla vita. Lì Joe si sente a casa e riscopre il valore degli affetti. Mentre Londra è sempre più lontana, St Piran è una bolla di serenità e pace.

Joe sa che l’interconnessione esasperata del nostro mondo fa sì che, ad esempio, una tempesta in Antartide possa creare problemi politici in Arabia Saudita. E’ il fenomeno noto come butterfly effect: prevederlo e sfruttarlo era proprio il fulcro del suo lavoro. Così, quando viene a sapere dei primi casi di una influenza particolarmente contagiosa in Asia, prevede grazie a CASSIE l’arrivo di una pandemia ed elabora una strategia per mettere in salvo la piccola comunità che ormai sente come la sua famiglia allargata. Sarà ancora una volta la sua amica balena a far entrare definitivamente Joe Haak nel mito di St Piran.

La balena alla fine del mondo, letto in questo momento storico, sembra uno di quei libri scritti sull’onda dell’emotività dei tempi strani che stiamo vivendo. Invece, le prime pagine del libro svelano che è stato scritto nel 2015 come romanzo distopico (qui trovi altri romanzi che hanno previsto la pandemia). Sono coincidenze che mi colpiscono molto: è come se l’autore avesse avuto una palla di vetro per sbirciare il prossimo futuro. Per quanto portato, per nostra fortuna, all’esasperazione.

Era inizio ottobre. O forse fine settembre, ma è passato quasi mezzo secolo […] e nessuno, ai tempi o da allora, ha mai pensato di mettere alcunché per iscritto. […] Molti di coloro che presero parte a quei fatti non sono più tra noi.

La leggenda di St Piran

La struttura narrativa è favolistica, per rafforzare l’aura di “leggenda” che gli abitanti di St Piran hanno creato attorno alla vicenda della balena e di Joe Haak. E poi la storia, che è raccontata dagli eredi di chi la visse, si è ammantata sempre più di dettagli, quasi mitologici.

Ma il messaggio che lascia è molto profondo e probabilmente più realistico di quanto lo stesso autore avrebbe voluto.
E’ davvero giusto pensare che in caso di catastrofe planetaria si passi al mors tua vita mea? O è più normale credere che il ruolo dell’individuo nel sostenere il prossimo possa essere catalizzatore dell’evoluzione del processo in corso?

Joe Haak si ritrova a essere più umano di quanto la sua vita cittadina lo avesse portato ad essere e a credere di essere. E i trecento abitanti che, come un sol uomo, si uniscono a lui per salvare la balena, non sono da meno. Leggendo La balena alla fine del mondo sei trasportato in un mondo di emozioni delicate, ma non per questo meno potenti. Amicizia, amore, lealtà, allegria fanno parte di quel mondo quasi fatato che è la piccola comunità di St Piran, in cui ognuno di noi si può riconoscere.

La balena alla fine del mondo. Cronache Letterarie

La balena

Un “personaggio” molto importante del romanzo è la balena. In maniera più o meno incisiva è presente lungo tutto l’arco narrativo e rappresenta la forza della natura e la necessità che l’essere umano ha di dover interagire con essa, rispettandola e salvaguardandola. Solo così riuscirà a sopravvivere al meglio.

Il salvataggio della balena è una delle parti del libro che più mi è piaciuta. E’ commovente. Tutti gli abitanti del villaggio, ognuno secondo le proprie possibilità, perfino i bambini della scuola elementare, sono su quella spiaggia per aiutare un essere vivente in difficoltà. La descrizione del gesto che fa la balena per ringraziare i suoi salvatori, subito prima di inabissarsi, devo ammettere che mi ha fatto proprio scendere la lacrimuccia. La natura – che è quella animale ma è anche l’essenza dell’essere umano – al momento del salvataggio viene raccontata con delicatezza e passione.

E però. La scrittura è fluida e piacevole ma, ammetto che dopo il salvataggio della balena per me il romanzo ha preso una piega poco interessante. E no, non sto affermando il contrario di quello che ho scritto poco sopra. La tematica, visto il tempo che stiamo vivendo, è affascinante soprattutto perché è facile ritrovare analogie, sia con il proprio vissuto privato che con quello planetario. Però la metafora della forza e resilienza dell’uomo nel combattere – e spesso vincere – le avversità della vita, sarà che la stiamo vivendo in maniera molto meno romantica di come viene descritta ne  La balena alla fine del mondo, ma l’ho trovata un po’ retorica.

Gli abitanti del villaggio, che corrispondono a degli archetipi narrativi – l’abate, la civetta, l’infermiera mulatta, il vagabondo, il marinaio – , sono funzionali all’impianto simbolico del racconto e aiutano a rendere universale e filosofica la storia. Dopo il salvataggio della balena però, a poco a poco scompaiono sullo sfondo. Il protagonista diventa sempre di più Joe, sia attraverso i flashback della vita da analista finanziario, sia preso nella sua vita attuale più a misura d’uomo. E’ normale, direte voi, è il protagonista. Ecco, ma la sua storia personale, sia passata che presente, non è interessante.

La balena alla fine del mondo, di John Ironmonger, è un romanzo piacevole, meno leggero di quanto ci si possa aspettare e uno spunto per riflettere su quanto sia importante l’aspetto umano di condivisione nell’affrontare le avversità della vita. Però il caso ha voluto che il libro racconti una situazione distopica e che la realtà ha superato la fantasia. Forse per questo il romanzo, per me, ha perso smalto e interesse.

Il porridge

Tutti noi conosciamo come colazione classica “all’inglese” le uova con bacon, magari con l’aggiunta di funghi trifolati e fagioli al pomodoro. E’ quella di cui facciamo incetta negli hotel ma ovviamente non è una colazione quotidiana. Sia per le povere arterie, che per il tempo che ci vuole a prepararla. Molto più comune nelle colazioni UK è il porridge, una pappa di avena e latte da mangiare calda o fredda (in questo caso si chiama overnight porridge), con l’aggiunta di miele e frutta fresca e secca. Questo romanzo lo nomina in continuazione, non posso spiegarvi perché altrimenti faccio spoiler ma fidatevi, il porridge è praticamente uno dei protagonisti.

Però non è una vera ricetta, semplicemente si prendono i fiocchi d’avena e si cuociono in latte o acqua (in rapporto di 1 a 3) fino a che non diventino una crema.
Io invece vi voglio parlare della granola, cioè di come gli stessi ingredienti, cotti al forno invece che bolliti, assumano tutt’altre caratteristiche, pur restando nutrizionalmente corretti. Quella che vi presento qui è una delle possibilità, potete sostituire a piacimento la frutta essiccata e quella secca con altra che più vi piace, l’importante è rispettare le proporzioni.

Granola

210 gr di fiocchi di avena
3 cucchiai di zucchero di canna
½ cucchiaino di cannella (se piace)
½ cucchiaino di sale
3 cucchiai di sciroppo di acero o di miele fluido
3 cucchiai di olio di semi neutro, tipo arachidi o girasole
70 gr di mandorle pelate, tagliate ognuna in due o tre pezzi (o altra frutta secca)
70 gr di uvetta (o albicocche secche, o quello che vi piace)
1 albume (solo che ce lo avete che vi avanza, aumenta la quota proteica)

Granola al fornoRivestite una teglia con i bordi con carta da forno e accendete il forno a 180°.
In una ciotola media, unite tutti gli ingredienti secchi. In una ciotolina unite invece tutti gli ingredienti liquidi, compreso l’albume se lo usate. Versate il miscuglio liquido nella ciotola dell’avena e mescolate per bene, fino ad avere tutti gli ingredienti uniformemente umidi. A questo punto versate il tutto nella teglia, spargendola per bene in uno strato sottile, e mettete in forno per circa 30 minuti. Ricordatevi di dare una mescolata ogni dieci minuti, per far dorare il tutto uniformemente.

Quando siete soddisfatti del colore sfornatela e fatela raffreddare completamente. Poi aggiungete la frutta essiccata che avete scelto e conservate il tutto  in un barattolo ermetico. Vi avviso, crea dipendenza, vorrete mangiarla con qualunque cosa.

 

Simona Chiocca

Simona Chiocca

Napoletana di nascita e romana per scelta, da sempre sono innamorata della cara vecchia Inghilterra. Lavoro nella produzione cinematografica e da che ho memoria sono appassionata di cucina e passo quasi ogni momento libero spignattando e infornando a più non posso. Cinefila e profondamente gattara, vivrei in un autunno perenne con libri e tè.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.