Il giallo italiano nella piccola editoria
In Italia, da che esiste il genere, si sono sempre letti molti gialli, ma il giallo italiano ha faticato a imporsi e solo negli ultimi decenni ha conquistato l’apprezzamento dei lettori.
Gli editori che in passato hanno provato a proporre al pubblico collane dedicate al giallo italiano – spesso scegliendo con cura titoli e autori – non hanno avuto il successo sperato.
Anche se sono un’appassionata di narrativa femminile, da sempre mi piacciono i gialli e dato che in Italia c’è un proliferare di collane, ecco qui una panoramica sui piccoli editori di genere.
Già a partire dagli anni ’50 diversi piccoli editori, ad esempio Boselli o Furio Viano a Roma, hanno pubblicato numerosi gialli con autori rigorosamente italiani, anche se nascosti dietro improbabili pseudonimi americaneggianti. A leggerli oggi, sono romanzi diseguali per qualità, ma hanno un notevole fascino “vintage”.
Purtroppo gli editori in questione hanno cessato da tempo l’attività e non si possono avere riscontri sulle le vendite, mentre si può avere un’idea più precisa del “successo” delle collane di editori più grandi.
Collane dedicate al giallo italiano
Ad esempio, la bellissima collana “Il rigogolo” della Rizzoli, sebbene curata da un esperto del calibro di Raffaele Crovi e, nonostante la presenza di nomi di assoluto prestigio, durò soltanto quattro anni (dal 1968 al 1972) e undici numeri.
Altrettanta scarsa fortuna ebbe la collana “Gialli Italiani Mondadori” che, tra il 1977 e il 1978, propose dodici riedizioni di romanzi degli anni ’30 ormai introvabili, firmati da alcuni dei maggiori autori del tempo, come Alessandro Varaldo, Giorgio Scerbanenco, Ezio D’Errico, Vasco Mariotti.
La collana propose inoltre un paio di riedizioni di romanzi degli anni ’50 (di Giuseppe Ciabattini e Franco Enna) e un solo romanzo inedito, di Enzo Russo.
Dalla qualità dei nomi ci si può rendere conto di quanto il pubblico del tempo fosse refrattario alla lettura di romanzi gialli italiani. Praticamente erano disposti a prenderne in considerazione qualcuno solo se pubblicato quasi di nascosto in mezzo ai tanti titoli esteri tradotti. Come avveniva ad esempio, negli anni ’70, per i Gialli Garzanti che potevano permettersi ogni tanto il lusso di uno Scerbanenco, un Loriano Macchiavelli, un Secondo Signoroni, una Luciana Attoli, in mezzo ai numerosi Mickey Spillane, Ian Fleming, Len Deighton, di cui il pubblico faceva incetta.
Ciò spiega perché ancora oggi che il giallo italiano è ormai letto e apprezzato, nessuna casa editrice importante porti avanti una collana specificamente dedicata. E questo vale anche quando gli autori italiani rappresentano la maggioranza all’interno di una collana.
La piccola editoria gialla
La situazione cambia nell’ambito della piccola editoria che spesso e volentieri tira avanti proponendo autori nazionali, talvolta già noti almeno a livello locale, altre volte più o meno esordienti, o più ottimisticamente “emergenti”.
Alcune collane di gialli italiani proposte da piccoli editori si sono scavate piano piano delle nicchie di tutto rispetto, ad esempio i Fratelli Frilli, o la Todaro.
Raccontare la realtà meglio degli altri
Un affermato autore italiano, Maurizio De Giovanni, ha dichiarato che la forza del giallo italiano attuale sta soprattutto nella sua capacità di raccontare la realtà urbana, molto più e molto meglio dei romanzi di qualsiasi altro genere, soprattutto di quelli cosiddetti “mainstream”.
Questo perché il giallo è inevitabilmente un romanzo complesso, in cui la trama viene mossa soprattutto dalle interazioni tra i personaggi e la cornice in cui si muovono, che deve quindi essere ben caratterizzata.
Il tempo dei personaggi-cliché che si muovevano su fondali artificiali è alle spalle da tempo. Per scrivere di delitti, oggi, occorre saper calare i propri personaggi in una realtà credibile.
La Todaro già da tempo ha deciso di connotare, secondo identità locali, due diverse collane: una dedicata alle città e una dedicata alla provincia.
La Placebook
Seguendo il suo esempio, da quest’anno anche la Placebook ha lanciato una propria collana di gialli tutta italiana, caratterizzata dai luoghi che fanno da cornice alle storie. Si chiama appunto “Città in giallo” e conta già un discreto numero di titoli.
La Placebook è una realtà particolare dell’editoria italiana perché rifiuta la definizione di “editore” preferendo essere considerata una “agenzia letteraria con proprie pubblicazioni”. Il rapporto con gli autori è dunque piuttosto libero e legato soprattutto alla loro rappresentanza e diffusione, portate avanti senza spese per gli autori stessi, che però sono vincolati a cedere una percentuale sugli eventuali guadagni.
Il contratto prevede anche varie forme di assistenza durante la redazione dei testi e la realizzazione materiale dei libri. La casa editrice ha scelto di distribuire i suoi volumi tramite il canale più universale e pervasivo, ossia Amazon.
Città in giallo
“Città in giallo” raccoglie romanzi che, sebbene si possano leggere ognuno come opera a sé stante, sono legati tra loro dalla presenza di personaggi che ritornano e che seguono un ordine cronologico come una serie tv. Ogni serie è ambientata in una precisa realtà urbana ed è opera dello stesso autore.
La collana presenta soprattutto nomi nuovi, anche se non di rado si tratta di autori che hanno alle spalle qualche pubblicazione presso piccoli editori.
Una caratteristica di queste serie è che, accanto alle figure tradizionali di poliziotti per professione, agiscono figure di investigatori dilettanti, molto lontani dai cliché del giallo classico. Questi non indagano per hobby o per noia ma perché si ritrovano quasi sempre risucchiati, contro la loro volontà, in situazioni illecite o criminali.
Da Roma ministeriale e papalina a Verona
Fino ad ora, tra i titoli usciti, la parte del leone l’ha fatta Fabio Pedrazzi, che è anche direttore della collana, con la serie del giornalista Paolo Arcantes che si muove tra i misteri di una Roma ministeriale e papalina, nella quale è facile imbattersi in manager o ecclesiastici ogni volta che si va a ficcare il naso da qualche parte.
Un’altra serie che presenta già alcune storie è quella scritta da Claudia Filippini e ambientata a Verona, che ha come protagonista una guardia giurata donna, Andrea de Montpassé.
Stefano Micheletti a Varo, immaginario paese della Ciociaria
Poi c’è una serie firmata da Stefano Micheletti, ambientata a Varo, un immaginario ma tipico paese della Ciociaria (ai piedi del monte Campocatino). Al centro della vicenda c’è la figura di un elicotterista militare in pensione, Alessandro Neri, che cerca un buen retiro per scrivere le sue memorie e finisce invece per trovarsi a vivere tutt’altre avventure.
A Genova c’è Roberto Cocchis
Promettente anche la serie ambientata a Genova e scritta da Roberto Cocchis (NDR il nostro esperto di gialli), nella quale la figura più importante è quella di uno studioso di letteratura italiana, Eugenio De Simone. Lo studioso lavora però come ispettore doganale per l’impossibilità di sfruttare la sua specializzazione e, per aiutare un amico ricercatore in difficoltà, finisce in mezzo a una vicenda criminale che affonda le sue radici in un oscuro passato.
Serie a quattro mani, da Siracusa a Bologna
Queste serie sono appena partite e quindi i loro sviluppi sono ancora tutti da valutare. Alcune sono redatte a quattro mani da coppie di autori come quella di Adriana Antoci e Giulia Cosentini che si svolge a Palazzolo Acreide, un paese vicino Siracura, in cui si muove Fabio Gavino, insegnante in un liceo classico.
A Bologna, agisce invece il maresciallo dei carabinieri Alfonso Guarna, la cui vicenda editoriale è piuttosto complessa: creato inizialmente da Vito Introna per un romanzo pubblicato dall’editore Bertoni, viene riproposto in una nuova avventura scritta da Introna insieme a Francesca Panzacchi.
La Firenze di Bryan Torrigiani
Particolarmente originale sembra la serie ambientata a Firenze, opera di Bryan Torrigiani, il protagonista della quale è un caposquadra dei Vigili del Fuoco, Stefano Nigi, che nella sua prima avventura si trova coinvolto nel terremoto di Amatrice.
Benché i nomi di quasi tutti questi autori siano tutt’altro che conosciuti dal grande pubblico, il livello dei loro romanzi non appare per nulla inferiore a quello dei romanzi che escono normalmente con etichette editoriali più prestigiose.
Al limite l’editing poteva essere fatto con un po’ più di impegno, ma la qualità degli intrecci, lo spessore dei personaggi e la verosimiglianza delle cornici non sono certo da dilettanti allo sbaraglio.
A mio parere, un significativo punto di forza della collana è proprio la mancanza di un format di riferimento. Non c’è dunque uniformità stilistica tra queste serie e in tempi come quelli attuali, in cui l’influenza delle scuole di scrittura creativa tende a formare eserciti di autori che si direbbero clonati l’uno dall’altro, una tale libertà rappresenta un valore aggiunto.