
Dal moscerino della frutta alla scimmia della Malesia, dalle formiche agli elefanti ubriachi, fino all’uomo. Breve storia dell’ubriachezza ci presenta la storia del mondo attraverso il rapporto fra esseri viventi e alcol. Sembra proprio che l’essere umano sia stato progettato per bere. Per scoprire perché bisogna leggere questo divertente libro di Mark Forsyth.
Forsyth è uno scrittore britannico di saggistica, diventato famoso per una serie di libri sull’etimologia delle parole inglesi. È un “investigatore” dunque, e con questo libro ci trasporta da un’epoca all’altra, da un continente all’altro, mostrandoci che in tutte le culture, nessuna esclusa, il desiderio di sostanze inebrianti è stato la causa, o più spesso l’effetto, di avvenimenti significativi.
Come gli uomini scesero dagli alberi ed impararono a bere
Con non celata ironia, l’autore ci porta indietro nel tempo, all’epoca in cui gli uomini erano nomadi e vivevano allo stato di natura, cercando di sopravvivere. Nella preistoria l’alcol – dovuto alla fermentazione spontanea degli zuccheri della frutta, o del miele – costituiva una fonte di energia per l’essere umano. Tuttavia l’uomo doveva dominarsi nel consumo perché, se è vero che l’alcol dava coraggio, è anche vero che cacciare tigri dai denti a sciabola da ubriachi poteva sortire effetti indesiderati.

Produrre birra tra i Sumeri e gli Egiziani
Partendo con l’autore scopriamo che nelle città sumere si trovavano facilmente delle locande dove si produceva e si serviva birra. Queste locande erano generalmente gestite da donne. Ne abbiamo la prova nel codice di Hammurabi che aveva leggi impietose nei confronti delle ostesse, le quali erano facilmente passibili di pena di morte.
Invece, nell’antico Egitto, secondo la leggenda, la birra era la bevanda che aveva salvato il genere umano. Gli egiziani bevevano sia birra che vino, soprattutto se ricchi. Grandi feste e sontuosi banchetti sono raffigurati nei geroglifici egizi, dove uomini e donne partecipano a grandi bevute collettive. L’ubriachezza, nell’antico Egitto, era la condizione per sciogliere la lingua e i freni inibitori e avvicinare l’uomo al misticismo.
Vino cinese?

Certamente, in Cina si produceva vino fin dal 7000 avanti Cristo. Le leggende intorno a questa bevanda sono talmente tante che non si può risalire ad una verità storica. I cinesi consideravano l’ubriachezza come una forza in grado di demolire intere dinastie, nonché capace di influenzare l’ordine del regno.
L’ubriachezza di Noè
Avvicinandoci alla nostra cultura, troviamo Noè che pianta un vigneto non appena uscito dall’arca. Forse perché dopo il diluvio aveva bisogno di farsi un goccio. Scoperto ebbro dai figli, poi si adirò con quello che gli aveva mancato di rispetto e lo maledisse. Nella Bibbia, però gli episodi di ubriachezza non sono condannati moralmente, ma piuttosto raccontati con ironia.
“Bevi e ubriacati completamente. Per il bene della tua anima.”
Nell’antica Grecia il bere era assolutamente codificato e una perdita di controllo “controllata” segnava la differenza fra l’uomo civile e quello incivile.
A proposito del vino nell’antica Roma (di cui abbiamo già parlato qui) sappiamo che il bere smodato non era tollerabile socialmente. Tantomeno potevano bere le donne. Nel periodo imperiale però, il consumo di vino cambiò. Si aprì la porta anche alle donne che poterono partecipare al convivio. I romani divennero il prototipo del bevitore snob, quello che passerebbe ore a raccontare con precisione da dove arriva il vino che si sta bevendo. Insomma, i romani non erano molto diversi da quelli che oggi vengono tacciati come “eno-fighetti”.
In ogni caso, nell’antica Roma si beveva molto e la sbornia era una condizione assolutamente desiderabile.

Bere come un Dio
Vi siete mai chiesti cosa bevesse Odino, la divinità vichinga di un popolo guerriero e navigatore? Si penserebbe alla birra, dato che il vino non è un prodotto nordico. E invece no! La sua unica bevanda, anzi l’unico nutrimento di Odino era proprio il vino. In quanto costoso prodotto d’élite… una bevanda da Dio in poche parole.
Culture asciutte e culture bagnate
Forsyth distingue i popoli che consumano alcool senza considerarlo un tabù – ad esempio le culture “bagnate” mediterranee – dalle popolazioni “asciutte” che ne tollerano il consumo secondo regole codificate.
Culture asciutte sono l’Inghilterra e l’Australia. Cultura asciutta era anche quella azteca dove l’ubriachezza veniva considerata pericolosa, foriera di insurrezioni e discordia fra i cittadini, e si puniva con la morte.
È difficile controllare una cultura asciutta, forse ancor più di una bagnata.
Ad esempio, nell’ ”asciutta” Londra, il gin diventerà un vero e proprio problema sociale che culminerà nella sua messa al bando. In Australia il rum sarà addirittura moneta corrente, strumento di ribellione e di controllo politico e sociale. Nell’asciutta America, sarà il whiskey a dominare nei saloon del vecchio West. Il tentativo dell’America di restare “asciutta” sarà arduo e condurrà alla famigerata legge del Proibizionismo. Ne abbiamo accennato a proposito del bel libro di Ray Bradbury, L’estate incantata (Dandelion Wine).
La Santa Madre Russia, una cultura bagnata dalla vodka

Anche in Russia, sembra che tutti i tentativi di “asciugare” la cultura si siano risolti in una rivoluzione. Nel 1914 lo zar di Russia Nicola II dichiarò fuorilegge la vodka. Quattro anni dopo venne giustiziato con tutta la sua famiglia in una cantina di Ekaterinburg.
Lo zar era convinto che i soldati avessero perso le ultime guerre a causa dell’abuso di vodka. Il divieto però aveva privato le casse dello stato di un gettito rilevante. Ma un’altra teoria sostiene che la Rivoluzione russa del 1917 fu dovuta al fatto che la gente, finalmente sobria, si fosse resa conto dell’ingiustizia sociale dell’Impero russo. Sicuramente anche Lenin considerava la vodka pericolosa, visto che la proibì fino al 1925, quando Stalin revocò il divieto.
Siamo nati per brindare
In qualsiasi angolo della terra, a qualsiasi latitudine e tempo, gli uomini si sono riuniti per bere sostanze inebrianti. Si beve per celebrare, per sancire il passaggio da un momento ad un altro. Per salutare un amico, per festeggiare l’inizio di una nuova vita, o la fine di una storia. Beviamo per evasione, per rompere gli schemi e le inibizioni. L’ubriachezza ci rende violenti o pacifici, aiuta a dormire, ma a volte fa stare così male da non riuscirvi.
Al termine della lettura di Breve storia dell’ubriachezza, i bevitori si sentiranno quasi sollevati in quanto sono più che altro i sobri ad essere trattati con sarcasmo. Tuttavia, non si tratta di un’apologia del bere, piuttosto di uno scritto fruibile e godibile, che diverte grazie ad una buona dose di humor.
Cosa bere leggendo questo libro?
Gustiamoci questa lettura con un bicchiere di fresca birra, in onore dell’origine british dello scrittore e in tema con la bevanda più diffusa nell’antichità.
Sembra facile parlare di birra, in realtà l’argomento è talmente ampio che rende necessario restringere il campo. Parliamo dunque di un particolare stile (ovvero tipo) di birra, denominata Ale. Si tratta della tradizionale birra inglese ad alta fermentazione, la bevanda nazionale per eccellenza. Le particolarità della Ale sono il non utilizzo del luppolo nella preparazione e la sua fermentazione vigorosa. Le Ale sono birre che presentano poca schiuma, una bassa gradazione alcolica si servono a temperatura di cantina. Sono birre di corpo medio, fruttate, spesso erbacee, dall’amarezza decisa ma bilanciata dal sapore dolce dei malti caramellati.

Il successo delle birre IPA
Di birre Ale ne esistono diversi sottotipi uno dei quali, la Indian Pale Ale, detta brevemente IPA, è di gran moda al momento. È una birra che nacque per l’esportazione verso le Indie, divenuto uno stile molto apprezzato, tanto da essere il cavallo di battaglia di alcuni moderni birrifici.
Non sempre, le IPA incontrano il gusto di tutti, specialmente se si propende per birre di forte sapore, tenore alcolico e aroma, con un gusto più dolce.
Abbinare una IPA al cibo non è impresa semplice. Tuttavia, il fondo amarognolo e i sentori erbacei o agrumati la rendono perfetta con le spezie. Sicuramente è la birra ideale per l’abbinamento esotico e piccante, come quello con la cucina indiana, thai o messicana. Per quanto riguarda la cucina nostrana, si sposa bene con la romanissima cacio e pepe, o lo spaghetto aglio olio e peperoncino.