Queste montagne bruciano: gli Appalachi
Gli Appalachi sono la catena montuosa che attraversa la parte orientale degli Stati Uniti, separando la East Coast dal Midwest, e prendono il nome da una tribù di indiani scoperta dalla spedizione Narvaez, in Florida, nel 1528. Pur non essendo montagne altissime, quando vogliono, sanno essere parecchio infide. Ad esempio, uno dei loro più insigni studiosi, Elisha Mitchell, morì il 27 giugno 1857, cadendo accidentalmente nel salto di 20 metri di una cascata lungo le pendici del monte che oggi prende il suo nome. Si tratta della cima più alta della catena (2.037 metri).
Gli americani associano il loro nome allo spirito d’avventura dei primi coloni che li attraversarono, ossia a personaggi come quel Johnny Appleseed che i bambini imparano a conoscere fin dalle scuole elementari. Gli Appalachi rappresentano un simbolo così importante per la cultura americana che nel 1944 furono scelti come location per quel capolavoro della danza novecentesca che è Appalachian Spring, in cui le musiche di Aaron Copland, le coreografie di Martha Graham e le scenografie di Isamu Noguchi si fondono alla perfezione tra loro.
Poiché la catena montuosa attraversa ben diciotto stati e si estende anche oltre, ad esempio in Canada, attorno ad essa si possono trovare le realtà più diversificate. È inevitabile che in una situazione del genere fioriscano sottogeneri letterari caratteristici e inconfondibili.
Il Southern Gothic
Da qui, ad esempio, proveniva Breece Pancake, lo sfortunato enfant prodige del racconto americano. Lo scrittore, morto in circostanze dubbie a soli ventisei anni nel 1979, utilizzò spessissimo l’ambiente degli Appalachi per ambientare le sue storie.
Molti degli autori più famosi – abbastanza famosi da essere arrivati perfino in Italia, sia pure con il contagocce – come Davis Grubb con La morte corre sul fiume) o Thomas Cullinan con The Beguiled – L’inganno (da cui sono stati tratti ben due film, quello di Don Siegel con Clint Eastwood nel 1971 e poi nel 2017, quello di Sofia Coppola con Nicole Kidman) sono ancora oggi etichettati come “Southern Gothic”. Questo anche se Grubb era originario della Virginia Occidentale unionista e Cullinan addirittura dell’Ohio.
Forse è per questo che i loro eredi contemporanei preferiscono sentirsi meno “southern” e più specificamente “appalachian”. Ragione per cui oggi si preferisce parlare di “Appalachian noir”.
L’Appalachian Noir
Un giro su Amazon e su Goodreads offre diversi spunti a chi si interessi di Appalachian noir. Anche se fino ad oggi nessun editore italiano si era mai azzardato a proporre un titolo con questo marchio. La lacuna è stata colmata dalla casa editrice Jimenez che, nel 2022, ha proposto ai lettori italiani Queste montagne bruciano di David Joy: quarto romanzo di un autore piuttosto giovane (classe 1983) originario della North Carolina. Ed è proprio nella zona ovest del North Carolina, quasi al confine con il Tennessee, che si svolge la vicenda narrata nel libro.
Queste montagne bruciano
Siamo nel 2016. Mentre le foreste sulle montagne vengono divorate da un interminabile incendio, il vecchio Ray, guardia forestale in pensione, vorrebbe piangere in solitudine l’amata moglie scomparsa. Invece è costretto a fare i conti con le mattane del figlio Ricky, tossicodipendente ormai irrecuperabile. La zona in cui vivono non sembra cambiata minimamente dai tempi dei racconti di Pancake, nonostante i quarant’anni e i quattrocento chilometri che li separano. Ora è però letteralmente dominata da una cricca di spacciatori che fanno il bello e il cattivo tempo, forse aiutati da poliziotti corrotti. Le attività criminali sono favorite anche dalla presenza di diverse sacche di emarginazione sociale, che coinvolgono gli scarsi nativi americani ancora presenti. Questi hanno ormai perso ogni ricordo dei vari Catawba, Chowanac, Lumbee, Roanoak, Secotan e Tuscarora che un tempo si dividevano il territorio.
Proprio la necessità di difendere il figlio, pur nella consapevolezza che non servirà a nulla, metterà Ray a confronto e poi in un conflitto senza esclusione di colpi, con il capo dei pusher, Jonah Rathbone.
Un altro che ha rapporti sempre peggiori con Rathbone è Denny Rattler, giovane nativo americano che si fa da troppo tempo per poter tornare indietro, ma che è abbastanza consapevole dei rischi che corre. Ormai non si fa più nemmeno per il piacere, ma solo per evitare le crisi d’astinenza. Il fatto che sia un tossico come Ricky, lo metterà sulla strada di Ray, in una singolare e inaspettata alleanza.
Il problema è che, nel momento in cui cominciano a pensare a come farla pagare a Rathbone e ai suoi scagnozzi, si ritrovano senza volerlo a mettere i bastoni tra le ruote all’agente federale Dan Holland. Questi sta indagando da tempo sul traffico di stupefacenti lungo il confine tra North Carolina e Tennessee e ha infiltrato nella banda degli spacciatori un suo uomo, Rodriguez. Sia Holland, sia soprattutto Rodriguez, sono sfiniti dopo mesi di duro lavoro e continua tensione.
David Joy
Joy è uno di quegli autori che maneggiano con cautela il materiale esplosivo che hanno tra le mani. Potrebbe stupire il lettore con ogni sorta di effetti speciali, invece sembra voler deliberatamente stemperare il climax ogni volta che la narrazione incontra una svolta. Si direbbe che non gli vada a genio l’idea che il suo romanzo possa essere ricordato per una o più scene particolari. Preferisce che lo si ricordi tutto, oppure niente.
Gli Appalachi di Queste montagne bruciano sono ben lontani dalle favole ecologiste su Johnny Appleseed, o da quel passato idilliaco messo in musica da Copland. La natura, che dovrebbe dominare tutto, resta sullo sfondo a bruciare e, quelle poche volte che si fa coinvolgere, è più spesso matrigna che madre. Forse perché si è stufata anche lei di subire. E le vite di chi ci sta in mezzo non cambieranno mai, neanche quando tutto sembra finire bene. Al massimo si è ottenuta una proroga, ma niente più.