Rileggere oggi quello che poco più di trent’anni fa, nonostante la sua difficoltà e complessità, è stato un best-seller, è un’operazione dotata di senso? Sicuramente sì, se il libro è Possessione di Antonia S. Byatt. Una storia romantica, un metaromanzo, vincitore del Booker Prize 1990, il premio assegnato ogni anno al miglior romanzo britannico.
Possessione è un piccolo classico del 1990, una rara escursione nella narrativa sperimentale in grado di appassionare anche il lettore meno smaliziato, purché curioso e paziente.
È noto che la Byatt scrisse questo libro per sviluppare il tema dell’onniscienza del narratore nel romanzo del XIX secolo, così come posto da John Fowles in un’opera ugualmente sperimentale e ugualmente di successo, La donna del tenente francese.
Sia Possessione, sia La donna del tenente francese (leggi qui la nostra recensione) sono esempi di “metanarrazione storiografica”, ossia di un genere che fonde il romanzo storico con il metaromanzo.
A questo punto, occorre però aggiungere una breve spiegazione, visto che oggi tutti leggono romanzi storici – anche perché se ne pubblicano e se ne traducono di ottimi, basta ammirare il catalogo di editori come Neri Pozza per farsene un’idea – ma non tutti sono in grado di riconoscere i metaromanzi, anche quando se li ritrovano davanti.
Il metaromanzo
Un metaromanzo è, detto in estrema sintesi, un romanzo che contiene un romanzo. È un romanzo che abbia come argomento un romanzo che può essere il libro che stanno leggendo i protagonisti, o comunque quello di cui parlano. Ovviamente, si tratta di metaromanzo quando il libro esiste solo in quel romanzo e non è un’opera esistente che vi viene citata.
Quando l’autore compie questa scelta, si obbliga a comporre due romanzi diversi, collegati tra loro, utilizzando due registri differenti per ottenere l’effetto di due voci ben distinte.
Anche se la tecnica della metanarrazione ha illustrissimi precedenti storici – gli specialisti citano l’Odissea, il Don Chisciotte, Jacques il fatalista, ecc.), nel ‘900 essa è divenuta una prassi cui gli autori più ambiziosi sono ricorsi sempre più spesso.
Jorge Luis Borges
A codificarla definitivamente, con una certa dose di ironia, provvede Jorge Luis Borges, quando spiega che vorrebbe scrivere delle imponenti opere enciclopediche su svariati argomenti di suo interesse, ma si rende conto di non averne né il tempo né la possibilità, quindi si limita a recensirle, a parlare di esse come se fossero state scritte: il risultato è, ad esempio, Finzioni.
Anche la narrativa popolare si appropria delle tecniche metanarrative ogni volta che può: si pensi ad esempio a Lovecraft e ai suoi misteriosi libri che introducono a realtà soprannaturali, come il Necronomicon, o i Manoscritti pnakotici.
Fuoco pallido e Possessione
Possessione, però, non si limita a menzionare l’esistenza di alcune opere e a descriverne il contenuto, aggiungendo occasionalmente qualche breve citazione. Le opere immaginarie cui fa riferimento sono addirittura riportate per intero, redatte per l’occasione dall’autrice che ha spinto ai massimi livelli la determinazione con cui Vladimir Nabokov – altro nume tutelare della metanarrativa novecentesca – compose per intero il poema Fuoco pallido che è al centro del suo omonimo romanzo pubblicato nel 1962.
Sì, perché in Possessione le voci diverse non si limitano a due, ma sono addirittura tre. Non si parla infatti dell’opera di un singolo autore del passato, ma di due autori diversi.
Per di più, queste opere non sono costituite solo da scritti semplici come delle lettere o dei diari, ma anche da lunghi poemi pieni di immagini fortemente evocative e di richiami alla cultura. Insomma, opere passate attraverso un complesso processo di elaborazione.
Uno dei più grandi poeti inesistenti
Randolph Henry Ash
Una rapida sinossi della trama permette di comprendere meglio il ruolo di ogni personaggio e di ogni testo all’interno del romanzo.
Un giovane studioso relegato in compiti di second’ordine, Roland Mitchell, scopre casualmente due lettere sconosciute, redatte dal poeta vittoriano Randolph Henry Ash. Le trova in un libro appartenuto allo stesso Ash e custodito in una biblioteca accademica.
Il contenuto delle lettere allude a una sua possibile relazione con una donna. Roland, esperto e grande appassionato di Ash, ruba le lettere e si mette alla ricerca di elementi che lo indirizzino verso l’identità della donna.
Gli indizi lo conducono verso la figura di una poetessa minore, contemporanea di Ash, Christabel LaMotte. Roland allora contatta un’altra studiosa, Maud Bailey, che è una lontana parente nonché la massima esperta di Christabel LaMotte. I suoi argomenti sono convincenti e la donna, incuriosita, lo asseconda nella ricerca di ulteriori prove, accompagnandolo a conoscere quelli che sembrano essere gli unici eredi della poetessa, morta senza essersi mai fatta una propria famiglia. Questi, nonostante qualche titubanza, permettono ai due di frugare tra le poche cose lasciate da Christabel. La ricerca consente ai due di recuperare altre lettere, custodite in un nascondiglio segreto, dalle quali appare evidente il suo coinvolgimento con Ash.
Ash e Christabel, i due poeti amanti
L’indagine proseguirà a lungo, seguendo un filo che si riannoda inaspettatamente ogni volta che sembra sul punto di spezzarsi e conducendo i due in una serie di viaggi in diverse località dell’Inghilterra e della Francia che Ash e Christabel hanno toccato, insieme o separatamente. Dai viaggi emergeranno altri elementi e soprattutto altri documenti che permetteranno di ricostruire, a poco a poco, una vicenda sempre più sorprendente. Soprattutto, diventerà possibile connettere tra loro le opere composte dai due e le circostanze vissute mentre le componevano.
Non ci sono solo loro, però, sulle tracce dei due poeti amanti, scomparsi da tempo. Messi sull’avviso dalla condotta di Roland e di Maud, anche studiosi molto più illustri e titolati di loro si sono messi a caccia dei segreti dei due poeti, allettati dal miraggio di pubblicazioni che potrebbero avere un clamoroso successo, non solo accademico.
La parte finale della ricerca condotta da Roland e Maud, diventa quasi una fuga per anticipare gli altri. Visto che la situazione personale di partenza di entrambi si prospettava molto frustrante (lei da parecchio single, frequenta gruppi LGBT senza molta convinzione e lui impelagato in una relazione che si trascina stancamente più per abitudine che per altro), la tensione e la complicità che li uniscono finiscono per spingerli l’uno nelle braccia dell’altra. Anche perché entrambi tendono a immedesimarsi nelle figure dei due poeti di cui sono appassionati.
Parecchi colpi di scena
Già riportata in questi termini, la trama si presenta invitante: eppure non ho menzionato nessuno dei numerosi colpi di scena che la arricchiscono, soprattutto nella parte finale. In tal senso, Possessione si richiama chiaramente ai romanzi ottocenteschi degli autori realmente esistiti che ogni tanto fanno capolino tra le lettere che Ash e Christabel si sono scambiati.
Va sottolineato anche come la cornice della trama costituisca una sotto-storia a sé, forse non avvincente come quella principale, ma comunque interessante. Vi troviamo quel sottobosco di studiosi e luminari che si fanno continuamente le scarpe l’un l’altro, a volte mossi da nobili ideali ma più spesso mossi da ragioni a dir poco ignobili. Soprattutto sono affetti, nella quasi totalità, da qualche forma di narcisismo patologico, tanto che in questo romanzo sono tutti degli esperti manipolatori, soprattutto gli uomini. Ma non si salvano nemmeno le femministe, presentate come la corrente di pensiero più autoreferenziale e quindi più sterile, perennemente fissata su cliché freudiani che riducono qualunque tematica alla sessualità. Perciò le femministe si prestano a ogni sorta di ironie, anche pesantemente discriminatorie.
Solo i puri hanno accesso alla verità
Sembrerebbe che solo i due elementi marginali rispetto al sistema, Roland e Maud, abbiano conservato abbastanza “purezza” da accedere ai segreti nascosti della storia. Anche perché sono gli unici interessati a sapere come va a finire, senza alcun secondo fine. Solo i puri hanno accesso alla verità.
Complimenti! Un caro saluto da Bolzano