Sarà che andiamo verso la fine del mondo, come dice David Attenborough nel bel documentario David Attenborough: A Life in Our Planet, che parla della sua vita e della vita del nostro pianeta.
Con grande pacatezza, il novantatreenne Attenborough ci racconta che il cambiamento climatico è reale e siamo sull’orlo della catastrofe. Questa non è una novità nella storia del nostro pianeta, è già successo cinque volte che le specie che lo popolavano si siano estinte. L’ultima è stata al tempo dei dinosauri, quando morirono il 75 per cento delle specie. Poi tutto ricominciò con quel restante 25 per cento. Così tra poco succederà di nuovo, per la sesta volta, proprio grazie alla presenza invadente dell’uomo che sta distruggendo la biodiversità, o per dirlo in modo più semplice, la natura.
Il più prestigioso concorso di fotogiornalismo
Non stupisce dunque che le foto presentate quest’anno al World Press Photo 2022, il più prestigioso concorso mondiale di fotogiornalismo, ci mostrino un mondo che se la passa proprio male.
Un mondo in cui la crisi climatica e le catastrofi naturali rendono ancora più dure le condizioni di vita degli abitanti della terra, specialmente degli animali, dei gruppi umani più poveri, delle culture indigene. Non a caso lo scorso anno non abbiamo visto la mostra al Palazzo delle Esposizioni a causa del Covid, mentre qui trovate il mio articolo su World Press Photo 2020.
La mostra, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, è appena iniziata (il 28 aprile) e durerà fino al 12 giugno. Poi farà il giro del mondo. Roma infatti è stata la seconda tappa, dopo l’inaugurazione ad Amsterdam.
In questa 65° edizione sono state esaminate 64.823 foto di 4.066 fotografi, provenienti da 130 paesi.
La foto vincitrice l’ha scattata la fotografa canadese Amber Bracken per il New York Times e racconta una storia terribile.
Riguarda il ritrovamento, avvenuto lo scorso giugno a Kamloops, in Canada, nella Colombia Britannica, di 215 tombe di bambini senza nome. Nell’Ottocento in Canada furono aperte delle scuole per assimilare i nativi americani alla cultura occidentale. Più di 150 mila bambini indigeni furono presi a forza alle loro famiglie e messi in questi centri in cui venivano maltrattati, a volte violentati, dove era proibito che parlassero la loro lingua. 4.100 di loro morirono mentre frequentavano queste scuole.
La foto mostra delle croci lungo la strada, con appesi degli abiti rossi per commemorare i bambini morti.
Il mondo brucia
Tante le foto che documentano incendi devastanti. Come quelli che sono scoppiati la scorsa estate in Grecia. A luglio e agosto nell’isola di Evia, la più grande isola greca dopo Creta, ci sono stati enormi incendi dovuti alle temperature altissime: le più alte mai registrate da trent’anni in questa zona.
La foto di Konstantinos Tsakalidis mostra una donna, Panayiota Kritsiopi, che si dispera mentre l’incendio si sta avvicinando alla sua casa.
Persino la Siberia
Grandi incendi anche in Russia e precisamente in Siberia. Nel 2021 la Sachà, all’estremo nord della Federazione Russa, ha subito incendi enormi e un grave inquinamento dovuto al fumo e allo scioglimento del ghiaccio perenne. Secondo Greenpeace Russia, a metà agosto sono stati distrutti 17,08 milioni di ettari. Si tratta di una superficie più vasta di quella bruciata nei roghi in Grecia, Turchia e Italia messi insieme.
L’Australia
I nativi australiani da sempre danno fuoco al sottobosco con una tecnica chiamata cool burning. Eliminano così il materiale combustibile che provocherebbe incendi più estesi. Il fuoco appiccato in tarda sera si estingue spontaneamente quando la temperatura cala e il livello di umidità aumenta. Questa tecnica viene oggi usata anche dai ranger per prevenire gli incendi spontanei.
Nella foto di Matthew Abbott, intitolata Saving Forests with Fire, vediamo un incendio controllato provocato dagli aborigeni. Un nibbio bruno vola sopra l’incendio. Si tratta di un rapace che viene soprannominato “piromane” perché cattura gli animali che fuggono in prossimità degli incendi.
In quest’altra foto di Matthew Abbott, un canguro fugge in un incendio tutt’altro che controllato, presso il Lake Conjola.
Tra fuoco e cessate il fuoco
Fatima Shbair
La foto sopra, di Fatima Shbair, è stata scattata in Palestina.
Dei bambini palestinesi si radunano con le candele durante un cessate il fuoco, dopo un conflitto di 11 giorni tra Hamas e Israele, a Gaza.
Il conflitto di 11 giorni era scoppiato il 10 maggio, in seguito all’inasprirsi delle tensioni per la minaccia di sfratti nel quartiere conteso di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, e agli scontri presso il complesso della moschea di Al-Aqsa – uno dei luoghi più sacri all’Islam – nella Città Vecchia di Gerusalemme. Il conflitto si è allargato fino a includere altre città israeliane con missili lanciati al confine con la Siria e il Libano, fino a diventare il contrasto più violento dalla Guerra di Gaza del 2014.
Messico e oppio
Il Messico e il terzo produttore al mondo di oppio e metà della sua produzione viene coltivata nel secondo stato più povero, il Guerrero. L’economia della droga ha rivoluzionato la struttura sociale delle comunità agricole che si sono convertite alla coltivazione del papavero come mezzo di sostentamento.
Molte altre foto potrete ammirarle alla mostra World Press Photo 2022 al palazzo delle Esposizioni di Roma fino al 12 giugno. Qui sul sito trovate tutte le informazioni.