La recente ristampa (2021) in una nuova edizione Mondadori ha riproposto all’attenzione dei lettori, in un colpo solo, un libro memorabile e una grande autrice del ‘900. Dalla parte di lei è un romanzo importante e al tempo stesso impegnativo, firmato da Alba de Céspedes.
Figlia di un’italiana benestante e di un console cubano, nata a Roma nel 1911 ma di cittadinanza cubana, la de Céspedes ottenne la cittadinanza italiana solo in seguito a un matrimonio contratto da adolescente, che peraltro finì prestissimo, nonostante la nascita di un figlio.
La scrittrice si rivelò un talento precoce già dai primi anni ’30. Ma la fama di antifascista di cui godeva, nonostante si fosse ancora poco esposta, minacciò di interrompere la sua promettente carriera.
Il primo romanzo: Io, suo padre
Fu probabilmente per questo che nel 1936 pubblicò Io, suo padre, un romanzo molto convenzionale e conforme alle direttive del Minculpop.
Ma il suo allineamento durò poco, perché già due anni dopo pubblicò un altro romanzo in cui trattava in maniera franca e spietata della condizione della donna borghese sotto il Fascismo.
Nessuno torna indietro
Nessuno torna indietro rischiò di essere bloccato dalla censura ma uscì ugualmente per la caparbietà di Arnoldo Mondadori. Oltre ad aver stretto amicizia con l’autrice, l’editore intuì di aver trovato in lei un vero cavallo di razza, capace di produrre dei bestseller senza scendere a compromessi riguardo alla qualità. E ovviamente ci azzeccò.
Film e sceneggiati Tv
Sia da Io, suo padre, sia da Nessuno torna indietro, furono tratti film di successo, rispettivamente nel 1939 e nel 1943, diretti da registi del calibro di Mario Bonnard e Alessandro Blasetti.
Il pubblico italiano che è meno abituato a frequentare le librerie potrebbe conoscere Alba de Céspedes proprio grazie al film di Blasetti, che ha avuto molti passaggi televisivi, soprattutto negli anni ’60 e ’70.
Poi c’è stata la bella trasposizione in sceneggiato di un romanzo successivo, Quaderno proibito (1952), realizzata dalla Rai nel 1980 e interpretata da un’immensa Lea Massari. L’attrice si è perfettamente calata nel ruolo dell’impeccabile madre di famiglia borghese che, a livello interiore, vive il matrimonio come una condanna all’ergastolo.
Dalla parte di lei
Tra Nessuno torna indietro e Quaderno proibito, c’è questo lunghissimo e complesso romanzo, Dalla parte di lei. Alba de Céspedes lo scrisse negli anni appena successivi alla Seconda Guerra Mondiale e lo pubblicò nel 1949. Non pensava che potesse ripetere il successo di Nessuno torna indietro anche perché, avendo seguito il secondo marito – un diplomatico – negli USA, non poteva impegnarsi molto a promuoverlo.
In realtà, il libro andò abbastanza bene, nonostante la mole di 552 pagine, ma sollevò non poche polemiche, anche tra gli stessi amici dell’autrice.
Al centro di Dalla parte di lei c’è la figura di Alessandra, una donna che almeno in parte è un alter ego dell’autrice e che racconta in prima persona. La vicenda si svolge dalla fine degli anni ’20 a poco dopo la liberazione di Roma dai nazisti, nel 1944. Cercare di riassumerla non è facile, ma ci proveremo.
La trama: attenzione spoiler
Il matrimonio tra i genitori di Alessandra Corteggiani, nata all’inizio degli anni ’20, è cominciato sotto una cattiva stella. C’è sempre stata poca compatibilità tra Ariberto, grigio burocrate proveniente da una famiglia di piccoli proprietari terrieri della provincia abruzzese, ed Eleonora, pianista mancata che invece viene da una famiglia di artisti italo-austriaca.
Le cose tra loro, poi, sono andate sempre peggio dopo la morte del primogenito Alessandro. Il bimbo è annegato nel Tevere a tre anni, in seguito alla distrazione di una bambinaia.
Alessandra, nata poco dopo la scomparsa del fratello, viene accolta dal padre come un insufficiente risarcimento per la perdita del figlio. Cresce iperprotetta dalla madre che però continua a proiettare su di lei l’immagine del bambino morto. Tanto che per tutta l’infanzia la bambina si sentirà non completamente Alessandra, ma in parte Alessandra e in parte Alessandro.
La mediocrità del gretto universo piccolo-borghese in cui i Corteggiani vivono giorni tutti uguali è riscattata, almeno in parte, da pochi elementi che riescono a illuminare la vita quotidiana. Come le letture cui madre e figlia si dedicano e la sincera amicizia di qualche vicina di casa, di condizione sociale inferiore alla loro.
Apparentemente, Alessandra cresce in una società in cui i valori tradizionali vengono rispettati fino in fondo, ma di fatto questi rappresentano solo una ridicola facciata. Tutti gli uomini hanno relazioni extraconiugali e le rare donne che riescono a fare lo stesso sono quelle che stanno meglio.
La madre di Alessandra, Eleonora, è una grande sognatrice. Per arrotondare il modesto bilancio familiare, passa le giornate in giro per la città a impartire lezioni di pianoforte ad allievi quasi sempre recalcitranti. Finché le capita quale allieva la figlia di certi ricchi inglesi, i Pierce. Lei è negata per la musica come tutti gli altri, ma in compenso ha un fratello artista, eccentrico e pacifista, Hervey, con il quale Eleonora divide un subitaneo colpo di fulmine, nonostante la differenza d’età.
I due progettano di scappare insieme, ma la furiosa opposizione di Ariberto e lo scarso entusiasmo dei Pierce rendono la fuga quanto mai complicata. Nemmeno il sacrificio di Alessandra, che rinuncia a seguire la madre per evitare che venga inseguita dalla polizia per sottrazione di minore, riesce a liberare Eleonora. Che alla fine va via di casa, sì, ma solo per gettarsi nel Tevere nello stesso punto in cui, qualche anno prima, era annegato il figlio.
Il trauma per la perdita della madre proietta Alessandra nella vita adulta. Anche se la prima decisione del padre è quella di spedirla dai parenti in Abruzzo, lontana dalle tentazioni romane. Lì è accolta con sentimenti contrastanti da parenti che conosce appena. Alcuni la sentono come destinata a portare avanti la famiglia, altri come una minaccia alle proprie mire ereditarie.
Ad accettare Alessandra e a legarsi a lei è soprattutto la nonna, una matriarca che sotto l’apparenza dura e spietata nasconde il desiderio di confrontarsi di nuovo con la maternità. La nonna vede in lei una erede da crescere secondo i propri valori. Ma la distanza generazionale tra loro è tale che, nonostante l’affetto, non si intenderanno.
Il ritorno a Roma
Alessandra coglie la prima occasione per tornare a Roma, quando allo scoppio della guerra, la domestica di casa lascia da solo Ariberto che nel frattempo è rimasto anche invalido. La convivenza con il padre non è facile, così come la finzione di far credere ai nuovi vicini che la madre sia morta accidentalmente. Ma Alessandra ha la possibilità di andare all’università, anche se le tocca comunque lavorare per integrare il bilancio familiare, ancora più misero di prima.
Sarà proprio negli ambienti dell’università che conoscerà un giovane professore antifascista – che ha undici anni più di lei – Francesco Minelli. Lei se ne innamora perdutamente e lui la ricambia. In breve, Alessandra e Francesco si sposano, liquidando definitivamente Ariberto. Stavolta è lui quello spedito in Abruzzo dai parenti.
La situazione però è difficile perché Francesco è tenuto sotto controllo dalla polizia politica e messo in condizioni di non poter più svolgere alcun lavoro. È dunque Alessandra a dover mantenere entrambi, a prezzo di dure fatiche e interminabili sacrifici che non sempre Francesco sembra apprezzare.
Nell’estate del 1943 Roma viene bombardata e, dopo la caduta del Fascismo e l’8 settembre, diventa la “città aperta” del film di Rossellini. Francesco scala le gerarchie della Resistenza cittadina, diventando uno dei suoi leader, entrando in clandestinità e poi finendo arrestato dai nazisti.
Alla fine della guerra
Alla fine della guerra, il nuovo Francesco, entusiasta delle prospettive e del successo che lo attendono, è sempre più distante dalla moglie, che pure implora la sua attenzione, ora che possono finalmente vivere insieme senza più pericoli e privazioni. Ma niente riesce a smuovere l’indifferenza di Francesco, al quale occorre ormai un matrimonio di routine, quanto meno impegnativo possibile. Fino a una notte in cui, in preda a un improvviso raptus, dopo aver pensato di suicidarsi come la madre, Alessandra prende la pistola e ammazza il marito sparandogli mentre dorme.
Al processo, si vedrà descritta come una specie di mostro, non solo dai compagni della Resistenza, ma anche dai suoi stessi familiari e delle amiche invidiose del suo “matrimonio perfetto”.
Una giuria di sole donne
Dalla parte di lei presenta delle singolari affinità, forse volute e forse casuali, con un classico della narrativa femminista americana risalente al 1917, Trifles (inezie). Si tratta di un atto unico firmato da Susan Glaspell e poi trasformato in un racconto intitolato Una giuria di sue pari, o anche Una giuria di sole donne. Tra l’altro nel 1961 fu sceneggiato e proposto come telefilm da Alfred Hitchcock. Anche lì una moglie uccide il marito nel sonno.
Dopo il processo, Alessandra accetterà il suo destino ma si lamenterà di essere stata giudicata da una giuria di soli uomini che non potevano nemmeno provare a comprenderla. C’è però una differenza importante che rende Dalla parte di lei un’opera decisamente più moderna del pur ottimo Trifles: qui, due donne accorse sulla scena del delitto fanno deliberatamente sparire le prove del movente dell’assassina, perché consapevoli dei maltrattamenti che questa ha subito dal marito prima di reagire. In Dalla parte di lei invece, non troviamo alcun maltrattamento, alcun marito violento e prevaricatore. Anzi, Francesco è una figura ammirevole, una specie di eroe.
A essere messo sotto accusa da Alba De Céspedes in Dalla parte di lei non è lo specifico caso in cui la donna si ritrova prigioniera dell’uomo sbagliato, ma un intero sistema sociale che trasforma di fatto gli uomini in carcerieri – indipendentemente dal fatto che siano buoni o cattivi – e le donne in carcerate.
Nella sua interessantissima recensione, pubblicata su “L’Europeo” il 23 ottobre 1949, Cecchi, pur lodando la capacità inventiva e narrativa dell’autrice, descrisse la protagonista come “sentimentale, cerebrale, mitomane” e, più avanti, come “una pittima” ovvero una donna insistente e petulante, che arriva addirittura a implorare il marito inginocchiata davanti a lui.
Il fatto che Alessandra possa essere tanto esagerata nei modi nulla toglie alla legittimità delle sue pretese: si sta insieme per amore, non per paura della solitudine o per avere qualcuno che badi alle nostre cose quando siamo occupati a fare altro. Altrimenti, non ha alcun senso istituzionalizzare le unioni con una serie di diritti e doveri reciproci, tanto varrebbe che ognuno fosse libero di andarsene con chi gli pare a fare ciò che gli pare. E Francesco gode di questa libertà, mentre Alessandra non la può nemmeno sognare.
Perciò, si comprende la rassegnazione di Alessandra una volta rinchiusa nella solitudine del carcere. In solitudine, in carcere, ha già trascorso tutta la vita, e quindi adesso per lei non è cambiato niente.
“Dalla parte di Lei” è la storia di un amore e di un delitto e non solo.
A dispetto delle reazioni suscitate all’epoca, anche nell’editore Arnoldo Mondadori, oggi la scarica di proiettili, esplosi lungo la schiena dell’inerme Francesco,non lascia attoniti, non solo per la collaudata strategia drammaturgica (Anton Cechov sosteneva che se in un romanzo compare una pistola bisogna che spari) ma, soprattutto perché l’epifania di proiettili esplosi dalla protagonista, sono la metafora della sua personale ribellione e della reazione di un Paese che, accolto con entusiasmo il programma del piano Marshall, inizia un percorso di rivendicazione che condurrà dritto ad una guerra civile fratricida.
Nella prefazione “Melania Mazzucco scive ” …è un monumento impressionante per il suo radicalismo appena agghindato con gli stracci della trama”
Vero, il romanzo è un pretesto per far giungere sino a noi la mirabile traccia di molteplici temi.
L’autrice, con ineguagliabile chiaroveggenza, spiega l’uguaglianza, si l’uguaglianza tra uomo e donna di fronte alla morte ed alla paura, il patriottismo, l’ingiustizia della guerra, il rispetto degli immigrati.
Si pensi al brano che da testo si riporta ” Non provavo alcuna ribellione, alcuna ostilità, ma anzi il desiderio di parlare tutte le lingue, intendermi con tutti i popoli”
Vi è un solo argomento lasciato all’arbitrio del lettore, ovvero il male di vivere, la malinconia, la depressione della coraggiosa, intrepida,indomita ed eroica Alessandra, la quale si ribella contro il corpo inerme di Francesco, reo di averla condannata all’ostracismo del silenzio, di non aver captato, complici i modelli valoriali del tempo, la funesta e periclitante depressione della coprotagonista.
Il processo “farsa” ricorda l’odio generato nel lettore nel libro “il processo di KafKa.
In questo caso, Alessandra conosce il capo d’imputazione, lo conosciamo noi e la società. Eppure, nessuno, neppure l’incolpevole Francesco, si è premurato di ascoltare il grido di dolore della partigiana, della figlia, dell’amante, della moglie che di notte, tornando col cuore al profumo dei caprifogli ed al garrire delle rondini al Gianicolo, ci chiese aiuto.
Assuntina Plomitallo