The Staircase. La verità è racchiusa solo nel cuore dei singoli

The Staircase. Cronache Letterarie

In fondo alle scale

Guardando The Staircase, la serie HBO Max scritta e diretta da Antonio Campos che trovate su Sky Atlantic (o Now Tv) mi è più volte venuta in mente la Signora Ponza, il personaggio-enigma che compare in Così è se vi pare.
Parabola in tre atti che Luigi Pirandello trasse nel 1917 da una sua novella intitolata La signora Frola e il Signor Ponza, la commedia è una riflessione sull’irriconoscibilità del reale e sulla parzialità di ogni verità.

Nel salotto dell’appartamento del consigliere Agazzi ha luogo una discussione sul caso di una famiglia che, in seguito a un terremoto nella Marsica e alla perdita della casa, si è trasferita in quello stesso palazzo. Sembra che il nuovo inquilino, il signor Ponza, abbia alloggiato la suocera, la signora Frola, in un secondo appartamento, sempre nel medesimo palazzo, e che le impedisca di vedere la figlia che abita con lui.

Luigi Pirandello. Cronache Letterarie
Luigi Pirandello

All’inizio partecipano alla discussione solo la signora Amalia Agazzi, suo fratello Lamberto Laudisi e la di lei figlia Dina, ma in seguito la curiosità e il pettegolezzo contagiano anche alcuni amici di famiglia e gran parte degli abitanti del palazzo, che si ritrovano nel salotto di casa Agazzi per cercare di capire il motivo dell’assurdo comportamento del signor Ponza.
La signora Frola sostiene che il genero è pazzo: crede di essere rimasto vedovo e di essersi risposato con un’altra donna. Il signor Ponza dice che è la suocera ad essere uscita di senno e che, non volendosi rassegnare alla morte della figlia, si sia convinta che lei viva ancora con lui.

Le due versioni contrastanti suscitano perplessità.
Non potendo rimanere ancora nell’incertezza, il consigliere Agazzi organizza un incontro fra suocera e genero per scoprire la verità.
Ed è nel finale della commedia, che arriva la signora Ponza…

SIGNORA PONZA: – Che altro possono volere da me, dopo questo, lor signori? Qui c’è una sventura, come vedono, che deve restar nascosta, perché solo così può valere il rimedio che la pietà le ha prestato.
IL PREFETTO (commosso): – Ma noi vogliamo rispettare la pietà, signora. Vorremmo però che lei ci dicesse…
SIGNORA PONZA (con un parlare lento e spiccato): – Che cosa? La verità? È solo questa: che io sono, sì, la figlia della signora Frola…
TUTTI (con un sospiro di soddisfazione): – Ah!
SIGNORA PONZA (subito): E la seconda moglie del signor Ponza…
TUTTI (stupiti e delusi, sommessamente): – Oh! E come?
SIGNORA PONZA (subito) – Sì; e per me nessuna! Nessuna!
IL PREFETTO: – Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l’una o l’altra!
SIGNORA PONZA: – Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.

La verità, come ci dice Pirandello, può essere racchiusa solo nel cuore dei singoli.

The Staircase: una storia vera

The Staircase parte da una storia vera. Di più, parte da una storia vera trasposta in una docuserie di successo (la trovate su Netflix: stesso titolo) che negli anni, è stata aggiornata, seguendo le evoluzioni delle indagini e dei processi. Era partita con 8 puntate ed è arrivata a 13 (vedi qui il trailer).
Le perplessità riguardo alla serie (vedi qui il trailer) di Campos sorgono spontanee: visto che la storia era già stata ampiamente raccontata, che senso aveva farne una fiction?

The Staircase. La docuserie su Netflix
The Staircase. La docuserie su Netflix

2001.

Una chiamata al 9.1.1. Un uomo dice che sua moglie è in fin di vita e prega i sanitari di fare presto.
Kathleen Peterson (Toni Collette) viene trovata morta in fondo alle scale della bella villa in cui abita con il marito Michael (Colin Firth), ricoperta di sangue, con un forte trauma cranico e parecchi graffi sul volto che fanno pensare agli inquirenti che sia stata percossa. L’autopsia rivelerà che ha anche la cartilagine del collo rotta, cosa che potrebbe indicare uno strangolamento.

Michael, scrittore di una certa fama e candidato al Consiglio comunale, viene incriminato per omicidio: non ci sono segni di effrazione e lui era l’unica persona presente in casa quando Kathleen è morta.
È un uomo affascinante, Michael, ma anche un grande manipolatore e un bugiardo: ha millantato una medaglia al valore presa in Vietnam che non ha mai ricevuto. La sua vita, come scopriremo nel corso della serie, è piena di luoghi oscuri e di segreti.

Per il Procuratore Distrettuale, che Michael denigrava settimanalmente dalle colonne del quotidiano locale, è il colpevole perfetto.

The Staircase. Cronache Letterarie
Una famiglia con tanti figli, tutti di genitori diversi

La vicenda e l’arresto di Michael crea una profonda frattura all’interno della famiglia allargata dell’uomo. Questa è composta da Caitlin Atwater (Olivia DeJonge), figlia del primo matrimonio di Kathleen, fin da subito convinta della colpevolezza del patrigno, Clayton e Todd (Dane DeHaan e Patrick Schwarzenegger) i figli di Michael e della sua prima moglie. Infine ci sono le due figlie adottive, Margareth e Martha Ratfliff (Sophie Turner e Odessa Young).

A questo punto, con tutti questi elementi in campo, uno showrunner avrebbe provveduto a far esplodere le contraddizioni. Avrebbe portato avanti le indagini della Polizia e istruito il processo, portandosi a casa le otto puntate senza faticare troppo. Le ambizioni di Antonio Campos, però, sono altre. Non è una serie crime quella che vuole fare, né tantomeno un procedural o un legal. A lui interessano concetti come verità e falso, realtà e manipolazione.

Gli interessa trasformare Michael Peterson nella signora Ponza.
A fornire il giusto switch provvedono tre francesi: un regista di documentari, il suo produttore e, soprattutto, la loro montatrice: nella realtà sono gli autori della docuserie di cui abbiamo detto all’inizio dell’articolo.

The Staircase. Serie tv. Toni Collette
Toni Collette interpreta Kathleen Peterson, la moglie trovata morta in fondo alle scale

The Staircase, la docuserie

Mentre l’indagine su Michael è ancora nella fase istruttoria, Jean-Xavier de Lestrade, che ha appena vinto un Oscar per il migliore documentario con Murder on a Sunday Morning (vedi qui il trailer), si imbatte, per caso, in un articolo che parla della vicenda Peterson e, insieme a Denis Ponchet, il suo produttore, decide di farci su un documentario.

Michael e il suo avvocato, convinti che questo possa fare bene al processo che si terrà di lì a poco, autorizzano le riprese.
Quando Jean-Xavier filma, modifica l’atmosfera, cambia i comportamenti delle persone: di Michael, ma anche dei suoi figli. Una telecamera accesa o spenta può fare la differenza: può fare emergere la verità oppure occultarla. Ma non è solo questo.

Olivia DeJonge e Colin Firth

Il punto di vista dei due documentaristi

Il punto di vista di Jean-Xavier e Denis crea una dinamica rivelatrice quando i due si sostituiscono al pubblico, magari in un drugstore, mentre mangiano, per analizzare le cose di cui sono stati testimoni e commentarle.

Dopo Jean-Xavier e Denis piomba nella storia, alla fine della quarta puntata – il famoso midpoint – anche la donna che è, insieme a Michael, il vero protagonista della serie. Sophie Brunet (Juliette Binoche), la montatrice di Jean-Xavier si innamorerà di Michael proprio montando e ricreando per sé e per il pubblico, la sua vicenda.
Ed è proprio qui, in questo elemento meta-cinematografico, il vero intervento di Campos, quel “qualcosa di nuovo” per cui valeva la pena di fare la serie.

La quarta puntata, forse la migliore delle otto, si conclude con Sophie che scrive una lettera in carcere a Michael, lasciando presagire quello che verrà dopo. È una dichiarazione d’intenti rivolta dalla montatrice al pubblico, oltre che a Michael.

“Caro Michael, lei non mi conosce, ma io conosco lei, ho seguito la sua storia col fiato sospeso sperando nella soluzione che tanto merita. So che è innocente, che lei e la sua famiglia siete stati traditi da un sistema giudiziario malato. Lo so perché l’ho visto, istante dopo istante, fotogramma dopo fotogramma. Sappia che, mentre aspetta la libertà, la sua storia sarà raccontata: sarò io a raccontarla.”

Juliette Binoche The Staircase
Juliette Binoche interpreta la montatrice della docuserie Sophie Brunet

Ma chi è veramente Michael Peterson?

Campos non fornisce risposte precise.
Sicuramente è un egocentrico e un bugiardo, ma è anche un assassino o è soltanto una sfortunata vittima degli eventi?

Non lo sapremo mai. Così come non lo sa nemmeno la giustizia americana che, tramite un inghippo dei suoi, chiamato “Alford Plea”, lo obbliga a dichiararsi colpevole per poi rilasciarlo.
La serie finisce con Michael seduto sul letto. Immobile. Da solo.
È pensieroso.

La macchina da presa gli gira intorno fino a fermarsi sul suo primo piano. E, a questo punto, Michael ci guarda e sorride.
È un sorriso ambiguo, come quello che potrebbe avere la signora Ponza mentre pronuncia la sua battuta finale in “Così è se vi pare” di Luigi Pirandello: “Io sono colei che mi si crede”.

O, nel caso di Michael Peterson, colui che mi si monta.

Stefano Piani

Stefano Piani

Romagnolo di nascita, ho vissuto per oltre 20 anni a Milano e una decina a Roma, prima di “perdermi” tra la riviera romagnola e l’Abruzzo. Faccio lo sceneggiatore da quasi 30 anni: fumetti - molti, più di 200 storie scritte per la “Sergio Bonelli Editore” - televisione e cinema.
Mi piacciono i polizieschi, i cani e organizzare strambi tornei su Facebook… oltre a qualche altro milione di cose.

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