Rita Carla Francesca Monticelli, oltre ad essere un’autrice di fantascienza e thriller, è una delle persone più esperte e competenti nell’ambito del self publishing, materia che insegna all’università di Insubria, vicino Varese. È un autore imprenditore che conosce molto bene i meccanismi della promozione dei libri online. I suoi 15 titoli in italiano e i 6 in inglese hanno venduto rispettivamente 22 mila e 170 mila copie. Nel 2020 ha pubblicato il manuale Self-Publishing Lab: Il mestiere di autoeditore.
Ho avuto il piacere di intervistarla nel 2017 e qui trovate l’intervista, ancora molto interessante. Oggi partiamo subito dalla promozione dei libri e dai social.
Si continua a dire che Facebook sta morendo, che è già morto, mentre Instagram sarebbe agonizzante. TikTok, il social in cui si pubblicano solo video, è l’app più scaricata al mondo e ha superato Facebook e Instagram. Dobbiamo trasferirci tutti lì?
No, no. A meno che non scrivi libri romance – romanzi rosa – non ci fai niente su TikTok perché comunque il pubblico non è quello che ti servirebbe. TikTok è un pubblico molto giovane di ragazzi. In America è molto usato per vendere libri ma sempre per il genere “femminile” perché dà una grande esposizione ai video, visto che viene distribuito in base a un algoritmo e non in base a chi ti segue. In Italia TikTok lo usano più che altro per “cazzeggiare”.
Poi ha un problema: se pubblichi un libro in inglese e fai un video su TikTok, lo vedono soltanto in Italia. Perciò ha anche questo limite che devi vivere nello stesso paese del tuo target. Per i libri, Instagram funziona ancora meglio ed è molto più utilizzato. Instagram ha un’attenzione per i libri come anche Facebook; non si sta solo lì a scrollare video o immagini, ma si può anche leggere.
La promozione dei libri su Tik Tok funziona?
Invece su TikTok si parla di qualcosa di scritto – di libri – con un video, cioè con un mezzo completamente diverso.
Sì, e poi chi va vedere il video magari vuole vedere i gattini. Vuole vedere qualcosa che dura tre secondi, dieci secondi, e finisce lì. Non gliene importa niente di sentire i nostri discorsi sui libri. È proprio un target diverso. Noi cerchiamo persone che vogliono leggere e su Facebook troviamo persone che vogliono leggere perché leggono quello che scriviamo lì. Comunque Facebook rimane, almeno in Italia, il social più importante.
Quindi il responso è: Facebook non morirà!
No, no. Non in tempi brevi almeno. Magari fra qualche anno ma per il momento non penso. Perché comunque comunica con le persone che sono interessate a quel tipo di prodotto che è il libro. Un prodotto che non si consuma in fretta. Anche questo è importante perché la maggior parte dei libri che vanno su TikTok sono libri che vengono consumati in fretta. Vengono consumati in un giorno. Quindi il video si consuma in fretta, il libro si consuma in fretta, è tutto collegato. Sono persone che cercano prodotti da consumare in fretta che poi si dimenticheranno.
Mentre noi cerchiamo delle persone che vogliono leggersi il libro con un po’ calma e capire cosa stanno leggendo e apprezzarlo. Noi stessi non leggiamo in fretta, leggiamo con calma perché la lettura è un viaggio che richiede un po’ di tempo per essere assaporato. Noi parliamo a questo tipo di persone che sono su social più tranquilli come Facebook e Instagram. Anche se Instagram ultimamente lo stanno un po’ modificando e si sta tiktokkizzando; stanno facendo tentativi di inserire video esterni e la gente non è troppo contenta perché vuole vedere i video e le foto delle persone che segue. Quindi ha un po’ di problemi e ora sta facendo marcia indietro. Loro sentono che stanno perdendo utenti, però gli utenti che stanno su Instagram vogliono una cosa diversa da quelli che stanno su TikTok. Sennò andrebbero su TikTok.
Come si sta evolvendo il self-publishing? È un fenomeno in crescita?
Sì, cresce. In seguito alla pandemia sono aumentate moltissimo le vendite degli ebook e questo ci ha fatto gioco. Nei primi tempi del lockdown ho raggiunto numeri più alti di qualsiasi altro periodo perché molte più persone si sono abituate ad usare gli e-reader. Invece in questo momento c’è un grosso problema sul fronte del cartaceo perché sono aumentati i costi della carta e anche gli editori, a livello mondiale, hanno grossi problemi a stampare libri. Quindi si va sempre più verso il digitale e questo fa gioco ai self-publisher.
In Italia comunque le opportunità sono più o meno le stesse. I cambiamenti riguardano Amazon. Il fatto che adesso si possa fare la pubblicità sui libri con Amazon, cosa che prima non esisteva. Amazon Advertising è abbastanza usato. Ora è possibile fare anche i libri con copertina rigida, che però è uno sfizio totale perché sono carissimi. Hanno un costo fisso di sette euro in più rispetto a un libro con copertina flessibile con le stesse caratteristiche. Ne ho fatto uno per vedere come funzionava e sono molto belli, resistenti, ben rilegati rispetto agli altri che si sfasciano nel tempo. Però i prezzi sono abbastanza fuori mercato. Sette euro più il costo di base è tanto.
È tantissimo.
Un’altra novità nel self-publishing riguarda Kobo. Da qualche anno, Kobo Writing Life ha una figura di riferimento italiana con cui si può dialogare. Ha portato in Italia Kobo Plus che è il programma in abbonamento simile a Kindle Unlimited, ma senza esclusività, che è una cosa molto importante. Questo riguarda sia gli ebook che gli audiolibri, solo che adesso in Italia gli audiolibri non compaiono in vendita sul sito italiano, ma prima o poi compariranno. Per ora l’audiolibro compare solo sul sito globale.
E gli audiolibri su Amazon?
In Italia purtroppo non esiste ancora un sistema diretto per arrivare su Amazon con gli audiolibri. Però è possibile arrivarci con un aggregatore, anche italiano e pubblicare su Audible, la sussidiaria di Amazon per gli audiolibri. Oppure ci sono le piattaforme estere, come ad esempio Findaway Voices. Anche su Google Play ci sono gli audiolibri, però bisogna essere ammessi a venderli e non è facile. Diciamo che in generale quella degli audiolibri è ancora una via un po’ impervia per i self-publisher e in ogni caso si guadagna davvero poco.
Parlavamo di Kobo.
Su Kobo c’è un’altra novità interessante. La Feltrinelli, che già era un partner di Kobo, ha acquistato IBS e Libraccio. Quindi adesso l’ebook pubblicato su Kobo Writing Life, oltre che su La Fetrinelli, arriva su IBS.it e Libraccio.it. Prima si andava su un aggregatore italiano per raggiungere questi siti e ora non serve più perché tramite Kobo ci arrivi direttamente.
Quindi un self-publisher oggi può andare su Amazon direttamente, su Kobo direttamente…
Su Google Play direttamente, mentre su Apple direttamente è un po’ complicato e per arrivarci è meglio utilizzare un aggregatore. Si può utilizzare un aggregatore molto semplice come Draft2Digital anche se non riguarda specificamente il mercato italiano. Va bene anche per chi vuole usare l’aggregatore per tutto, quindi anche per andare su Amazon. L’unica pecca è che non distribuisce più su Google Play, ma per tutto il resto è veramente comodo e infatti lo usano molti italiani.
Che ne pensi della grande proliferazione di libri pubblicati? In una intervista, il libraio Paolo Nicoletti mi diceva che questa rincorsa vertiginosa di titoli porta a conseguenze deleterie. Ovviamente per il mercato online è un’altra storia.
Sì, tutto questo non ci riguarda. Noi non abbiamo il problema di tenere i libri in magazzino e li stampiamo solo quando qualcuno li compra. Certo, aumentano sempre di più le persone che pubblicano, aumenta di più l’offerta, mentre i lettori non aumentano, ma sono sempre quelli. Perciò bisogna trovare altri sistemi per distinguersi.
I due caanali principali per la promozione dei libri in Italia
sono Facebook e Amazon
Ecco, parliamo di promozione dei libri.
Quella su Facebook e quella su Amazon parlano a persone completamente diverse. Quella su Facebook parla a persone che stanno lì a scrollare Facebook, cosa che facciamo tutti. Siamo sempre più attaccati a questo aggeggio. Diverso è farla con Amazon Advertising perché sono persone che cercano qualcosa da acquistare e quindi sono più propensi, ma sono presi da pubblicità che li portano ovunque e magari alla fine non comprano nulla.
Cosa possiamo fare? Provare a distinguerci. Cercare di proporre qualcosa di particolare e cercare di metterci la faccia. Farlo senza troppe spese sfruttando i social a questo scopo. Social che ti danno spazio se tu dai quel tipo di contenuto che il social richiede. Se su Facebook metti il video con la tua faccia e col libro, la gente lo apprezza perché vede la persona che c’è dietro al libro e s’incuriosisce sul libro. Se crei dei contenuti che attirano le persone a livello umano, queste persone ti seguono.
Io mi sono resa conto che durante le vacanze mettevo una foto al giorno sulla mia pagina in cui c’ero io in posti di montagna. Ho avuto reazioni di cento like e commenti. C’è poco da fare, questo funziona. E ho notato che in quei giorni ho venduto più libri. Non credo che sia un caso perché la mia pagina ha avuto una maggiore esposizione di quella che ha normalmente. La gente vuole il contatto umano o qualcosa che assomigli al contatto umano.
Che mi dici degli altri mercati, al di fuori di quello italiano?
I mercati come quello francese, o tedesco, più o meno sono come il nostro. Nel mercato in lingua inglese hanno un peso molto maggiore le pubblicità che costano anche di più ma possono avere effetti molto più amplificati. E ci sono numerosi tipi di pubblicità che da noi non esistono. Da noi ci sono Facebook, Amazon, volendo Twitter e Pinterest ma hanno costi molto elevati e i risultati sono scadenti. Vanno bene per aziende che vogliono vendere prodotti con costi maggiori, ma con i libri ci vai a perdere.
E la pubblicità su Google?
Google desume i nostri gusti dalle nostre ricerche però a volte cerchiamo cose che non c’entrano niente con i nostri gusti. Per questo è meglio portare la persona sul nostro sito che così ha modo di conoscerci e capire se gli interessiamo. Per fare pubblicità su Google devi avere un sito e mandare le persone sul tuo sito. Se invece mandi qualcuno su Amazon finisce che non acquista nulla e tu paghi il click. Google funziona se hai un brand strutturato.
Promozione dei libri: BookBub
In cosa si differenzia la pubblicità nel mercato in lingua inglese?
Sul mercato in lingua inglese esistono siti che offrono pubblicità come quella di Facebook, o di Amazon, per cui crei una campagna basata su una cifra che si possa spendere per ogni azione, che può essere un click. Per esempio quella di BookBub è molto utilizzata perché ha una lista di lettori ben profilata in tutto il mondo: sono milioni di lettori nei vari generi, quindi parliamo di numeri veramente grandi.
BookBub offre i Featured Deals che vuol dire che invia una newsletter a queste persone con il tuo libro scontato. C’è un notevole costo da pagare per partecipare a questi deals (affari) e tutti vorrebbero farlo ma loro devono selezionare. Accettano il 20 per cento delle richieste che ricevono. Anche se spendi mille dollari per partecipare, avrai un ritorno di due, tre, quattro volte superiore, soprattutto se hai scritto una serie perché magari pubblicizzi il primo volume e poi vendi anche i libri successivi.
In più queste newsletter hanno degli spazi in cui mostrano delle pubblicità che sono come quelle di Facebook, nel senso che c’è un’immagine e ci sono i link ai vari store, quindi a Amazon, Kobo etc. e vengono mostrati i link giusti in base a quello che è lo store della persona che riceve la mail. Sono strumenti molto utili per aprirsi a pubblici più ampi di quelli di Facebook o Amazon. E comunque l’e-mail marketing al giorno d’oggi, nonostante possa sembrare strano, funziona ancora. La mail la gente la guarda. Soprattutto se ci siamo iscritti di nostra volontà. Se abbiamo deciso di iscriverci a una lista perché ci manda dei libri che ci piacciono e in più ci sono degli sconti, la guardiamo. La promozione attraverso newsletter è importante, non è una roba vecchia.
Abbiamo infinite possibilità di promuoverci ma tutte consumano tempo ed è difficile scegliere quella giusta. Per distinguersi bisogna trovare quella che riusciamo a fare bene e non ci fa perdere troppo tempo. C’è chi ha grande facilità con i video. Diverse colleghe fanno video col cellulare, escono bene al primo colpo e li pubblicano. Fanno ottimi video, si vestono bene, si truccano e ne fanno anche uno alla settimana. Poi ci sono altri a cui funziona l’audio, altri a cui va meglio con le foto, altri ancora scrivono. Devi farlo in meno tempo con maggiori risultati e questo è molto soggettivo. Saper fare tutto è impossibile. Bisogna scegliere.