“Nel settembre del 1987 Karen Berger mi telefonò per chiedermi se mi interessava sceneggiare una testata mensile per la DC Comics. È stato cosi che ho cominciato. Karen era già stata il mio editor per un libro dal titolo Black Orchid, ed era la responsabile dei rapporti tra la DC e i collaboratori inglesi. Tutte le mie proposte iniziali furono respinte (avevo l’idea di rivitalizzare alcuni personaggi DC di vecchia data caduti nel limbo), ma poi Karen riprese una conversazione che risaliva all’anno prima, ossia al suo precedente viaggio in Inghilterra, in cui io stesso le avevo suggerito di riprendere un personaggio DC pressoché dimenticato, The Sandman, per idearne un arco di storie tutte collocate nel regno dei sogni.
“Va bene, procedi. Ma costruisci un personaggio completamente nuovo”, mi suggerì lei. “Un personaggio che nessuno ha mai visto prima.”
E cosi feci. Un anno dopo comparve sugli scaffali delle librerie il primo numero di The Sandman. Detto cosi, sembra tutto molto semplice.
Non è andata cosi, ne sarebbe stato ipotizzabile, del resto. Neanche un po’.”
– Neil Gaiman a proposito della creazione di The Sandman
Scritta da Neil Gaiman e uscita nel 1988 per la DC Comics, The Sandman è uno dei capisaldi del fumetto americano degli anni ’80/’90 e non solo. Si conclude nel 1996, con il numero 75, per decisione dello stesso Gaiman, diventando il primo caso di una testata a fumetti che chiuda malgrado venda ancora tanto.
The Sandman contribuisce a lanciare la “Vertigo”, una nuova collana della DC Comics, sotto il cui brand, negli anni, usciranno tutte le migliori serie e miniserie della fine del secolo scorso: Preacher, Hellblazer, Swamp Thing, Animal Man, Shade, giusto per citare le prime che mi vengono in mente.
The Sandman diventa una serie Tv
Le storie sono raccolte in dieci volumi, tutti stampati più volte anche in Italia, mentre la serie di Netflix arriva dopo numerosi tentativi falliti di portare Sandman al cinema e adatta, in maniera molto fedele, i primi due volumi a fumetti: Preludi & Notturni e Casa di bambola.
Protagonista della serie è Sogno (o Sandman, o Morfeo che dir si voglia), il Re dei Sogni, che governa un reame fantastico, pieno di personaggi e creature strane, sogni bellissimi, incubi e storie in cui tutti noi umani trascorriamo un terzo della nostra vita.
Inghilterra, 1916
Il negromante inglese Roderick Burgess vuole catturare la morte, per costringerla a restituirgli il figlio Roland, ucciso in guerra, a Gallipoli.
Purtroppo per lui, durante il rito esoterico, sbaglia qualcosa e, invece delle morte, imprigiona suo fratello Sogno, un altro degli Eterni.
Burgess lo tiene prigioniero per decenni, senza sapere bene che cosa fare di lui. Fin quando Sogno non riesce finalmente a liberarsi, alla fine della prima puntata, dando così inizio alla serie vera e propria.
Sì, perché negli anni in cui Sogno è mancato, il suo regno è andato praticamente distrutto. Molti dei sogni e, soprattutto, tre terribili incubi se ne sono andati. Tra questi c’è il Corinzio, un feroce serial killer fuggito dalla dimensione del sogno, che vive da anni tra gli uomini, uccidendoli e togliendo loro gli occhi con un coltello.
La maschera, la sabbia e il rubino
Per poter ricostruire il suo regno e mettere fine a tutte le anomalie che si sono succedute negli ultimi decenni – persone che hanno smesso di dormire e altre che sono rimaste imprigionate per tutta la vita dentro il sonno – Sogno dovrà recuperare i tre strumenti del potere che Burgess gli ha tolto e che, a causa di varie vicissitudini, sono finiti in mani diverse. Sono la maschera, la sabbia e il più pericoloso dei tre, il rubino, che essendo intriso della stessa essenza del suo proprietario, ha il potere di trasformare i sogni in realtà. Il rubino dà il là a uno degli episodi migliori della stagione, il quinto, intitolato “24” e interamente ambientato in una tavola calda.
Se la prima puntata si chiude, come detto, con la liberazione di Sogno, le successive quattro, esattamente come nel fumetto, raccontano il modo in cui il nostro riesce a recuperare questi tre oggetti per tornare alla guida del suo Reame.
L’adattamento
In tutte le storie che ha scritto, che si trattasse di fumetti, romanzi, libri per bambini o sceneggiature, Neil Gaiman ha sempre reso la mitologia, gli dei e le vecchie leggende, parte integrante e irrinunciabile del suo narrare (vedi anche qui). Basti pensare al romanzo American Gods, da cui è stata tratta l’omonima serie televisiva. Lì i vecchi dei, ormai dimenticati, vivono nascosti tra gli umani dopo che hanno perso, a causa del fatto che nessuno li adora più, gran parte dei loro poteri divini.
The Sandman, in questo riciclo continuo di miti e leggende, non fa eccezione.
“L’idea è stata quella di rimanere fedeli alla serie originale, ma di realizzarla pensando al pubblico contemporaneo piuttosto che raccontare una storia ambientata negli anni ’80. Nel primo numero dell’opera c’è una malattia che fa addormentare le persone perché Morfeo viene catturato… nel 1916 e riesce a fuggire nel 1988. Invece che mostrarlo prigioniero per circa 80 anni, lo resterà per circa 110 anni e questo cambierà la situazione.”
– Neil Gaiman
La serie Netflix
La serie televisiva è scritta da Gaiman, David S. Goyer e Allan Heinberg con intelligenza ed è girata bene, malgrado un uso eccessivo della CGI (computer-generated imagery) che può infastidire chi, come me, detesta la computer grafica sempre e comunque.
Gli attori sono eccellenti nel rendere credibili dialoghi che, a volte, risultano un po’ troppo letterari. Come ha scritto un critico, “guardando The Sandman viene in mente quello che Harrison Ford disse a George Lucas sul set del primo Guerre Stellari: ‘Tu puoi scrivere questa roba, ma non puoi pretendere che io la reciti! Dovresti leggere a voce alta le cose che scrivi!’.”
Tom Sturridge è un Sogno magnifico. E’ freddo, crudele quando necessario – e pure quando non lo sarebbe, in verità – che ha difficoltà a capire e ad empatizzare con gli umani. Mentre Boyd Holbrook è davvero spaventoso nel ruolo del Corinzio.
Una produzione ottima ma…
Nonostante tutte le note positive, che sono tante, nel Sandman televisivo, c’è qualcosa che non torna e che trasforma una serie che aveva tutte le carte per essere ottima, in una non completamente riuscita.
A penalizzarla è, paradossalmente, la cosa che Gaiman ha negato in varie dichiarazioni: l’eccessiva fedeltà al fumetto.
Allungare di 30 anni la prigionia di Sogno, trasformare Lucifero in una donna e Morte in una ragazza di colore – scelta che può scandalizzare solo un cretino – o dare un arco narrativo al personaggio del Corinzio fino a farlo diventare un vero Antagonista, quando nel fumetto era un personaggio del tutto secondario, sono cose che non servono a smarcarsi dal fumetto originale e a trasporre la storia nel XXI secolo.
Non si possono prendere storie di 24 pagine – la lunghezza di un albo a fumetti americano – e trasformarle in episodi televisivi da 50 minuti. Riducendo inoltre al minimo l’adattamento e senza rimpolpare il tutto. Ed ecco quindi che l’episodio in cui Sandman va a recuperare il suo elmo all’inferno e sfida Satana, che nel fumetto è uno dei più belli, “gonfiato” a 50 minuti risulta uno dei peggiori della prima stagione.
La cronologia televisiva segue quella dei fumetti in maniera pedissequa, tranne che per il sesto episodio. Si tratta di quello che separa il primo ciclo di storie – la ricerca degli strumenti del potere da parte di Morfeo – dal secondo – le vicende di Rose Walker. Ovvero il vortice che potrebbe distruggere definitivamente Sogno e il suo regno.
Qui, gli autori mettono insieme due albi. Il numero 8 (The Sound of Her Wings) e il 13 (Uomini di buona fortuna), il ritmo del racconto accelera e tutto funziona molto meglio.
Il primo dei due episodi narra l’incontro tra Morfeo e Morte sulla panchina di un parco. I due chiacchierano della vita e degli esseri umani, mentre Morte fa il suo giro e raccoglie le anime di alcune persone, accompagnandole con dolcezza nel momento del trapasso. È questo uno dei rari momenti in cui il Re dei Sogni mostra il suo lato umano. Tanto da recarsi, quando avrà lasciato la sorella, in un vecchio pub dove incontrerà un uomo di nome Hob Gadling che ha conosciuto più di 600 anni prima.
Un flashback ci porta nel 1389
Ci riporta al momento in cui Sogno e Morte sono in una taverna dove notano Hob Gadling, un popolano che desidera ardentemente vivere in eterno. Morte accetta di realizzare il suo desiderio. Sogno si presenta a Hob e gli spiega tutto, dandogli appuntamento in quello stesso giorno, cent’anni dopo, per vedere se avrà cambiato idea riguardo al fatto di voler vivere in eterno.
I due continueranno a incontrarsi ogni secolo fino ai giorni nostri. Hob che continuerà a sostenere, indipendentemente dalla piega che ha preso e prenderà la sua vita, di non voler morire.
Ma sarà l’ultimo incontro, quello al presente, a dare un senso a lui e, soprattutto a Sogno.
Ovviamente non vi dico come, perché l’episodio va visto.
La serie segue in modo pedissequo il fumetto
Anche in questo caso l’episodio televisivo è fedele, fino alle virgole, al materiale di partenza. Ma funziona meglio di tutti gli altri perché le 24 pagine dei due fumetti originali sono racchiuse nella metà del tempo.
La cosa che colpisce di più è come una serie che parla della natura delle storie e della loro continua mutevolezza nel tempo – quando ha scritto il fumetto, Gaiman non ha fatto altro che riproporre favole e leggende, aggiornandole al 1989 – segua in maniera così pedissequa quello che l’autore ha scritto 34 anni prima. Questo senza considerare né il passaggio di tempo, né l’usura di determinati schemi narrativi, né soprattutto, il cambio di medium.
Intere pagine del fumetto e numerosi dialoghi vengono riproposti identici e quasi tutti i passaggi importanti della trama non sono stati modificati se non marginalmente.
Ed è proprio questa rinuncia al cambiamento – voluta o meno non importa – che impedisce a una storia a fumetti scritta negli anni ’80 di diventare una serie televisiva degli anni ’20 del nuovo millennio. L’unico problema di una produzione ottima sotto tutti gli altri punti di vista e che vale comunque la pena di vedere.