Luci sul mare. I fari scozzesi della famiglia Stevenson

Villa Celimontana. @TizianaZita
Villa Celimontana, sede del Festival del Viaggio

Fari, ingegneri e scrittori

Al festival del viaggio che si svolge a villa Celimontana, a Roma, si parla di viaggi remoti nel tempo e nello spazio. Come quello di Magellano che dal 1519 al 1522 fece la prima circumnavigazione del globo. L’impresa fu raccontata da Antonio Pigafetta nel bellissimo Viaggio intorno al mondo e Marquez, quando ricevette il Nobel, gli fece omaggio dicendo che era stato l’inventore del realismo magico. E comunque dopo tre anni, dei 235 marinai partiti ne tornarono solo 18, a cui si aggiunsero 4 indigeni.

Al festival si parla di terre lontane e grandi viaggiatori in una splendida sala con i soffitti e i banchi di legno, alle pareti carte geografiche e dalle numerose finestre una incantevole vista sul verde e i pini della villa.
Dal viaggio di Magellano ci spostiamo a nord delle Highlands scozzesi, all’estremo lembo di terra dove c’è scritto “Land’s end”, e dove viveva una famiglia di costruttori di fari: gli Stevenson. Loro possedevano l’arte di costruire fari nei posti più impervi e ventosi, con un mare spaventoso che si mangiava la terra.

È proprio la famiglia del famoso scrittore che però non volle seguire le orme degli ingegneri della sua famiglia, come era stato fatto da generazioni di Stevenson, e quindi partì per i Mari del Sud.

Le luci sul mare della famiglia Stevenson

Luci sul mare. Claudio Visentin. Cronache Letterarie

Ecco cosa ci ha raccontato Claudio Visentin, a proposito del suo libricino sui fari, Luci sul mare. Viaggio tra i fari della Scozia sino alle isole Orcadi e Shetland.

«“Io sono”, dice il mio psicologo “ossessivo compulsivo. Quando mi fisso su un’idea non riesco più a distrarmi finché non l’ho portata a termine. Uno dei punti di partenza di questo libro è stato proprio il motto delle isole Orcadi che sono sopra la Scozia: prima ci sono le Orcadi e poi le Shetland. Il motto è in latino e dice: boreas domus, mare amicus. Ovvero “il nord è la mia casa, il mare mi è amico”.

La mia idea era di partire da Edimburgo e andare sempre verso nord seguendo la luce dei fari. È stato un viaggio in cui sono riuscito a disinteressarmi di tutto ciò che interessa i turisti, cioè la Scozia. Ho proseguito seguendo solamente la luce dei fari, di faro in faro, spingendomi sempre più a nord.
Quella della famiglia Stevenson è una storia molto affascinante. Tra l’inizio dell’Ottocento e la metà del Novecento, in tre o quattro generazioni questa famiglia costruì tutti i fari della Scozia. In Scozia ci sono 80 fari maggiori che sono stati costruiti tutti dagli Stevenson, passandosi il mestiere di padre in figlio.

Una famiglia solo d’ingegneri anche perché venivano costretti a fare gli ingegneri, salvo la pecora nera Robert Louis Stevenson che è diventato un grande scrittore, uno dei più grandi scrittori di viaggio. Il che sembrerebbe dimostrare che è meglio costringere i figli a studiare quello che volete perché tanto se c’è un genio non vi darà retta.

Si è molto parlato del contrasto di Stevenson con la sua famiglia, ma in realtà questo nascondeva molte affinità. Stevenson non permetteva a nessuno di parlar male della sua famiglia. A un certo punto il suo editore americano fece una battuta pensando di ingraziarselo e invece lui gli rispose piccato: “Quando al tramonto si accendono tutti i fari lungo le coste della Scozia sono orgoglioso di quello che vedo”.

Festival del Viaggio. Villa Celimontana. Presentazione di Luci sul mare.

Dunque, salendo di faro in faro ho percorso tutta la Scozia orientale, poi tutte le Orcadi, anche le Orcadi settentrionali dove sono arrivato con un piccolo aereo da turismo. Il tema del prossimo anno potrebbe essere “la paura di volare”, su cui io posso dare un contributo straordinario, specialmente dopo questa vicenda. Poi da lì ho fatto tutte le Shetland e a un certo punto salendo, salendo, sono arrivato fino alla fine del mondo.

Il leggendario faro di Muckle Flugga

Villa Celimontana @TizianaZita Luci sul mare

Il faro di Muckle Flugga illumina l’estremità settentrionale delle terre scozzesi. Ero arrivato sulla punta estrema delle Shetland e avevo dietro di me tutto il Regno Unito.
Ho visitato l’ultima cabina del telefono e l’ultima casella postale. Ho mandato una cartolina dall’ultima buca delle lettere del Regno Unito che, mi rendo conto, non è una grande impresa rispetto a Magellano.
Davanti a me avevo il mare, da una parte il Mare del Nord e dall’altra l’Atlantico. Una grande confluenza di due mari che si uniscono lì. A sinistra ci sono le isole Faroe e poi è tutto dritto fino al Circolo Polare Artico.

Sono arrivato a due chilometri dall’ultimo faro possibile che è Muckle Flugga, un faro leggendario. È difficile spiegare cos’è il mare della Scozia e la sua violenza. Noi che siamo gente del Mediterraneo, che è un mare interno, facciamo fatica a immaginare la violenza delle onde e del mare a quelle latitudini. Muckle Flugga è veramente un faro impossibile. L’isola su cui si trova è alta sessanta metri e viene regolarmente sommersa dal mare. Non è che il faro si bagnasse, il faro finiva sott’acqua. Quindi erano condizioni estreme.
Tanto che in una notte del 1811, la Marina britannica, la flotta da guerra inglese, arrivò lì ma non sapeva che c’era quell’isolotto di roccia che affondò due navi. Persero duemila uomini in una sola notte. Nella battaglia decisiva contro Napoleone a Trafalgar ne avevano persi solo cinquecento.
Su quell’isolotto c’è un piccolo faro quasi alla fine del mondo.

Io volevo arrivare a quel faro, quindi ho cercato un barcaiolo per noleggiare una barca. Sono due chilometri in mare aperto. Ma non è banale come sembra. Il mio viaggio era seguito dal Ministero Scozzese dei Fari che mi aveva sempre aiutato fino a quel momento. Ma a quel punto hanno cambiato idea. Hanno detto che era troppo pericoloso e che il tempo poteva cambiare all’improvviso e sarei potuto affondare. Io ero deliziato all’idea, rispetto a morire in una casa di riposo immaginavo: “Mentre stava tentando di raggiungere in barca il faro più estremo delle Shetland affondava per una tempesta”. Ero molto vicino alla mia idea di morte perfetta, però il Ministero dei Fari non condivideva questa mia visione. Mi sono trovato nella strana situazione di essere così vicino alla mia meta che vedevo dalla roccia, ma non potevo raggiungerla.

Claudio Visentin alla presentazione di Luci sul mare. @TizianaZita
Claudio Visentin alla presentazione di Luci sul mare

Per quanto tu cerchi di programmare un viaggio, di pensare a quello che può succedere – e io sono un grande programmatore di viaggi – avvengono sempre delle cose che non ti aspetti.
Nell’ultima casa davanti al faro, quella dove una volta abitavano i guardiani, viveva un artista inglese che è un monaco buddista. Nel momento della delusione avere a portata di mano un monaco buddista è perfetto, è proprio quello di cui hai bisogno. Eravamo in una zona con la più alta densità di animali del pianeta, c’erano più pecore che rocce, lui però era vegetariano. Quindi abbiamo mangiato zucchine per tutto il tempo.

Dunque il monaco mi ha detto: “La fine è solo apparenza, è sempre l’inizio di qualcosa d’altro. C’è sempre qualcosa più in là, anche dopo Muckle Flugga. E così anche tu, invece di guardare sempre avanti, dovresti guardare indietro, vedere come il tuo viaggio ha preso forma dietro di te. Un sentiero creato da ogni tuo passo, perfetto in ogni suo momento e al tempo stesso incompleto in ogni suo momento”.

Il faro di Muckle Flugga
Il faro di Muckle Flugga

Bellissimo! Non guardare davanti ma guarda indietro. Il sentiero lo disegni camminando. Così ho chiuso il libro. Sono stato ancora un paio di giorni con lui e poi sono tornato indietro.
Arrivare fino alla fine del mondo è stata una cosa che per un po’ di tempo mi ha ossessionato, salvo poi capire che la fine del mondo è sempre la fine di un mondo e c’è sempre qualcosa dopo».

Reclutamento dei guardiani del faro

Poi Claudio Visentin ci racconta un’ultima cosa.
Quando si è sparsa la voce che il Ministero dei Fari scozzesi voleva riaprire il reclutamento di guardiani del faro, hanno ricevuto 12.000 domande in una settimana. Perché quello di guardiano del faro è uno dei mestieri più mitizzati e desiderati. “Queste 12.000 domande dicono anche molto della qualità della nostra vita insieme e di come interagiamo gli uni con gli altri, se il sogno di ognuno è andare da solo in un faro”.

Nella realtà c’erano i fari in mare aperto che erano molto piccoli e scomodi, dove le cuccette si chiamavano “banane” perché erano arrotondate come il faro e non si poteva nemmeno dormire dritti. Però in altri casi i fari sorgevano vicino a una città e allora il guardiano stava lì con la sua famiglia e con altri due guardiani perché i guardiani erano sempre almeno tre. Quando ha chiesto come mai, visto che tre gli sembravano tanti per sorvegliare un faro, il Ministero dei Fari gli ha risposto: “Le relazioni a due non sono mai sane”.

Tiziana Zita

Tiziana Zita

Se prendessi tutte le parole che ho scritto e le mettessi in fila l'una dopo l'altra, avrei fatto il giro del mondo.

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