L’arcobaleno della gravità è un romanzo lungo 697 pagine di carta e più di 1000 pagine nella versione ebook. Pagine apparentemente deliranti e forse in parte anche letterariamente deliranti. In qualche momento è stata dura, ma nello stesso tempo è stato un gran bel viaggio. In cui il lettore, portato per mano da uno sconvolgente io narrante e onnisciente – oh quanto onnisciente! – partecipa al medesimo complotto universale di cui si racconta nel libro.
Di cosa parla L’arcobaleno della gravità?
Difficilissimo rispondere in poche parole. Volendo semplificare al massimo, lo si può considerare un romanzo di formazione declinato in ottica postmoderna.
Il contesto è quello della fine della Seconda Guerra Mondiale, in particolare degli ultimi due anni, il 1944 e il 1945. La storia parte da una Londra bombardata dai razzi tedeschi V2, di cui si sente il rumore dopo che l’obiettivo è stato colpito. Nella miriade di forze alleate di stanza nella capitale britannica sventrata dalle esplosioni, alcuni organismi militari transnazionali dagli acronimi misteriosi notano una singolare corrispondenza tra gli obiettivi centrati dai razzi e l’attività erotica del tenente americano Tyrone Slothrop, membro di una unità tecnica di spionaggio, ingenuo sciupafemmine di buon carattere e di cristallina moralità.
Si scoprirà nel corso della narrazione che il padre di Slothrop ha consentito – in cambio del pagamento della retta del figlio a Harvard – che Tyrone fosse condizionato per scopi sperimentali da un chimico svizzero. Il chimico, Laszlo Jamf, è l’inventore del polimero Imipolex G che tanta parte avrà nell’epilogo del romanzo.
Il fatto desta l’interesse di uno psicologo pavloviano militare, Pointsman, il quale dapprima sottopone inutilmente il nostro protagonista a esperimenti più o meno leciti, successivamente lo distacca in Francia per spingerlo a seguire un percorso di consapevolezza più o meno spontaneo. Percorso che dovrebbe portare il giovane al cuore del segreto dei razzi, rendendo Slothrop l’oggetto di un complotto ordito da Loro, le cui finalità sono massimamente oscure. Comincia così una lunghissima diaspora del tenente Tyrone, che parte dalla Riviera francese fino al cuore della Germania devastata dalla guerra, ovvero fino al luogo di progettazione e lancio dei micidiali razzi V2.
I micidiali razzi V2
Il razzo V2 è oggetto delle attenzioni, per non dire delle ossessioni, di più entità, intese come persone e organizzazioni. Mentre il tenente Slothrop vive mille avventure, in mezzo a personaggi storici o simbolici o fantasmagorici, sul misterioso razzo 00000, che si dice contenga un dispositivo anch’esso misterioso (Schwarzgerät, apparato nero), si appuntano le mire dello Schwarzkommando.
Si tratta di un gruppo di progettisti herero trapiantati in Germania dopo lo sterminio operato dai tedeschi in Namibia nei primi anni del Novecento (e splendidamente e tragicamente narrato in V.) in cerca di un riscatto. Il capitano Weissmann detto Bicero, ufficiale tedesco già citato in V., un uomo dalla sfrenata sessualità sadomaso, a suo tempo amante del capo dello Schwarzkommando, Enzian, e una miriade di personaggi e di organizzazioni che – a seconda dei propri più o meno comprensibili interessi – guidano Slothrop in una sorta di percorso condizionato al quale il giovane, sempre più afflitto da paranoia sistemica, tenta di sottrarsi.
Non posso raccontare altro della trama, aggiungo solo che Slothrop troverà una sua personale consapevolezza, seppur pagata a caro prezzo. Ma che cos’è questa consapevolezza?
Premesso che L’arcobaleno della gravità è veramente un’opera monumentale, tanto densa di citazioni, concetti, riferimenti che toccano praticamente tutti i campi dello scibile umano, fondendo in un’unica narrazione il sapere scientifico e quello umanistico. E premesso anche che la conoscenza di Pynchon in tutti i campi è veramente mostruosa, rendendo con ciò – credo – impossibile al lettore medio una reale comprensione di tutte le tematiche da lui affrontate e discusse.
Quel che ho capito io…
Tutto ciò premesso… quel che ho capito io, che potrebbe essere anche zero, è che Pynchon racconta la vita dell’uomo come una parabola, di forma simile a quella dell’arcobaleno, e in questo somigliante alla traiettoria che i razzi V2 compiono una volta che i motori vengono spenti e precipitano sugli obiettivi.
Che la vita nel suo complesso è una cospirazione totale, ordita sia da uomini verso altri uomini, sia da Dio nei confronti dell’uomo.
Che la ricerca ossessiva del Razzo rappresenta una modalità di superamento del vuoto, un antidoto al sentimento di horror vacui, che tuttavia rappresenta il destino esistenziale dell’uomo. Il quale solo attraverso una strutturata paranoia riesce a dominare l’idea della morte, con la quale questo romanzo sembra confrontarsi dall’inizio alla fine.
Lo so, non sarò riuscita a spiegarmi, ma questo romanzo è veramente tanto, troppo. Il lettore si perde (e c’è piacere anche nel perdersi) tra le centinaia di personaggi (pare siano più di 400) e tra le mille suggestioni della narrazione. Questa – a parte qualche eccezione – è veramente godibile, soprattutto se si rinuncia all’ipotesi di capire tutto, e ci si lascia cullare dal racconto, affascinante e affabulatorio.
Ovviamente ne L’arcobaleno della gravità c’è tanto di più di quel che ho scritto, c’è la Storia, con le sue pretese di stabilire relazioni di causa-effetto che si rivelano impossibili, c’è il tema del razzismo, c’è poesia, c’è musica, c’è cultura, psicologia, tarocchi. C’è la critica feroce alle società moderne, in particolare a quella americana, con il culto del Sé. C’è la critica alla guerra; c’è il sesso, soprattutto in versione a volte disgustosamente aggressiva e sadomaso; c’è la critica al primato della tecnologia.
Il libro più difficile cha abbia mai letto
È un romanzo sicuramente geniale, che sono contenta di aver letto, ma che mi sento di consigliare solo a lettori determinati, coraggiosi e fiduciosi.
È un romanzo grandiosamente intellettuale e cerebrale. Forse anche troppo, perché se vi ho trovato tanto cibo per i neuroni, un pochino meno – devo dirlo – ne ho trovato per l’anima, qualsiasi cosa essa sia.
L’arcobaleno della gravità è stato forse il libro più difficile che ho letto finora, considerando però che non ho ancora letto né l’Ulisse, né Infinite Jest né Horcynus Orca, perciò hai voglia… magari sarò sorpresa da altri romanzi. In ogni caso non mi sono quasi mai annoiata, a parte qualche pagina veramente a me incomprensibile. Quindi di certo è una lettura fattibile 😉
Complimenti Adele! Una recensione davvero interessante e stimolante: appena finito di leggerla, sono corso a comprare il libro che comincero’ a “sfidare” oggi stesso. E pronto anche a perderla la sfida: ne varra’ sicuramente la pena. Grazie per le brillanti riflessioni su questo libro cosi’ particolare, e ancora complimenti