“Si tratta di gente ignorante, e la società mette a frutto l’ignoranza di questa gente. Professo’, sui delitti e sui reati che commettono gli ignoranti si muove e vive l’intera macchina mangereccia della società costituita. L’ignoranza è un titolo di rendita.”
– Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità
Il sindaco del rione Sanità
Eduardo De Filippo scrive Il sindaco del rione sanità nel 1959 e lo mette in scena, interpretando il ruolo del protagonista, l’anno seguente.
La commedia parla di una “società nella società”, quella camorrista, povera e ignorante, abbandonata al proprio destino dalle istituzioni. Una società fatta di persone che tirano a campa’ e regolano le proprie questioni personali con una giustizia privata fatta soprattutto di sparatorie e vendette personali.
Ad amministrare in qualche modo questa sorta di giustizia e a impedire, nei limiti del possibile, che scorra il sangue, è don Antonio Barracano, il sindaco del titolo, che si è sostituito alle autorità prendendo sotto la sua ala protettrice la gente del quartiere, risolvendo le loro controversie come farebbe un giudice. E, quando le cose sono andate troppo oltre, ristabilisce la legge e fa ricucire i feriti al suo braccio destro, il dottor Fabio Della Ragione.
Il sindaco del rione Sanità è una delle commedie più note e rappresentata di Eduardo ed è stata tradotta e messa in scena più volte anche negli Stati Uniti, con il titolo di The Mayor of Rione Sanità.
Di più: dalla commedia sono stati tratti anche due film: Il sindaco di Ugo Fabrizio Giordani nel 1996, con Anthony Quinn nel ruolo di Barracano e Il sindaco del rione sanità di Mario Martone, che vede come protagonista Antonio Di Leva, nel 2020.
Entrambi sono usciti anche negli Stati Uniti.
Chi è Taylor Sheridan?
Taylor Sheridan è uno dei più bravi sceneggiatori emersi negli ultimi dieci anni.
Possiede il dono raro, ai giorni nostri, di trasformare il racconto, qualunque racconto, in epica.
Tutte le sue opere hanno come protagonisti uomini stoici che seguono una propria morale, per quanto bizzarra o desueta, e tematiche care alla tradizione del cinema dei padri. Parlano dell’attaccamento alla terra e alle tradizioni, temi che, nel cinema contemporaneo, si riscontrano di rado.
Nato a Cranfills Gap in Texas nel 1970, Sheridan ha fatto l’attore fino al 2014, quando è riuscito a piazzare la sua prima sceneggiatura – quella del Sicario, film che verrà poi girato da Denis Villeneuve. Avrà anche un seguito, tre anni dopo, con Soldado, diretto dal nostro Stefano Sollima.
Nel frattempo, Taylor ha scritto anche un altro film Hell or High Water, per la regia di David McKenzie e ha diretto, sempre da una sua sceneggiatura, lo straordinario I segreti di Wind River, con protagonista Jeremy Renner, attore che Sheridan ritroverà proprio nella serie di cui parleremo oggi.
Yellowstone
Nel 2018, la Paramount gli approva Yellowstone e Sheridan esplode definitivamente. La serie, interpretata, tra gli altri, da un mito come Kevin Kostner, diventa una delle più viste del paese (vedi qui il trailer). A febbraio 2023 partirà la quinta stagione.
Dato il successo di Yellowstone, la Paramount mette in produzione ben tre spin off, tutti creati e scritti da Sheridan. Si tratta di 1883, di cui è uscita nel 2022 la prima stagione, 6666, attualmente in lavorazione e un terzo di cui non si sa ancora nulla.
Sempre nel 2022 escono, scritte da Sheridan e prodotte da Paramount, altre due serie che nulla hanno a che fare con Yellowstone. Sono Tulsa King, con Sylvester Stallone e The Mayor of Kingstown – scritta partendo da un’idea di Hugh Dillon.
The Mayor of Kingstown
Il protagonista di The Mayor of Kingstown, interpretato da Jeremy Renner, si chiama Mike McLusky, ma è conosciuto da tutti come “Il sindaco”, esattamente come don Antonio Barracano nella commedia di Eduardo.
Come lui, Mike è una sorta di mediatore, nel suo caso tra la criminalità e le istituzioni della città di Kingstown che ospita sette prigioni e 40.000 detenuti all’interno della propria area metropolitana.
Se qualcuno, dentro o fuori dal carcere, ha un problema, è al sindaco che deve rivolgersi. E lui, poco ma sicuro, cercherà di mettere le cose a posto: “non infrango la legge… La piego per portare la pace. Per tutti”, dice ad un certo punto. Una frase che, peraltro, avrebbe tranquillamente potuto pronunciare anche don Antonio.
I due sindaci
Ma le similitudini tra la commedia di Eduardo e la serie di Sheridan non finiscono qui. Entrambe parlano del concetto di giustizia e dei mezzi che è lecito utilizzare per ottenerla.
Pur molto diversi caratterialmente, soprattutto per quanto riguarda l’uso (nel caso di Mike, l’abuso) della violenza, Barracano e McLusky hanno una cosa importantissima in comune: non svolgono il loro compito per soldi e nemmeno per il potere. A muoverli è il bisogno morale di fare “la cosa giusta”, costi quel che costi. Anche a prezzo della propria vita, cosa che nel caso di Don Antonio avviene pure.
Entrambi i personaggi sono schiavi del proprio ruolo.
Se a Napoli, sono povertà e inefficienza dello Stato a rendere necessario un personaggio come don Antonio, la città di Kingstown è stata creata per gestire e servire le sue prigioni, e Mike finisce per essere solo uno dei tanti prigionieri che vivono lì. Con la differenza che lui, contrariamente ai detenuti veri, lo è volontariamente. Potrebbe scappare, andarsene, ma non lo fa.
Perché non ricomincia da un’altra parte?
Per una questione etica, perché non è la cosa giusta da fare.
Non so se Taylor Sheridan o Hugh Dillon, il suo co-autore, conoscessero la commedia di Eduardo o avessero mai visto uno dei due film che ne sono stati tratti, prima di ideare The Mayor of Kingstown, oppure se le similitudini tra le due opere siano casuali, e nemmeno mi interessa saperlo. A prescindere da Eduardo e dalla sua commedia, The Mayor of Kingstown è una serie meravigliosa, una delle migliori di questo magro 2022 (vedi qui il trailer).
Cupa, sporca, livida, disperata e violenta ma…
È cupa, sporca, livida ed è una delle serie più disperate e più violente che mi sia capitato di vedere: per questi motivi è stata molto criticata negli States. È una serie che non offre nessun’altra speranza che quella rappresentata dall’antieroe infelice e dolente che ne è protagonista. Lo è al punto da spingere Variety a scrivere:
“Lo show tratta l’infelicità come un soggetto piuttosto che come una condizione di un ambiente che ha molto altro da esplorare. È difficile immaginare uno spettatore che voglia trascorrere a Kingstown più della prima ora dell’episodio pilota.”
Io, a Kingstown non ho trascorso solo un’ora, ma dieci. E ci sarei rimasto ancora se la serie non fosse finita, tra l’altro con una puntata che amplia e rinnova il concetto di epica televisiva. E calza perfettamente a Mike McClusky, la definizione che Eduardo diede di don Antonio:
“Un personaggio vivo, vero che affonda le proprie radici nella realtà, ma poi si sgancia da essa, si divinizza, per dare una precisa indicazione alla giustizia. (…) Perché un uomo è un uomo quando sa amministrare nella stessa misura tanto la sua paura quanto il suo coraggio”.