Ora si può saltellare da un canale di streaming all’altro visto che sono diventati davvero tanti. Un mese sull’uno, un mese sull’altro, possiamo passare da Netflix ad Amazon Prime, da Disney+ ad AppleTv+, da Paramount+ a Sky-NowTv. Mediamente l’abbonamento mensile costa meno di un biglietto del cinema (eh già…), perciò la cosa è fattibile e possiamo vedere tutte le serie che vogliamo.
Allora tirate fuori i popcorn, o se preferite il panettone, accomodatevi sul divano, pronti a godervi alcune delle migliori serie in circolazione – le più consigliate, le più premiate, le più viste – e forse a schivare qualcuna delle peggiori. La scelta delle migliori del 2022 è stata fatta da chi nelle serie ci lavora e ne macina parecchie.
Alfonso Cometti, produttore di serie tv
La più bella serie dell’anno è per me The Bear (Disney+). Otto puntate da mezz’ora che si vedono tutte d’un fiato. Un giovane chef eredita uno scassatissimo ristorante ed un mistero. Attori bravissimi, dialoghi serrati che più non si può, storia sempre in movimento. Bisogna superare la prima puntata, che può dare il vomito per eccesso di sobbalzi della telecamera, ma poi si tranquillizza per fortuna. I dialoghi sono molto americani e andrebbe vista in lingua originale, con o senza sottotitoli (leggi qui la nostra recensione).
La più brutta, purtroppo, è la terza serie di Atypical (Netflix) che ormai è ultratipica. Era meglio fermarsi dopo due. La prima serie era molto bella ma già la seconda mostrava segni di stanchezza.
Francesco Patierno, regista
Quella delle serie è diventata ormai una galassia che non smette di crescere ed evolversi. Certo, rispetto ai primi tempi, diventa sempre più difficile stupirsi o essere trascinati nel buco nero del binge watching. Fortunatamente però, anche quest’anno l’elenco dei lavori che mi hanno appassionato, anche entusiasmato, è lungo.
The Offer (Paramount+), la miniserie televisiva incentrata sull’incredibile vicenda della complicata produzione del Padrino è sicuramente uno dei lavori che mi ha colpito di più. Una storia epica che, svelando la faticosa genesi di un capolavoro, racconta anche tutto il cinema di quel periodo. Attori, sceneggiatura, regia, scenografia… tutto sembra essere sincronizzato in un’opera di assoluta bellezza.
Notevoli anche due serie che hanno per oggetto la nascita di start up di successo. Wecrashed (AppleTV+), sull’ascesa e la caduta di WeWork, con i due protagonisti Jared Leto, e Anne Hathaway strepitosi.
E The Playlist (Netflix), che in sei avvincenti puntate narra la rivoluzione generata da Spotify, diventata in poco tempo la più importante piattaforma di streaming dedicata alla musica (e non solo). E la lista potrebbe essere più lunga, se qualche giorno fa non fossi rimasto fulminato da…
The Major of Kingstown (Paramount+), la serie crime scritta da Taylor Sheridan, (un nome, una garanzia) di straordinario impatto emotivo.
Stefano Piani, sceneggiatore di serie tv
Come nella seconda stagione di American Crime Story, dedicata all’omicidio Versace, in Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer (Netflix), Ryan Murphy prende il punto di vista del serial killer, salvo poi, nelle ultime puntate, cambiare prospettiva e raccontarci anche le vittime.
La scrittura, la regia delle varie puntate – Jennifer Lynch ne dirige quattro, ma c’è anche Gregg Araki – e le interpretazioni sono fuori scala. A colpire di più è la struttura del racconto che si muove avanti e indietro nel tempo, permettendo a Murphy di realizzare una serie di puntate tematiche praticamente perfette. La serie migliore del 2022, altro che Andor.
The Offer (Paramount+), racconta il dietro le quinte de Il Padrino.
Personaggi mitici come Bob Evans, il capo della Paramount, piuttosto che Francis Ford Coppola o Joe Colombo, il gangster che offrì “protezione” alla troupe quando girò a New York, vivono sul piccolo schermo in maniera credibile.
La serie è divertente e offre alcuni momenti commoventi: sfido chiunque a non piangere nella scena in cui il produttore del film Albert S. Ruddy organizza, a New York, una proiezione speciale del film per i mafiosi.
Circeo (Paramount+), è una pessima fiction Rai, approdata non si sa come su una piattaforma vera (quindi non Rai Play).
La scelta di raccontare il massacro del Circeo concentrandosi principalmente sul processo ai carnefici poteva funzionare, ma se gli autori avessero studiato meglio film come La parola ai giurati o Il verdetto e visto qualche puntata in più di The Good Wife, sarebbe stato meglio.
La parte processuale è imbarazzante: mancano i confronti e gli interrogatori, il cuore del genere. I riassunti delle varie fasi del dibattimento vengono demandati a una giornalista che regala agli spettatori una lunga serie di spiegoni degni di Boris. Da evitare.
Gianna Angelini, semiologa
Di Dahmer (Netflix), la serie sul Cannibale di Milwaukee, si è parlato moltissimo in rete quest’anno, avendo superato il miliardo di ore di visione, attestandosi come la seconda serie in lingua inglese più popolare su Netflix e la più vista in assoluto insieme a Squid Game e a Stranger Things 4. Il serial killer, interpretato dal giovane Evan Peters – che dopo le riprese ha impiegato mesi per tornare ad avere una vita sociale normale, tanto si era lasciato coinvolgere dal personaggio – viene mostrato in tutta la sua ambivalenza e fragilità interiore. Una serie che lascia inevitabilmente il segno. Bisogna armarsi di un po’ di coraggio, ma non si può non vedere.
Inventing Anna (Netflix), è la miniserie ispirata alla vera storia di Anna Sorokin, una giovanissima donna in carriera russa che tra il 2013 e il 2017 truffò banche, hotel e consulenti finanziari newyorchesi fingendo di essere una ricca ereditiera tedesca. La storia di Anna, interpretata mirabilmente da Julia Garner (vincitrice di due Emmy per Ozark), ci fa entrare nel curioso e torbido mondo della finanza regalandoci non poche sorprese. Grazie alla miniserie, la Sorokin (al momento agli arresti domiciliari in attesa di essere instradata) ha guadagnato 320,000 dollari, con i quali ha coperto le richieste di risarcimento, multe e spese legali legate al suo caso. Una donna sicuramente da studiare.
Solo per chi ha visto l’intera saga di Game of Thrones, House of Dragon (Sky-NowTv), la serie è ambientata 172 anni prima delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Liberamente ispirata (ma non troppo) al libro di G.R.R.Martin Fuoco e sangue, la serie cresce lentamente, ma riaccende nello spettatore lo stesso spirito della serie madre. Cast sopraffino, personaggi costruiti molto bene. Si soffre forse il cambiamento repentino degli attori principali nell’avanzare delle generazioni, ma credo che i fan di Game of Thrones non ne saranno delusi.
Come molti, anche io mi sono fatta trascinare dalla promozione della serie che vanta, tra i produttori esecutivi, anche Tim Burton. Eppure Mercoledì (Netflix), dal mio punto di vista, delude. Strutturata come un giallo per ragazzi, è un viaggio di formazione che ha al centro un’adolescente che, nonostante l’alone iconico del suo personaggio da tutti conosciuto, non è diversa da ogni altro adolescente confuso e in lotta per il proprio riconoscimento a scuola. Sarebbe anche una bella storia, ma non per i fan di Mercoledì. Almeno secondo me.
Angelo Salvatori, libraio
È lontano nel tempo, oltre un secolo, l’orrore di vivere che si consuma su una baleniera in rotta verso il Polo Nord, nella miniserie The North Water (TimVision), luccicante tripudio di professionalità british, effetti speciali inclusi, un abisso mortale di male e di bene in cui massacri di foche e grandi cetacei sono soltanto l’elemento più immediato. Mentre tutt’intorno s’inabissano uomini e navi la ragione e l’istinto bestiale combattono, il gelo divora, l’anima muta, ammesso che sopravviva… ma a quale prezzo?
A quale prezzo si decide la vita di un uomo? È la domanda disturbante che aleggia in un’altra miniserie, questa volta americana, efficacissima, Cinque giorni al Memorial (AppleTv+). L’orrore qui è di fattura completamente diversa. Perché autentico. L’uragano Katrina devasta New Orleans e le possibilità di un grande ospedale di sopravvivere all’evento. Medici e infermieri sono, non solo metaforicamente, con l’acqua alla gola. Quasi zero aiuti esterni, temperature tropicali, l’evacuazione immediata richiede scelte terrificanti. Ci sarà da giudicare legalmente i comportamenti ma il punto è: che cosa avremmo potuto fare nella loro posizione?
Ha un plot suggestivo ma inerte invece Suspicion (AppleTv+), emanazione statunitense di una serie israeliana in cui si narra di cinque sconosciuti sospettati di essere coinvolti nel rapimento di un ragazzo bene. Cos’è che non marcia? Facile: non si percepisce la vita. È tutto un susseguirsi di note discordanti, caratteri e cammuffamenti fasulli, motivazioni consunte. La scelta degli attori davvero non aiuta, spesso clamorosamente fuori parte. Non sempre i remake vengono col buco!
Leonardo Ferrara, responsabile Rai Fiction, serialità digitale
Una serie tratta da un romanzo a cui sono affezionato è Tutto chiede salvezza, tratta dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli (leggi qui la nostra intervista) che è un amico ed è stato un collega in Rai per tanti anni. La serie di Netflix sembra quasi un prodotto per RaiUno. Noi nella serialità per il digitale Rai, sul disagio psichiatrico abbiamo realizzato Mentals, una serie a basso costo che ha trattato il tema in maniera molto cruda e scarna. In Tutto chiede salvezza sono stati inseriti toni di alleggerimento rispetto al romanzo, in modo da poter raggiungere un pubblico più ampio. In ogni caso la regia di Francesco Bruni e le sceneggiature scritte da Bruni con la collaborazione di Mencarelli ne fanno un prodotto alto che ho apprezzato e che si distingue in mezzo a tante storie teen di liceali, che sono un po’ tutte uguali.
Un’altra serie teen che ho apprezzato molto, sempre sull’onda di Skam, perché è dello stesso regista, ovvero Ludovico Bessegato, è Prisma. Sono otto episodi di 45 minuti su Amazon Prime. È la storia di due gemelli omozigoti. Uno è una promessa del nuoto, però ha avuto un incidente e quindi deve recuperare, avendo messo a repentaglio la propria carriera agonistica. Lui è introverso, timido con le donne, innamorato di una ragazza. L’altro è molto più estroverso, è il leader del gruppo e spaccia droga, però nel corso della storia si capisce che soffre di disforia di genere e addirittura su Instagram ha adescato un loro amico, spacciandosi per una ragazza.
La serie ha quello che si dice un high concept molto forte e anche un’ambientazione molto originale perché si svolge a Latina e a Sabaudia, dove l’architettura fascista e geometrica esalta la storia. È un paesaggio protagonista. Gli attori sono molto bravi. Per i gemelli c’è lo stesso attore che interpreta tutti e due i ruoli ed è bravissimo. Un’altra serie che spicca fra i prodotti omologati per teenager.
Quella che mi ha molto deluso perché è una serie che ho adorato è la quinta stagione di The Crown perché è diventata molto soap. È una stagione discontinua, ci sono alcuni episodi noiosi, altri molto belli, specialmente quello dedicato alla sorella della regina, Margaret. Forse c’è un problema nel recasting della regina perché l’attrice che ha sostituito Olivia Colmann non è così efficace e per il mio gusto è un po’ respingente. La serie mi ha molto deluso perché per me The Crown era un cult: è la serie più bella che sia venuta fuori da Netflix.
Tiziana Zita, story editor e producer
“La palude” è la sezione dell’MI5, il servizio di sicurezza britannico, dove nessun agente vorrebbe finire. Lì vengono mandati quelli che hanno sbagliato, a cui non verranno più affidate missioni importanti. A capo della Palude c’è Lamb, un Gary Oldman in stato di grazia, ma tutto il cast è notevole.
Slow Horses (AppleTv+) è tratta dai romanzi di Mick Herron, nella miglior tradizione della spy story (leggi qui la nostra recensione). Un’ottima serie, scritta bene, girata e recitata a livelli stellari e anche molto divertente di cui è da poco uscita la seconda stagione che non vedo l’ora di vedere.
Jimmi Keene (Taron David Egerton) svolge una florida attività di spacciatore finché viene colto con le mani nel sacco.
Condannato a una pena di dieci anni, l’FBI gli offre di infiltrarsi in un carcere criminale di massima sicurezza, dove “spediscono i subumani”, “i mostri senza anima”. Tra questi c’è un pedofilo che avrebbe ucciso quattordici ragazze. Non ci sono però prove per tenerlo in carcere e a breve potrebbe essere rilasciato e violentare e uccidere ancora. Jimmy deve diventare suo amico e raccogliere le prove per intrappolare questo essere davvero squilibrato, in cambio dell’annullamento della pena.
Ispirata a una storia vera, Black Bird (AppleTv+) è scritta e prodotta da Dennis Lehane, l’autore di Shutter Island e di Mystic River. Una serie molto dura – d’altro canto Dahmer è peggio – con un ottimo cast e come sempre accade, il mostro psicopatico avrà qualcosa da insegnare a Jimmi: “La felicità è una scelta. Non credi Jimmi?”