“Io l’unica cosa che so è che a volte è il bagliore di quei quadri a svegliarmi all’alba, piuttosto che gli insetti o gli uccelli del mattino”.
La Vedova Van Gogh è il libro di Camilo Sánchez che racconta la storia di Johanna Van Gogh Bonger, moglie di Theo Van Gogh, la donna grazie alla quale tutti noi possiamo ammirare l’opera di uno degli artisti più grandi di tutti i tempi.
Il libro inizia con la notizia della morte di Vincent, il 29 luglio 1890, e con il rientro a casa del fratello Theo, mercante d’arte che aveva sempre sostenuto, sia psicologicamente che finanziariamente, il fratello e aveva tentato inutilmente di allestire una mostra con le sue opere.
Theo e Vincent
I due fratelli erano legati da un rapporto strettissimo, tanto che in seguito alla morte di Vincent, Theo – il fratello minore – cadde in uno stato di prostrazione fisica e psicologica tale da portarlo alla morte appena sei mesi dopo. Johanna rimase vedova e con un figlio piccolo che portava il nome dello sfortunato zio.
La famigliola viveva a Parigi, in una casa tappezzata dai dipinti di Vincent che stavano anche arrotolati vicino all’armadio, sotto la credenza, ovunque. Ma Vincent non era apprezzato dai suoi contemporanei. I colori dei suoi quadri erano troppo vividi. Addirittura, Johanna riceveva le visite di sedicenti prelati che le ingiungevano di dare alle fiamme quei dipinti che propagavano la follia.
“Con tutti quegli eccessi di viola e cobalto, di verdi smeraldini […] hanno provocato il colpo al petto di Van Gogh”.
Dopo un iniziale momento di giusta prostrazione, Johanna decise di riprendere in mano le redini della sua vita. Tornò a Utrecht dalla famiglia di origine. Ristrutturò una vecchia villa e mise su una piccola locanda, rendendosi autonoma e indipendente, in un periodo (la storia inizia nel 1890) in cui le donne potevano fare ben poche cose in maniera autonoma.
La 1a esposizione in una locanda
Johanna credeva fermamente nella novità e nella potenza espressiva dei colori dei quadri di Vincent e, fedele alla memoria dei fratelli, decise di continuare gli sforzi del marito. Perciò tappezzò la locanda con i dipinti, facendone così la prima galleria espositiva di Van Gogh.
Questo segnerà l’inizio di un via vai. Prima ci furono gli incontri fortuiti, poi i curiosi e gli appassionati, fino ad arrivare ai galleristi. In un crescendo che porterà alla prima mostra all’Aia e, da lì, al riconoscimento universale del genio di Vincent Van Gogh.
Il punto di svolta del libro La vedova Van Gogh, che rende la lettura avvincente quasi come un thriller, sta nel fatto che Johanna, dopo la morte di Theo, osò aprire uno scrigno dove il marito conservava tutte le lettere che si scambiava con Vincent, di cui era gelosissimo e a cui era vietato l’accesso a chiunque.
Abituata sin da adolescente a scrivere un diario delle proprie emozioni, Johanna iniziò a leggere quelle 600 lettere in ordine cronologico (che potete trovare in Vincent Van Gogh – Lettere a Theo – Guanda Editore, 2013), nel tentativo di capire perché il marito si fosse lasciato morire dopo la dipartita del fratello.
Quello che scoprirà, oltre al fortissimo legame tra Vincent e Theo (esistevano anche due sorelle, una delle quali fu molto legata a Johanna, ma totalmente estranee al mondo artistico dei fratelli), è praticamente il testamento artistico di Vincent Van Gogh. Si tratta della mappa esplicativa della sua poetica, del suo uso del colore e dei significati che ad esso attribuiva.
“Esagererò il biondo dei capelli […] Dietro la testa […] farò uno sfondo semplice del blu più ricco, più intenso che riuscirò ad ottenere. […] La testa bionda illuminata su questo sfondo blu sontuoso rende un effetto misterioso come di stella nell’azzurro profondo”.
Un genio anche nella scrittura
Camilo Sánchez struttura la trama in parte come se fosse un racconto epistolare, alternando le lettere di Vincent al diario di Johanna che riesce a vedere la genialità di Vincent non solo nella pittura, ma anche nella scrittura. Van Gogh era infatti molto colto e usava la penna come il pennello, era un artista puro, tanto che nelle lettere pregava il fratello di “esporre molto e vendere poco”.
Ne La vedova Van Gogh vediamo come Johanna, rendendosi conto della genialità di tutte le espressioni artistiche del cognato, trova il modo di esaltarle. Inizia a esporre poche opere alla volta, prima nella locanda, poi in piccole gallerie, insieme alle lettere opportunamente “editate” per eliminare le parti superflue, o troppo personali.
Così i quadri esposti presentano anche la spiegazione dell’artista, proprio come se fosse accanto al potenziale acquirente.
Erano anni che avevo La vedova Van Gogh nella mia lista d’attesa e finalmente, grazie soprattutto alla imperdibile mostra Van Gogh – Capolavori dal Kröller-Müller Museum (che sarà a Palazzo Bonaparte, a Roma, fino a marzo 2023), l’ho letto. Che meraviglia di libro!
Il periodo parigino è stato particolarmente fecondo per Vincent Van Gogh, d’altronde quando era lì viveva insieme all’adorato fratello!
Nel breve periodo che hanno trascorso insieme, Johanna si premurava di realizzare per Vincent i suoi piatti preferiti tra cui spiccavano le crêpes suzette. Piccola nota personale, anche mia mamma ne va ghiotta!!!! 😊 Eccovene quindi la ricetta.
Crêpes suzette
250 ml latte
125 g farina 00
1 uovo (grande o 2 piccole)
1 cucchiaio Zucchero
Per il condimento:
4 arance
4 cucchiai zucchero
50 g burro
1 bicchiere Grand Marnier
Mettete in una ciotola le uova, il latte e lo zucchero e sbatteteli insieme per qualche minuto. Unite a poco a poco tutta la farina setacciata, continuando a mescolare per non far formare grumi.
Fate scaldare una padella antiaderente (o proprio quella per le crêpes se l’avete) e ungete con un pochino di burro. Mettete a cuocere un mestolo di impasto e muovete bene la padella in modo che si uniformi. Girate non appena vedete che la crêpe si è solidificata, aiutandovi con una pinza e fatela cuocere anche dall’altro lato, poi toglietela dalla padella. Non so perché ma la prima esce sempre malissimo!!!! Non demordete, l’impasto è sufficiente per farne tante.
A questo punto preparate il condimento: mettete il burro in una padella insieme al succo di tre arance e allo zucchero e fate cuocere a fuoco lento per 10 minuti circa, in modo che inizi a caramellare. Poi aggiungete la scorza grattugiata delle arance e mescolate.
Quando il sugo delle arance sarà leggermente caramellato, aggiungete anche il succo della quarta arancia. Mescolate e mettete a cuocere le crêpes una alla volta, facendo in modo che si condiscano perfettamente. Poi giratele e chiudetele su sé stesse, quindi mettetele da parte e continuate fino a che le avrete cotte quasi tutte.
Dopodiché rimettete tutte le crêpes nella padella, aggiungete il Grand Marnier e infiammatele. Lasciate la fiamma fino a che si spegnerà completamente da sola e servite subito le crêpes suzette ben calde.
Grazie Simona, bellissimo post, accolgo il tuo suggerimento e mi vado a leggere il libro, andrò a vedere la mostra e, ovviamente, proverò le tue crêpes.. Ti seguirò d’ora in poi con più attenzione!! 🌷
Sono contenta!!! E buon 2023!!
Sei appassionata di libri e di storie e di cucina, Simona?
Io ho apprezzato Casalinghitudine di Clara Sereni, Giunti: memorie personali e ricette,
Me lo hai ricordato con il tuo stile fresco di scrittura, con ricetta allegata. 🙂
Grazie del consiglio Marco, vado subito a cercarlo! Sì, leggere e cucinare sono due mie grandi passioni 😊
Molto interessante… ho visto la mostra ma non ho letto i libri che sicuramente acquisterò! Bravissima Simona!