Il dolore non uccide di Edoarda Montanari

Gli sposi novelli
Silvestro Lega, Gli sposi novelli

Il fiume marchigiano Potenza scorre nella provincia di Macerata, dando il nome alla verde vallata che attraversa e snodandosi per 95 chilometri, bagna e rende rigogliosa la vegetazione di molti paesi, piccoli e grandi, fino al termine del suo viaggio, a Porto Recanati, dove si getta nel mare. La sua sorgente si trova nel territorio di Fiuminata, il mio paesino natio.

La mia casa paterna è ubicata ad appena 500 metri dalla golena del fiume che custodisce i ricordi dei miei anni più spensierati.
È stata perciò una gradita sorpresa, imbattermi in un breve ma intenso romanzo d’esordio, ambientato proprio in un piccolo paesello, bagnato da questo fiume: Villa Potenza. Il romanzo è Il dolore non uccide ed è stato pubblicato da pochi mesi dalla casa editrice milanese Morellini.

Il dolore non uccide. Edoarda Montanari

Il dolore non uccide

L’autrice, Edoarda Montanari, classe 1969, vive a Macerata, è laureata in lingua e letteratura inglese, ha frequentato diversi corsi di scrittura ed è sempre stata appassionata di letteratura.

Il dolore non uccide possiede tutta la freschezza ed il tratto originale dei primi romanzi. L’originalità emerge malgrado il romanzo sia immerso nella tradizione contadina dell’interno maceratese dei primi del secolo scorso.
I protagonisti sono due giovani, Dina e Fiorenzo, il cui amore – come spesso capitava nella provincia arretrata di un secolo fa – viene ostacolato dai famigliari e da un parroco di campagna, ancor meno simpatico del più celebre Don Abbondio.

Un parroco peggio di Don Abbondio

“Dina vieni nella stalla – riuscì a ripetere per la terza volta l’uomo senza gridare. La ragazza si avvolse nello scialle e lo seguì ignara. Entrati nella stalla chiuse la porta che suo padre aveva lasciato aperta per lei. Quando si voltò per chiedergli cosa fosse successo, lo schiaffo la investì in pieno, con un rumore secco, facendola vacillare. Le mani di suo padre erano grosse, callose, e poteva sentire che le avevano lasciato delle strisce incandescenti sulla guancia. La sorpresa venne prima del dolore. Era la prima volta che suo padre la picchiava. “Perché?” chiese con voce lamentosa. “Mi è stato riferito che fai la smorfiosa con Fiorenzo Mariani, che gli stai dietro. È questo che io e tua madre ti abbiamo insegnato? È questo il comportamento da tenere? “Le urlò lui. “Non è vero, non è vero!” strillò anche lei. “Chi te l’ha detto?” gli chiese ma non ebbe bisogno che suo padre le rispondesse. Si rese conto che era appena stato da Don Rodolfo. “Babbo non è vero” lo supplicò. Giuseppe la schiaffeggiò di nuovo, sull’altra guancia, con la mano sinistra; forse per questo il colpo fu un po’ meno forte del primo. Tra i singhiozzi, Dina ammise che lei è Fiorenzo si parlavano ma che non era mai rimasta da sola con lui…”

Il perno della storia è la figura di Dina, seconda di cinque figli, che vive con i genitori, Giuseppe il carrettiere e la madre Ersilia. Poi c’è Noemi, la sua migliore e fedelissima amica.

“Giuseppe non si era mai fatto troppe domande su Dio e sulla Chiesa. Faceva il suo dovere di buon Cristiano senza troppo coinvolgimento e senza troppa convinzione. Non ce l’aveva con il prete. Ce l’aveva con l’uomo. Non gli piacevano gli imbrogli che combinava con i signorotti del paese, dai quali riceveva cibo, olio, vino, che il carrettiere doveva portargli in parrocchia e che poi il sacerdote usava per sé. E per i suoi eletti, mai per i morti di fame […] La piccola comunità di anime che avrebbe dovuto guidare e curare era all’ultimo posto nella scala delle sue priorità”.

L’intervento di Don Rodolfo, che di Fiorenzo si sente quasi un padre putativo e che fa allontanare il ragazzo da Villa Potenza col pretesto di un buon lavoro, determinerà il naufragio delle speranze in un futuro matrimonio fra i due giovani innamorati.

Intorno a Dina, alle sue percezioni e alle sue azioni si costruisce la trama di questa storia antica e moderna al tempo stesso. Da adolescente la vediamo trasformarsi in una donna che non permette a nessuno di scegliere per lei. La sua figura spiccherà, alla fine, come quella di una donna forte e consapevole. Invece Fiorenzo, il suo fidanzato, incarna l’uomo rassegnato che soccombe alle usanze e alla volontà della madre vedova, della quale lui ha grande rispetto.

Il dolore rende più forti?

Concordo con l’autrice quando scrive che di dolore non si muore. Anzi, posso dire d’averlo sperimentato sulla mia pelle che il dolore non uccide. Non so se ci renda effettivamente più forti, come sosteneva il mio adorato Nietzsche. Di sicuro, ci cambia e non torneremo mai più ad essere quelli di prima. Col cuore spezzato e “riappiccicato” come meglio abbiamo potuto, proseguiamo sulla nostra strada, avanzando a volte calmi e a volte “impetuosi” come un fiume, incontrando nuove persone e nuovi amori, proprio come accadrà a Dina.

Milena Corradini

Milena Corradini

Classe 1975, vivo a Porto Sant'Elpidio, nelle Marche. Laureata in Filosofia. Atea, liberale, appassionata di letteratura e arte, sono docente educatrice presso il Convitto dell'ITT Montani di Fermo. Ho insegnato Filosofia, Storia e Psicologia in vari licei. Studio bioetica del fine vita e organizzo eventi di approfondimento su questo tema.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.