Le stelle sono morte – Recalcati: istruzioni per il lutto

Massimo Recalcati. Roma. @TizianaZita La luce delle stelle morte

Ero già stata a sentire Massimo Recalcati proprio all’Auditorium, nel 2015. Ci aveva parlato del suo libro L’ora di lezione e io poi ho raccontato quell’incontro in un articolo che in questi anni è stato uno dei più letti di Cronache Letterarie.
Dopo otto anni, sono tornata ad ascoltarlo che parlava del lutto e de La luce delle stelle morte. Di nuovo si è confermato un oratore (professore, scrittore, psicoanalista ) sorprendentemente interessante e toccante.

Prima ci ha detto che insieme a lui avremmo dovuto fare lo sforzo di attraversare la notte, ma ha promesso di lasciarci una bussola per uscirne e di dare una risposta non scontata alla domanda: ma la morte davvero è invincibile?

Freud la descriveva come il padrone assoluto.
Mentre Hannah Arendt diceva che non siamo fatti per morire, noi siamo fatti per nascere. E siamo fatti per nascere innumerevoli volte. La bellezza di questa formula non può aggirare il carattere inevitabile, necessario, assoluto della morte. Questa formula ci dice che ogni volta che accade, la morte appare sempre ingiusta. Sempre la morte, dice Simone de Beauvoir (nel bellissimo racconto dedicato alla morte di sua madre) appare come prematura. Potremmo dire contro natura. Anche quando muore un vecchio, la morte è sempre una ingiustizia. È sempre in anticipo.

Essere e tempo. Cronache Letterarie

Questa è la differenza profonda che distingue la forma umana della vita dalla forma vegetale, o animale. Gli animali vivono in un eterno presente. Non hanno pensiero della loro fine, mentre noi abbiamo i giorni contati. La morte non è solo l’ultima nota che chiude la melodia dell’esistenza; noi facciamo esperienza della morte, del pensiero della morte e della sua presenza, nella vita stessa. In questo senso la morte è una “imminenza sovrastante” come dice Heidegger.
Cominciamo a morire dal primo respiro e siamo circondati, attraversati, dai nostri innumerevoli morti.

La divaricazione dei due regni

Quando qualcuno muore, il regno dei morti si separa da quello dei vivi. Questi due regni non comunicano, non hanno punti di contatto. Sappiamo che l’esperienza della scomparsa di qualcuno che abbiamo amato è l’esperienza di una lontananza irriducibile. Non lo posso più toccare, sentire, baciare, vedere. Non posso più ascoltare la sua voce, non posso più godere della sua presenza.

L’esperienza della morte è irreversibile. Sartre diceva che tutti noi siamo dei viaggiatori con un solo biglietto di andata. Non c’è possibilità di incontrare di nuovo chi abbiamo perduto. Un mio paziente, parlando della sua compagna amatissima scomparsa dopo una vita vissuta insieme, dice: “È come se avessero cancellato dalla cartina geografica il mio paese”.
È un’immagine potente della perdita. Non c’è più un luogo per noi. Il luogo che è stato familiare per molti anni si è dissolto. È stato cancellato dalla cartina geografica.

Questo accade non solo in caso di un lutto, ma anche quando facciamo esperienza di una perdita in generale. In questo senso potremmo dire che la nostra vita è fatta di tutti gli innumerevoli morti che hanno lasciato traccia in noi. Parlo dei nostri grandi o piccoli amori, delle nostre amicizie, dei progetti falliti, naufragati, degli ideali che hanno orientato la nostra vita e che a un certo punto si sono dissolti. Tutte queste sono esperienze di lutto e la nostra vita è fatta delle tracce che hanno lasciato in noi.

I messaggi, il silenzio

Frammenti di un discorso amoroso

Gli uomini dall’origine della vita sulla terra hanno sempre pregato. Hanno sempre cercato un punto di contatto tra l’aldilà e l’aldiquà.

In Frammenti di un discorso amoroso Roland Barthes, per definire la morte di un amore dice che è come se due navicelle nello spazio, si allontanassero a tal punto che nessuna delle due è più in grado di inviare messaggi all’altra. È l’esperienza del silenzio che caratterizza ogni forma di lutto.
Una mia giovane paziente che ha perduto il suo papà amatissimo ha mantenuto il numero del cellulare e continua a inviargli messaggi che non avranno risposta.

Due vuoti sprofondano il soggetto nell’insensatezza

Che accade per chi resta? Il lutto è la reazione emotiva al trauma della perdita. È nero perché è come se i colori del mondo si spegnessero. La nostra vita si chiude su se stessa. L’esperienza emotiva del lutto è una specie di ferita, di lacerazione, che apre simultaneamente due vuoti.

Il primo vuoto è che il mondo perde il suo significato, il suo senso. Lei non è più qui, lui non è più qui. Il volto del mondo cambia, non è più quello che conoscevamo prima. Diventa estraneo.
Il secondo vuoto è che la mia vita perde di significato. Ho la tentazione di perdermi insieme all’oggetto perduto. Ho la tentazione di seguirlo. Non sopporto la sua assenza.

Mania e melanconia

Quali risposte possiamo dare a questo duplice vuoto?
Freud nel testo bellissimo intitolato Lutto e melanconia indica tre possibili risposte al lutto.
Due risposte sono patologiche, mentre una terza via, sebbene molto dolorosa, ci porta ad attraversare il lutto e a ritornare a vivere. Le prima due vie sono la via melanconica e la via maniacale.

Ragazza che piange. Lichtenstein

Cosa accade nella melanconia?

Il soggetto resta attaccato all’oggetto perduto. Sprofonda nell’abisso in cui è caduto l’oggetto perduto. La perdita dell’oggetto infatti non coincide con la separazione dall’oggetto perduto. Possiamo perderlo ma restare incollati all’oggetto.
Un paziente, un professionista della mia età, viene per parlarmi della morte della sua amatissima moglie e nel primo incontro, per tutta la seduta piange disperatamente. A un certo punto lo interrompo e gli chiedo: “Ma quando è successo?”
E lui mi risponde: “Vent’anni fa”.
Non c’è stato il movimento dalla perdita alla separazione. Abbiamo perdita ma identificazione inconscia del soggetto con l’oggetto perduto.

Un altro mio paziente, sofferente per la perdita dolorosa e straziante di un amore, un vero e proprio lutto, dice: “Dottore io mi sento ingombrato dalla sua assenza”.
Come può l’assenza, che è un vuoto, ingombrare? Nella melanconia, l’oggetto è assente ma non riesco a separarmi e l’assenza grava su di me come una pressa, come un peso. La mia vita è schiacciata da questa assenza.

Binswanger in Melanconia e mania descrive la posizione del soggetto melanconico come di qualcuno che va in una stazione ferroviaria dove non passano più i treni. Non c’è più vita per il melanconico tutto è già avvenuto nel passato. Dunque non c’è più futuro, non c’è più speranza.

La reazione opposta rispetto alla melanconia è la mania

Massimo Recalcati. @TizianaZita
La luce delle stelle morte
Massimo Recalcati, Auditorium Roma, La luce delle stelle morte

Il soggetto si vuole disfare dell’oggetto perduto. Non fa esperienza del trauma della perdita.
Se guardate negli occhi di un soggetto melanconico vedete tristezza, scoramento, dolore, sofferenza. Se guardate negli occhi un soggetto maniacale vedete una strana euforia, una strana energia e potenza.

Il soggetto maniacale è negazionista, nega il trauma della perdita. L’umore del maniacale è alto, perennemente euforico e impegnato in progettualità astruse, in iniziative improbabili, anche pericolose.
Il maniacale si trova come un alpinista che è salito troppo in alto nello scalare la parete, in un punto dove non può più scendere ma non può più salire.

La via del lavoro del lutto

E allora in che cosa consiste la terza via? Nel lavoro che consente il passaggio dalla perdita alla separazione. Ciò non accade solo con i nostri morti, o i nostri amori perduti, accade anche nel rapporto genitori figli. Anche questo rapporto implica che vi sia lavoro del lutto, cioè perdita che genera separazione. Perché la perdita può generare incollamento.

Il primo elemento che distingue il lavoro del lutto è quello del dolore. Non c’è lavoro del lutto senza dolore. Parliamo di un dolore psichico. Fa male vivere. C’è un dolore di esistere.

Il secondo elemento decisivo è il tempo.
Non esiste lavoro del lutto rapido. La mania sarebbe l’illusione, attraverso un processo di sostituzione, che sia possibile un lavoro del lutto rapido. L’oggetto perduto è sostituito con un altro oggetto, come si fa con i frigoriferi e le automobili. C’è una maniacalità diffusa che permea tutto il discorso del capitalista che si muove su questo principio della sostituzione dell’oggetto. Invece ci vuole tempo.

Terzo elemento, quello più significativo dei quattro, è la memoria.
Al lavoro del lutto è necessaria la memoria. La mania direbbe: non ricordare, non rimpiangere, non guardarti alle spalle, sostituisci. Invece il lavoro del lutto implica un lavoro straziante della memoria.

Così parlò Zarathustra. Nietzsche

Non è una memoria dettata dall’io come quando si sfogliano i vecchi album di fotografie. La memoria che conta nel lavoro del lutto è quella che ci incalza, quella che ci sorprende. Mi accorgo che non posso non pensare a lei, mi accorgo quando ripeto alcune parole che erano le sue. Mi manca. Il ricordo di chi non è più con me si impone al soggetto e lo incalza. Non in modo sublime come accade nella Recherche di Proust. Qui la memoria ci ricorda ciò che abbiamo perduto, tutto quel mondo condiviso non c’è più. È un lavoro doloroso, ma dobbiamo tutti guardare il film di chi abbiamo perduto. Questa visione è necessaria al lavoro del lutto.

Quarto elemento. Cosa segnala che il lavoro è finito?
Ogni lavoro del lutto è interminabile e porta con sé una incompiutezza strutturale. Non esiste un lutto senza resto. L’operazione si conclude quando c’è “effetto di alleggerimento” e la vita ritorna a vivere.
Nietzsche lo descrive dicendo che Zarathustra attraversa di notte un bosco fitto, senza luce, con sulle spalle il corpo morto dell’acrobata. Alla fine del cammino nel bosco c’è il vento di primavera. Il vento che scioglie i ghiacci.

La luce delle stelle morte

Nell’opera di Parmiggiani che s’intitola A lume spento, ci colpisce il fatto che c’è una luce che ricopre la parte del volto ma non c’è la sua fonte. Da dove viene questa luce, visto che il lume di fianco al volto è spento? Per leggere quest’opera dobbiamo evocare il fenomeno astrofisico delle stelle morte. La luce delle stelle che noi contempliamo di notte proviene da corpi celesti morti milioni di anni fa. I corpi celesti sono morti ma emanano luce. Il lume sta per le stelle morte, sta a indicare il nostro passato. Qualcosa sempre ritorna dal nostro passato come luce.

A lume spento. Parmiggiani. Luce delle stelle morte
A lume spento. Massimo Parmiggiani, 1986

Non c’è possibilità di ritorno

Il rimpianto è una figura della nostalgia. Rimpiango la forza del mio corpo che non è più quella di quando avevo vent’anni, rimpiango il mio primo amore. Tutto questo mondo è perduto, incenerito, non esiste più. Non c’è ritorno, nemmeno per Ulisse. Se uno legge l’Odissea fino in fondo, sa bene che una volta che torna a casa, la dea gli dice: devi andare a fare un nuovo viaggio. Ha ragione Sartre, non c’è possibilità di ritorno. Quello che è accaduto è irripetibile. Il rimpianto è il tentativo impossibile di restaurare ciò che è stato. Ed è ciò che blocca la vita, che la pietrifica.

Poi abbiamo un’altra nostalgia che è la sola arma che abbiamo contro il potere della morte. Anche la gratitudine, se ci pensate, è un modo diverso di entrare in rapporto al passato. Rimpianto e gratitudine sono due modi di essere eredi del passato. Nel rimpianto noi idealizziamo quello che abbiamo perduto, nella gratitudine diciamo di sì a tutto ciò che è accaduto. Benedico tutto ciò che ho vissuto, il bene e il male, l’incontro buono e l’incontro cattivo. A tutto ciò che ha fatto parte della mia vita dico di sì perché è luce che proviene dalle stelle morte.

La luce delle stelle morte
La luce delle stelle morte

E finisco con un piccolo ricordo personale. Qualcuno di voi avrà letto L’ora di lezione e avrà scoperto la parte finale dedicata alla mia amatissima professoressa Giulia Terzaghi che mi fece incontrare la letteratura, la poesia, in un istituto abbandonato da Dio, nella estrema periferia di Milano, dove c’era droga, criminalità, terrorismo. Arriva questa ragazza di venticinque anni che parla di poeti in classe. Io mi attacco a lei come se fosse un treno in quella stazione deserta di cui parla Binswanger e lei ha cambiato per sempre la mia vita. Quando Giulia è scomparsa, io compivo cinquant’anni e mi ero fatto come regalo di ritrovarla. Erano anni che avevamo interrotto i nostri contatti.

Non la trovavo. Poi ho scoperto che era morta qualche giorno prima. A quel punto mi è tornato alla mente un ricordo. È un ricordo semplicissimo perché la gratitudine non è per i grandi gesti. Esame di maturità, prova scritta di italiano, esce il tema su Giovanni Verga che era uno dei miei autori preferiti, diciamo così. La seconda prova era sull’uso e costumi del letame nell’agricoltura italiana. Per dirvi dove eravamo. Giulia si avvicina con le sue manine bianche, il suo tailleur grigio con la camicia bianca e mi dice una cosa semplicissima: “Massimo, resta lucido”.

Questa frase nella mia vita è stata un talismano. Come l’ho letta? Un adulto che io amavo molto e ammiravo, ricambiato ovviamente, nel nostro strano rapporto platonico molto intenso, mi dice “Resta lucido”. Cioè “Non strafare”, “Devi fare solo ciò che sai fare e quello che sai fare è sufficiente per me”. “Resta lucido” è la formula che mi ha accompagnato in tutti i momenti di difficoltà, come un suono, come una luce che viene da una stella morta.

Tiziana Zita

Tiziana Zita

Se prendessi tutte le parole che ho scritto e le mettessi in fila l'una dopo l'altra, avrei fatto il giro del mondo.

5 commenti

    • Grazie Dianella. E’ vero, a questi incontri non te lo aspetti, ma alla fine, quando si sono accese le luci, la gente aveva gli occhi lucidi…

  1. Complimenti Tiziana per questo bellissimo articolo!hai riassunto splendidamente l’incontro con Recalcati cui avevo assistito poco tempo fa, l’autore fornisce delle chiavi per andare avanti nonostante i piccoli e grandi lutti che accadono nelle nostre vite ,e che tutti abbiamo esperimentato purtroppo.

  2. Parole che danno senso a lutti di piccole e grandi dimensioni, che fanno elaborare il senso del vuoto nella perdita….
    Purtroppo tante analisi le elabori dopo esperienze che hanno rivoltato completamente la vita di chi attraversa momenti di sofferenza Acuta…..
    Il Silenzio, la gioia…….. bellissime analisi che spesso si provano ma che non si riesce a dare parole ….. grazie

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