Il cuore sceglie la sua strada e ignora ferocemente tutto il resto. L’amore non rispetta le intenzioni, né i confini, né i continenti, né i desideri.
Kayte Nunn è una scrittrice di successo. Ha già pubblicato libri che sono arrivati in cima alle classifiche, anche in Italia, come La casa della seta e Le lettere d’amore di Esther Durrant. La figlia del mercante di fiori, edito da Newton Compton, è il suo romanzo di maggior successo.
La scrittrice ha vissuto in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Australia.
L’aver vissuto in più continenti e l’esperienza ventennale da editor, le hanno fornito il bagaglio necessario a diventare un’autrice di romanzi di prim’ordine, affascinanti, ricchi di dettagli e dalle trame accattivanti e articolate.
Leggendo La figlia del mercante di fiori, il lettore viene rapito fin dalle primissime pagine dalle atmosfere e dai paesaggi della Cornovaglia di fine Ottocento.
La protagonista, Elizabeth Trebithick, è figlia di un botanico assai celebre. L’uomo viaggia in lungo e in largo per il mondo, alla ricerca dei più rari esemplari di piante.
Dovrò proprio prestare questo libro a mia madre che è una vera adoratrice di piante e fiori. La cura per le sue “amiche verdi” è incessante, meticolosa e piena di dolcezza. A quarantotto anni, mi rendo conto di quale privilegio sia stato crescere in una casa piena di piante e fiori, con il giardino che sembra un’opera d’arte. Una grande forma di bellezza, di quelle che appagano gli occhi, placano le emozioni negative ed affinano l’animo.
Quando il padre muore, Elizabeth decide di portare a termine l’ultima spedizione che l’uomo aveva programmato. Perché glielo ha promesso e perché, come tutti noi, proseguire un’attività, realizzare il sogno di qualcuno che amiamo e che non c’è più, è un modo per illuderci di averlo ancora con noi.
Elizabeth mantenne un’espressione neutrale, mentre la mente vorticava impazzita. Suo padre le stava davvero affidando quella missione pericolosa, quando soltanto qualche settimana prima si era opposto con tenacia all’idea che lei lo accompagnasse in quel viaggio?
«Ha un nome?», domandò, rapita da quella storia fantastica.
«I nativi chilenos la chiamano Trompeta del Diablo… La tromba del diavolo».
Dalle coste della Cornovaglia nel 1887,
a Sidney, in Australia, nel 2017
Sarà un viaggio pieno di ostacoli che la porterà in Cile, per trovare questa pianta misteriosa e molto velenosa che, se usata impropriamente, causa la morte, mentre usata correttamente, è in grado di guarire qualunque male.
Ma la storia ci spiazza e, dalle coste selvagge, rocciose a precipizio sul mare della Cornovaglia nel 1887, ci trasporta a Sidney, in Australia, nel 2017.
Qui la riflessiva Anna Jenkins, grande conoscitrice di botanica come sua nonna Gussie, durante la ristrutturazione della sua casa, scopre all’interno di un muro, una scatola metallica.
All’interno trova un album con illustrazioni di piante, un’antica foto, un diario, un fiore essiccato e un sacchetto di semi. Decide perciò di studiare quei disegni e di piantare i semi.
Sarà l’inizio di una straordinaria avventura in cui le due protagoniste, Elizabeth e Anna, sembrano assai differenti fra loro e vivono in luoghi e tempi molto diversi.
La prima è coraggiosa, testarda, temeraria, combatte per liberarsi dalle restrizioni che la società le impone. La seconda non ha mai osato valicare i confini già tracciati per lei ed assumere il controllo delle proprie azioni, non è mai uscita dalla sua comfort zone.
Entrambe però, spronate ed eccitate dall’idea di trovare “la tromba del diavolo”, giungeranno a superare limiti e timori, arrivando a scoprire il mondo con i propri occhi.
«Una storia straordinaria, Jenkins. Ma come ha fatto a finire a Sidney, la scatola?» si domandò.
«Non ne ho idea. C’era anche una fotografia che pensiamo sia stata scattata in Cornovaglia. In un posto che si chiama Trebithick Hall. Sulla foto c’è la data del 1886, e molti degli acquerelli sono stati fatti l’anno dopo.»
«Cornovaglia?» Ed parve interessato «Io sono cresciuto là. Sul lato atlantico. Trebithick Hall…» rifletté. «Mi dice vagamente qualcosa. Di sicuro, è un nome tipico della Cornovaglia». […]
Offrì una mano ad Anna e lei l’afferrò: quando si toccarono, sentì una scossa elettrica. Lui la tenne stretta un po’ più a lungo di quanto lei ritenne necessario, poi la liberò dalla sua presa e cominciò a piegare la coperta, mentre Anna raccoglieva gli incarti di tramezzini e le bottiglie vuote.
Nella storia, oltre al mistero, irrompe anche l’amore.
Nulla manca in questa lettura meravigliosa che ci trasporta fuori dal tempo e dallo spazio, per garantirci una nicchia di sospensione dalla quotidianità, offrendoci l’occasione di catapultarci in un mondo pieno d’avventure e di colpi di scena.
L’unica perplessità l’ho provata alla fine che sembra lasciare qualcosa d’incompiuto, di non detto, quasi che Kayte Nunn voglia sorprenderci prossimamente con un sequel.