The Diplomat. La serie di punta su Netflix

The Diplomat. Cronache Letterarie

The Diplomat una screwball comedy tra The West Wings e House of Cards

Con il termine screwball comedy, letteralmente commedia svitata o commedia ad effetto, si indica la commedia romantica cinematografica statunitense degli anni ’30 e dei primi ’40.
Il nome deriva da un termine usato nel baseball – screwball – ovvero una palla a effetto, quindi irregolare e imprevedibile.
La screwball comedy incorpora l’oltraggioso e il grottesco, cercando di spingere i confini dell’umorismo verso nuovi territori.

La protagonista femminile di una screwball comedy che si rispetti, è anticonvenzionale, assertiva, autonoma e articolata, pronta alla guerra dei sessi che spesso è lei stessa a provocare.

Eroine come Lucy Warriner (Irene Dunne) ne L’orribile verità di Leo McCarey, Tracy Lord (Katharine Hepburn) in Scandalo a Filadelfia di George Cukor, o Hildy Johnson (Rosalind Russell) ne La signora del venerdì di Howard Hawks invertono le norme del corteggiamento dominato dagli uomini, agendo sul loro desiderio sessuale. Queste donne dalla parlantina veloce, che spesso lavorano, in un periodo in cui la maggior parte delle donne ancora non lo fa, incarnano i cambiamenti sociali che stanno trasformando i ruoli di genere negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale.

L'orribile verità. Screwball comedy

La coppia, in una screwball comedy, deve esprimere l’attrazione reciproca attraverso l’aggressività. E poi devono esserci i battibecchi e gli insulti, che tanto divertono noi spettatori, e che spesso portano a scontri fisici e a successivi piani di vendetta.
Come spiega Tamar Jeffers McDonald nel suo Romantic Comedy: Boy Meets Girl Meets Genre: l’enfasi “su insulti e violenze di ampia portata, minacciati o messi in atto, è la caratteristica principale della Screwball Comedy”.

È da qui, dalla screwball comedy, che vorrei partire per parlare di The Diplomat, serie Netflix scritta da Debora Cahn.

Alta politica alla Casa Bianca

The Diplomat parla di politica, alta politica, quella che si svolge nei pressi della Casa Bianca, un genere che ha dato alla televisione una grande serie come The West Wing e una meno grande, ma non per questo non importante, come House of Cards.

Partiamo da The West Wing, uno dei capolavori assoluti della serialità moderna. Scritta da Aaron Sorkin e andata in onda dal 1999 al 2006, racconta le storie del Presidente degli Stati Uniti, Josiah “Jed” Bartlet (Martin Sheen) e dei membri del suo staff. È una serie che parla in maniera intelligente, raffinata e colta di politica e di che cosa significhi farla. Ci sono molti dialoghi, secondo alcuni troppi, e poca azione.
In ogni puntata i protagonisti affrontano problemi etici e dilemmi morali che riguardano soprattutto il potere e il suo esercizio, da una prospettiva liberal (Bartlet è democratico, come Aaron Sorkin).

The West Wing

House of Cards è l’esatto contrario. È una serie decisamente più commerciale che non ha le raffinatezze di quella di Sorkin, in cui a prevalere sono gli intrighi di stampo quasi shakespeariano. Qui il Presidente degli Stati uniti si chiama Frank Underwood ed è, contrariamente a Bartlet che rappresenta la guida saggia e il buon padre di famiglia, un gigantesco figlio di puttana.

Anche in The Diplomat c’è un Presidente, si chiama William Rayburn, è interpretato da Michael McKean (il fratello di Jimmy McGill/Saul Goodman in Better call Saul), ma, pur essendo importante nell’economia della serie, non è tra i suoi protagonisti.

La showrunner Debora Cahn

La showrunner è Debora Cahn, che ha scritto, prima di prestare la sua penna a Homeland, anche parecchi episodi proprio di The West Wing.
Si vede.

È dalla serie di Sorkin che arrivano il ritmo e i lunghi dialoghi che costringono lo spettatore a non distrarsi mai e una certa attenzione ai temi etici della politica, mentre è da House of Cards che è mutuato un intrigo politico davvero ben costruito che culmina nell’inaspettato cliffhanger che chiude la prima stagione.

Dalla screwball comedy, e così completiamo il giro dei riferimenti, deriva invece quella sorta di romanticismo guerriero e guerrafondaio che contraddistingue gli scambi verbali – oltre che quelli fisici – tra Kate e suo marito Hal, i due protagonisti.

The Diplomat. Una screwball comedy

Ma veniamo alla storia…

Kate Wyler (Keri Russell), è una diplomatica che ha ricoperto, per anni, l’incarico di vicecapo missione per il marito Hal (Rufus Sewell), un ambasciatore affascinante e influente anche a Washington, caduto in disgrazia dopo avere offeso il Segretario di Stato americano.
Quando la serie inizia, Kate si appresta ad assumere il ruolo di Ambasciatrice americana in Afghanistan, senonché, proprio nelle ore che precedono il suo insediamento a Kabul, l’Iran attacca la portaerei britannica HMS Courageous, mandando all’aria i suoi piani.

Sì, perché, visto che il ruolo di Ambasciatore a Londra è vacante e che, in un momento così delicato, serve assolutamente qualcuno lì a rappresentare il Governo degli Stati Uniti, a Kate viene cambiata la destinazione. In realtà, come scopriremo poi, la nomina a un così alto incarico, ha anche un secondo fine. A causa di uno scandalo, la Vicepresidente americana dovrà presto dimettersi e la Casa Bianca intende “provare” Kate, su un palcoscenico di prestigio, per capire se possa o meno ricoprire quella carica.

Lei è, ovviamente, adatta a qualunque tipo di incarico e/o carica, lo capiamo subito. Il problema è che, anche se lei e Hal stanno ancora insieme, il loro matrimonio è finito a causa delle manipolazioni di lui. Che le è fedele, perfino troppo, ma che non smette mai di tramare alle sue spalle. E capirete bene che un divorzio mal si confarebbe a una Vicepresidente.

The Diplomat. Screwball comedy

Hal, a Londra, dovrebbe limitarsi a interpretare il ruolo della “moglie dell’ambasciatore”, cosa che, ovviamente, non farà, tanto più che lui, contrariamente a Kate, conosce il vero motivo per cui la moglie è stata mandata In Inghilterra e trama, senza fermarsi un attimo, affinché:

  1. Lei ci ripensi e decida di non divorziare più da lui.
  2. Lei possa ottenere il posto di Vicepresidente.
  3. Lui…

No, questo non ve lo dico, per non rovinarvi la sorpresa.

Le scene tra i due coniugi sono tutte ben scritte dalla Cahn e da suoi sceneggiatori, quasi sempre in una chiave brillante, da screwball comedy. Perché se è vero che Hal è una sorta di spina nel fianco di Kate, è comunque anche la sua forza: malgrado il loro matrimonio sia in crisi e passino più tempo a litigare che ad amarsi, sono una coppia molto unita. E anche se Kate non si fida per nulla del marito, finisce comunque per ascoltare (quasi) sempre i suoi consigli.

La guerra tra i sessi in The Diplomat è tra una donna efficiente e implacabile (Kate) e un egomaniaco che non può fare a meno di stare al centro dell’attenzione (altro che “la moglie dell’ambasciatore”).
Il divertimento è ovviamente assicurato.

Se l’incidente scatenante, il modo in cui Kate arriva a Londra è talmente tirato per i capelli da rischiare di far scricchiolare, fin dai primi minuti, il famoso patto con lo spettatore, una volta che la coppia giunge in Inghilterra, la serie inizia ad ingranare (vedi qui il trailer).

The Diplomat. screwball comedy

Il cast

Keri Russell (The Americans) e Rufus Sewell (L’uomo nell’alto castello) sono fantastici e hanno una chimica pazzesca. Sono credibili sia quando si amano o si riconciliano che nel momento in cui, in una delle scene più divertenti dell’intera annata televisiva 2022-23, si azzuffano su un prato mentre all’interno della residenza del Ministro degli Esteri si discute se scatenare o meno la guerra contro i responsabili dell’affondamento della nave inglese.

Anche il cast di contorno è all’altezza. Ato Essandoh nel ruolo di Stuart Heyford, capo missione, e Ali Ahn in quello di Eidra Park, capo stazione della CIA, sono molto credibili mentre cercano di nascondere a tutti la loro relazione. Così come lo è David Gyasi nel ruolo del Ministro degli Esteri Inglese, Austin Dennison, che costituisce l’interesse amoroso di Kate, il terzo lato di un triangolo che in questa prima stagione inizia ad intravedersi chiaramente.

Il Premier inglese di Black Mirror

Rory Kinnear

E poi c’è Rory Kinnear che interpreta il Primo Ministro Britannico, Nicol Trowbridge, su cui vorrei spendere le ultime parole di questa mia recensione.
Quella di Kinnear è la scelta più folle e insieme geniale fatta dalla Cahn. È spiazzante, ma efficace anche per quello che si porta dietro. Perché l’attore inglese, il ruolo del Premier inglese lo ha già interpretato nel primo episodio di Black Mirror, Messaggio al Primo Ministro: un vertice assoluto nella televisione del secondo millennio.
Ve lo ricordate?

Un gruppo di terroristi aveva rapito la Principessa del Galles e, per liberarla, chiedeva che il Primo Ministro Michael Callow (Rory Kinner, appunto) si accoppiasse in diretta televisiva con un maiale. Alla fine, lui lo faceva in una scena straziante come poche, che ridicolizzava ogni tipo di potere e potente di questa terra.

Ovviamente, la scelta dell’attore per interpretare un ruolo analogo non è casuale, il portato di Kinnear pesa e regala, a un personaggio tronfio, non troppo intelligente ma molto scaltro e decisamente ambiguo, un surplus di ridicolo. Perché è impossibile non associare il nostro Nicol Trowbridge al Michael Callow di Black Mirror, il Primo Ministro inglese che faceva sesso con un maiale in diretta televisiva davanti a più di un miliardo di persone.

Stefano Piani

Stefano Piani

Romagnolo di nascita, ho vissuto per oltre 20 anni a Milano e una decina a Roma, prima di “perdermi” tra la riviera romagnola e l’Abruzzo. Faccio lo sceneggiatore da quasi 30 anni: fumetti - molti, più di 200 storie scritte per la “Sergio Bonelli Editore” - televisione e cinema.
Mi piacciono i polizieschi, i cani e organizzare strambi tornei su Facebook… oltre a qualche altro milione di cose.

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