
Quindi la famigerata crisi del cinema non è una crisi degli spettatori? L’edizione 80 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si è chiusa sabato 9 settembre segnando un sostanzioso +17% di ingressi rispetto al 2022.
Praticamente senza star internazionali sul red carpet, trattenute dallo sciopero che sta scuotendo il cuore di Hollywood, quello indetto dal sindacato degli sceneggiatori e poi da quello degli attori. I pochi che hanno sfilato lo hanno fatto perché la battaglia dei sindacati è contro le major, i conglomerati produttivi a loro volta riuniti in una lobby potentissima.

Grandi e piccole produzioni
Le produzioni indipendenti hanno quindi potuto stipulare accordi separati, e gli attori coinvolti ne hanno approfittato per dare ulteriore visibilità alla loro causa. Ma, e questo è un dato che fa riflettere, anche lo scontro fra sindacati e lobby non è stato abbastanza da allontanare gli spettatori dalle sale. Perché a Venezia sono stati comunque presentati anche i grandi film, a maggior ragione visto che il festival si è dimostrato negli ultimi anni il vero kingmaker, capace di incoronare i futuri vincitori dei maggiori premi internazionali.

E sono stati, come sempre, presentati anche film meno di richiamo: produzioni indipendenti, lungometraggi di grandi maestri internazionali conosciuti più dai critici che dal grande pubblico, opere prime, film con tematiche spinose. E le sale erano ugualmente piene. Non solo di accreditati o addetti ai lavori, ma anche di tanti spettatori “comuni”, più o meno appassionati.
C’è chi è venuto per provare il brivido di vedere un film al festival, chi ama un attore o un regista in particolare, chi, come tanti ragazzi, vuole vedere qualcosa di diverso e magari capire se il cinema può rappresentare un futuro professionale. C’è anche chi ama il cinema e basta. E forse chi dalle tante piattaforme di streaming, più volte imputate di rappresentare una grave minaccia alle sale cinematografiche, ha imparato ad affinare il gusto. Chi, insomma, non ne può più di film concepiti a tavolino seguendo un algoritmo. Perché tutti prima o poi si stufano di vedere sempre la stessa storia con minimi cambiamenti di ambientazione e interpreti. E accorrono invece numerosi dove c’è un’idea originale, o un’impronta artistica forte, messe al servizio di temi importanti e dal valore umano. Com’è stato quest’estate con la regina e il re dei botteghini, Barbie e Oppenheimer.

Le arene estive hanno registrato il tutto esaurito
Le arene estive sono state sempre piene, grazie a programmazioni intelligenti e meditate, e spazi di incontro e approfondimento (una per tutte: il Cinema in Piazza, curata su tre schermi in tre diverse zone di Roma dai ragazzi del Cinema America). Quindi, come si diceva in apertura, viene il sospetto che questa crisi sempre paventata, alla fine sia la crisi di un certo tipo di produzione e distribuzione, che forse vanno ripensate a favore di una diversificazione non di forma ma di sostanza. A favore di un ritorno alla rappresentazione di storie vere, profonde, che tocchino temi anche scottanti di attualità.

I premi di Venezia 2023
Quest’anno a Venezia di film così ce n’erano molti e hanno fatto incetta di premi e recensioni positive. Da Povere creature di Yorgos Lanthimos (Leone d’Oro) a Io capitano di Matteo Garrone (Leone d’Argento – Premio Speciale per la regia), a Green Border di Agnieszka Holland (Premio speciale della Giuria), passando per Origin di Ava DuVernay, ci si è posti di fronte al dramma delle disuguaglianze e delle migrazioni, viste attraverso gli occhi di chi le vive sulla propria pelle.
Sguardi più intimi ma che riflettono un generale senso di smarrimento sono quelli di Memory di Michel Franco (Coppa Volpi per l’interpretazione maschile a Peter Sarsgaard) e Hors-Saison di Stéphane Brizé. Mentre Bill e Turner Ross con Gasoline Rainbow inscenano una straordinaria raffigurazione del passaggio da adolescenza ad età adulta.

Non sono mancati i ritratti, come Maestro di Bradley Cooper, biopic su Leonard Bernstein, o Ferrari di Michael Mann, mentre nel corto This is How a Child Becomes a Poet, Céline Sciamma tratteggia uno schizzo della poetessa Patrizia Cavalli partendo dalla sua casa ormai vuota.
Spazio, poco ma buono, anche per la commedia, come Hit Man di Richard Linklater, trionfo di humor nero, e il surreale Daaaaaalì! di Quentin Dupieux.
Insomma, un’edizione ricca di spunti e che conferma la sua vocazione di portavoce delle istanze più profonde e vere della società, in linea o addirittura in anticipo sullo spirito dei tempi. E che testimonia di un cinema ancora capace di attirare persone in sala, quando si ha il coraggio di osare e investire fuori dagli schemi, purché spinti da un’esigenza espressiva forte e autentica.
Finchè il cinema sarà vitale e ci saranno persone appassionate che si lasciano prendere dalla magia dei film leggeremo articoli intelligenti e di ampia visione come questo ! WW il CINEMA
Grazie mille e si…W il cinema!