Serie Tv: Les papillons noirs

“La nuit, tous les chagrins se grisent
De tout son cœur on aimerait
Que disparaissent à jamais les papillons noirs”.
Les papillons noirs. Testo e musica di Serge Gainsbourg

È difficile orientarsi nel mare magnum delle offerte di una piattaforma come Netflix e il rischio che si corre è perdersi ottime serie o film a favore di prodotti ben più mediocri che uno guarda soltanto perché gli sono stati consigliati dal maledetto algoritmo.

Les papillons noirs, 6 episodi
Netflix e Arte

A Les papillons noirs, serie in sei puntate prodotta da Netflix insieme alla francese Arte e scritta da Bruno Merle e Olivier Abbou, sono arrivato per caso. Non fidandomi degli algoritmi, con cui ho un pessimo rapporto fin dalle scuole superiori, spesso navigo all’interno delle pagine della piattaforma in cerca di non-so-nemmeno-io-bene-cosa.

Nel caso di Les papillon noirs, a colpirmi è stato il breve riassunto della trama, incredibilmente simile a un soggetto che avevo scritto una decina di anni fa.
Il protagonista si chiamava Giona ed era un aspirante scrittore che, essendo senza lavoro e non riuscendo a far pubblicare il suo primo libro, si inventava una professione nuova: quello di “biografo su commissione”.

Il biografo su commissione

“Ci sono così tante vite che non sono state mai narrate e così tante storie che sono andate perse, ed è necessario”, così scriveva Giona per pubblicizzare la propria attività, “che qualcuno le racconti”.
Chi voleva pubblicare la propria autobiografia, lo chiamava e lui provvedeva a tutto: a registrare il racconto del cliente, a trasferirlo su carta e a stampare il libro finito nel numero di copie stabilito.

Les papillons noirs. Lo scrittore
Nicolas Duvauchelle è Adrien Winckler, alias Mody, il romanziere

Assunto da un vecchio su una sedia a rotelle, Giona capiva, mentre lui raccontava la sua vita, di trovarsi davanti al serial killer responsabile di una serie di delitti che, una quarantina di anni prima, avevano insanguinato Roma.
Il problema per lo scrittore era che, nel momento in cui il vecchio iniziava a raccontare, i vecchi delitti riprendevano.

Per quanto ci avessi lavorato su non ero riuscito a chiudere la storia in una maniera che mi convincesse e quindi, ad un certo punto, avevo deciso di lasciare perdere.
L’idea ha continuato comunque a frullarmi in testa, quindi immaginate la mia reazione quando, poche settimane fa, ho scoperto che su Netflix c’era una serie francese che raccontava esattamente la stessa storia.
Oltre che per la curiosità, ho deciso di guardarla anche per capire come gli sceneggiatori francesi avessero risolto i problemi che, dieci anni pria, si erano presentati a me. E devo dire che lo hanno fatto in maniera brillante, molto meglio di come avrei potuto farlo io.

Un romanziere parigino di talento

Adrien Winckler (Nicolas Duvauchelle), alias Mody, è un romanziere parigino di talento che, dopo un primo romanzo fortemente autobiografico e di successo, è rimasto a corto di ispirazione.
Per guadagnarsi da vivere, scrive biografie su commissione.
Viene contattato da Albert Desiderio (uno straordinario Niels Arestrup), un vecchio e solitario parrucchiere in pensione che vuole raccontargli e rendere pubblica la sua storia d’amore con Solange, la moglie scomparsa da tempo.

Gli anni ’70

Albert ha un’urgenza nel parlare di se stesso, della sua vita e del suo rapporto con la donna che amava e che conosce fin da quando entrambi erano bambini.
Come apprendiamo a mano a mano che il racconto del vecchio prosegue, lui e Solange (Alyzée Costes), negli anni ’70 hanno ucciso numerose persone, insanguinando la Provenza e la costa sud della Francia.

Quello che inizialmente era un lavoro noioso, si trasforma per Adrien in una fantastica opportunità letteraria. Affascinato da Albert, lo scrittore si addentra gradualmente nella sua psiche, risvegliando i demoni e i ricordi repressi della propria infanzia, segnata da un padre morto prematuramente e in maniera “misteriosa” e da una madre assente: sono queste, le “farfalle nere” del titolo, quelle che si vorrebbe che sparissero per sempre, come dice la canzone di Gainsbourg.

Come scopriremo poi, Albert non ha scelto Adrien come suo biografo per caso. Tra il figlio in cerca di un padre e il vecchio che non ha mai voluto un figlio si sviluppa un rapporto problematico, che…
E qui mi fermo perché sarebbe un delitto spoilerare troppo.

les papillons noirs. Cronache Letterarie

Non è un semplice giallo

In superficie, Les papillons noirs potrebbe apparire come un semplice giallo, se vogliamo perfino banale: una storia di serial killer come tante. E lo è, almeno fino a quando i due autori non decidono di cambiare registro e di spostare la vicenda anche su un piano metaletterario. È a questo punto che Les papillons noirs si libera dal bozzolo in cui sembrava imprigionato, per trasformarsi in una farfalla nera. Ovvero in un thriller solidissimo e sorprendentemente oscuro che parla di realtà e finzione, creatività e morte in maniera assolutamente originale e brillante.

Il duello Arestrup-Duvauchelle, i due straordinari attori protagonisti, ricorda un po’, almeno all’inizio, quello tra Clarice Starling e il dottor Lecter ne Il silenzio degli innocenti, e funziona perfettamente: cupi e tormentati, i due uomini condividono ben più di qualche storia “letteraria”.

Duvauchelle e Arestrup interpretano i due protagonisti

I creatori della serie

I creatori, Bruno Merle e Olivier Abbou, uniscono abilmente, attraverso le vite di Adrien e Albert, i fili di un mistero che, come in ogni giallo che si rispetti, sarà interamente svelato solo alla fine, dopo una notevole serie di colpi di scena, di cambi di prospettiva e di domande che chi guarda continua a farsi per tutta la durata della serie: Chi sono i carnefici e chi le vittime? Chi mente e chi dice la verità? Chi si approfitta di chi?

Inquietante, cruda e insolitamente violenta, Les papillons noirs è la classica serie che non ti aspetti. Olivier Abbou, che oltre ad averla co-scritta, l’ha anche diretta, è molto bravo anche a ricostruire l’atmosfera degli anni ’70. Li riviviamo in flashback attraverso i racconti di Albert che omaggiano i gialli di Bava e Argento, coniugando in maniera mirabile, citazionismo, thriller, horror e sessualità.

Un’ultima curiosità

Il libro scritto dal personaggio di Adrien, firmato, Mody – lo pseudonimo letterario usato dallo scrittore – e intitolato Les papillons noirs, è uscito fisicamente in Francia e lo si può trovare nelle librerie con tanto di copertina gialla, la stessa che si vede nella serie. La trovata è che se la si toglie, appare un’altra copertina, stesso disegno, ma nera, con in calce il nome del vero autore del romanzo: Gabriel Katz.

La cartella stampa avverte che: “Les papillons noirs vi offrirà una visione degli eventi che potrebbe anche contraddire quello che avete visto su Netflix”.
Geniale.

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Stefano Piani

Stefano Piani

Romagnolo di nascita, ho vissuto per oltre 20 anni a Milano e una decina a Roma, prima di “perdermi” tra la riviera romagnola e l’Abruzzo. Faccio lo sceneggiatore da quasi 30 anni: fumetti - molti, più di 200 storie scritte per la “Sergio Bonelli Editore” - televisione e cinema.
Mi piacciono i polizieschi, i cani e organizzare strambi tornei su Facebook… oltre a qualche altro milione di cose.

Un commento

  1. Una serie che raccomando di non vedere. Parla di una coppia di schizzati, Albert e Solange, che vanno in giro per tutta la Francia ad ammazzare gente senza guadagnarci nulla, per il puro piacere di uccidere. Il solo scopo di tutto questo intreccio è…lo scòpo, ovvero proporre una serie di scopate riuscite o tentate, senza alcun senso. Comprese quelle dello scrittore che dovrebbe concretizzare la biografia dello schizzato Albert, ormai anziano, malato e solitario. Ci sono poi i soliti chichè: Primo, il cattivo della storia, guarda caso, ha sempre un cognome italiano nelle storie francesi, Desiderio in questo caso.
    Secondo, il poliziotti, ovvero la gendarmerie, sono dei deficienti incapaci. Vedi l’ispettore che prende una cantonata incredibile quando scambia la coppia di autostoppisti per aggressori quando invece sono le vittime, e quel poliziotto con i capelli già brizzolati, che dopo anni ed anni di ricerche, avendo costruito un archivio personale, riesce finalmente a ricostruire la residenza dell’anziano Albert sperduta nella campagna, entra dentro pistola in pugno, lo stende con una botta in testa in cucina e poi che fa? Lo finisce? Lo arresta? No! Entra nella sala, afferra una bottiglia di whisky, se la scola per bene e quando rientra in cucina viene assalito da dietro dal vecchio Albert che lo uccide. Un poliziotto con anni di anzianità non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere.
    Albert, un uomo ormai vecchio, dal corpo completamente decadente, che fino a ieri era su un letto di rianimazione in ospedale, dopo aver ricevuto una botta in testa da stenderlo, e dopo aver battuto la nuca sul pavimento della cucina, pensate sia in coma? No! Iin pochi minuti è riuscito a rialzarsi, afferrare un pesante oggetto contundente, sorprendere il poliziotto con un attacco alle spalle così violento da ucciderlo. Non è credibile il poliziotto, non è credibile il vecchio Albert, non è credibile la sequenza. Ed infine non è credibile neanche Nicolas Duvauchelle che con quel nasino delicatissimo pretende di aver partecipato ai violentissimi combattimenti thailandesi, dove prima o poi dovrebbero avergli spaccato il naso più di una volta.
    Tutta la storia sembra una scusa per una galleria di scopate senza senso: Bonnie & Clyde almeno avevano un senso: rapinare, fare soldi, diventare ricchi senza lavorare.
    Ho resistito due episodi, ma a metà del terzo ho mollato.

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