E quel corvo senza un volo siede ancora, siede ancora
Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.
E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante
E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.
E l’anima mia dall’ombra che galleggia sul pavimento
Non si solleverà mai più.Edgar Allan Poe: Il corvo (traduzione di Maurizio Cucchi)
Mike Flanagan
e alcune delle migliori serie degli ultimi anni
Negli ultimi cinque anni, il regista Mike Flanagan (Oculus– Il riflesso del male, Il gioco di Gerald, Doctor Sleep), ha regalato a Netflix e a noi telespettatori cinque tra le migliori serie e miniserie apparse sulla piattaforma:
Hill House, tratta da: L’incubo di Hill House di Shirley Jackson (voto: 8);
Giro di vite, dal romanzo di Henry James (voto: 6);
Midnight Mass, l’unica a non essere stata presa da un testo letterario (voto: 7);
The Midnight Club, dal libro di Christopher Pike (voto: 6), l’unica che avrà altre stagioni, sia pure senza Flanagan.
Infine, c’è quella di cui parliamo oggi, uscita il 13 ottobre scorso, La caduta della casa degli Usher. E’ tratta, non soltanto dal racconto omonimo, ma dall’opera omnia di Edgar Allan Poe ed è di gran lunga la migliore del lotto (voto: 9).
Lo è per la storia, certo, raffinata, tesa e orchestrata benissimo che celebra, rimanendogli estremamente fedele, Edgar Allan Poe. Lo è per le continue citazioni, anche strutturali e filosofiche, che rimandano non solo alle opere dello scrittore di Boston, ma ai migliori (o peggiori, è sempre una questione di punti di vista) libri, film e fumetti horror della nostra vita.
Le fantasiose e terribili morti dei membri della famiglia Usher, per esempio, devono molto, oltre che ai racconti di Poe per l’iconografia omicidiaria, a quel capolavoro che è L’abominevole dottor Phibes di Robert Fuest, con Vincent Price protagonista. Vincent Price, non solo è stato in assoluto l’attore che ha interpretato il maggior numero di film tratti da Edgar Allan Poe (a partire dal ciclo di Roger Corman), ma è anche l’ispiratore del look di Roderick Usher nella serie di Flanagan.
A caccia di easter egg
A mettersi a caccia di tutti gli easter egg presenti in questi otto episodi, ci sarebbe veramente da farsi venire il mal di testa, quindi non lo farò. Ci hanno già provato in molti, basta cercare in rete.
Il più curioso che ho letto riguarda il personaggio di Verna che, nel terzo episodio, assume l’identità di Pamela Clemm (il riferimento qui è a Virginia Eliza, la moglie di Poe, che di cognome faceva proprio Clemm). Sulla patente, che vediamo inquadrata si legge, oltre al nome, anche un indirizzo: Reynolds Street. “Reynolds” è stata l’ultima parola pronunciata, anzi gridata da Poe subito prima di spirare. Nessuno ha mai saputo chi fosse costui né perché lo scrittore lo avesse chiamato.
La caduta della casa degli Usher
La trama in breve
I fratelli Roderick (Bruce Greenwood) e Madelein Usher (Mary McDonnell) sono rispettivamente il CEO e il COO della Fortunato Pharmaceuticals, una grossa e potente multinazionale farmaceutica il cui prodotto di punta, il Ligodone, è un oppioide che avrebbe dovuto far passare il dolore senza effetti collaterali, mentre ha causato centinaia di migliaia di dipendenze e di morti.
Roderick ha sei figli, tutti insopportabili, crudeli ed egoisti, che trattano gli altri come mezzi per raggiungere i loro scopi. Due li ha fatti con l’unica moglie che abbia mai avuto, Annabel Lee, gli altri con quattro donne diverse. Ha anche una nipote, Lenore – il nome non è casuale, in questa miniserie niente lo è – l’unica Usher, oltre alla sorella, che Roderick ami veramente. Madeleine invece non ha nessun discendente.
A causa del Ligodone, la famiglia Usher è sotto processo.
Per Roderick e Madeleine, il farmaco non crea alcuna dipendenza e non è dannoso, esattamente la stessa linea di difesa seguita, nella realtà, dalla famiglia Sackler, produttrice dell’OxyContin, il principale responsabile della cosiddetta crisi degli oppioidi che colpì gli Stati Uniti alla fine degli anni ’90 (leggi anche qui).
Il Procuratore che si occupa del caso si chiama Auguste Dupin (Carl Lumbly) e con i fratelli Usher ha un conto in sospeso che risale a molti anni prima.
La serie si apre nella vecchia casa degli Usher dove Roderick ha convocato proprio Dupin per confessare – a lui e a noi che rivedremo la sua intera vita in flashback – i propri crimini.
Questi flashback si snodano su due piani temporali differenti. Il passato remoto, che racconta come Frederick e la sorella si siano fatti strada con ogni mezzo possibile all’interno della Fortunato Pharmaceuticals per arrivare ai vertici dell’azienda. E il passato più prossimo, che si incarica di mostrarci le tragiche morti dei sei figli dell’uomo: uno per episodio, a partire dal secondo. Il modo in cui moriranno è, in qualche maniera, spoilerato dai titoli dei vari episodi, cosa che provoca un particolare godimento ai fan di Poe: La maschera della morte rossa, I delitti della Rue Morgue, Il gatto nero, Il cuore rivelatore, Lo scarabeo d’oro e Il pozzo e il pendolo (si trovano tutti ne I racconti di E.A.Poe).
A proposito dei rimandi a Poe, è interessante notare come la palette cromatica attribuita a ciascuno dei fratelli e a Lenore, rimandi direttamente ai sette colori che troviamo nel racconto La maschera della morte rossa. Lì, principe Prospero si apparta con 1000 dei suoi amici più cari nel suo castello fortificato mentre la peste devasta il mondo esterno. Il castello presenta varie stanze, ognuna delle quali è di un colore preciso.
Nel racconto, i colori sono fortemente simbolici e rappresentano il caos: lo stesso che, nella miniserie, governa il rapporto tra i personaggi.
Mi spiego. Lo scrittore usa tutti i colori del prisma newtoniano, ma li riorganizza fuori sequenza, come per assicurarsi che nessuno di essi possa fondersi armoniosamente con quelli adiacenti. Si crea così una successione sgargiante di toni e tinte. Lo shock ottico che ne risulta è tanto più efficace perché il lettore “vede” questi colori in un costante movimento riflettente, a causa delle fiamme che gettano una luce tremolante dal corridoio, attraverso la finestra oscurata che si trova in ognuna delle stanze.
Il corvo
Ma torniamo a noi.
Il titolo dell’ottavo e ultimo episodio, Il corvo, riprende idealmente il titolo del primo, Una tetra mezzanotte, un verso tratto appunto dalla poesia Il corvo (Once upon a midnight dreary, while I pondered, weak and weary) che dona alla miniserie una invidiabile circolarità.
Anche se La caduta della casa degli Usher si intitola come il più famoso dei racconti di Poe, il vero cuore (rivelatore), la chiave del mistero, si trova nella poesia Il corvo. E non è un caso, a proposito di easter egg – i contenuti nascosti che avevo promesso di non rivelare – che la cattiva, interpretata da una clamorosa Carla Cugino, si chiami Verna che, di Raven (titolo in lingua originale della poesia) è l’anagramma.
Poe l’ha scritta all’inizio del 1845 e pubblicata il 29 gennaio di quello stesso anno sul New York Evening Mirror e poi, di lì a qualche mese, nella raccolta Il corvo e altre poesie.
Racconta di un corvo che è sfuggito alla custodia del suo padrone e che viene spinto dalla violenza della tempesta, allo scoccare di una tetra mezzanotte, a cercare ospitalità in una casa dove, a una finestra, brilla ancora una luce. Entra così nella stanza uno studente, occupato a sfogliare un libro e, allo stesso tempo, a rimpiangere la sua Lenore, la donna che amava e che è morta.
Nevermore
L’unica parola che il corvo conosce, e che pronuncia più volte per rispondere a tutte le domande che gli pone lo studente è Nevermore, mai più.
Alcuni critici hanno visto in Lenore, Sarah Elmira Royster, il grande amore giovanile di Poe che gli era stato strappato via non dalla morte, ma da un matrimonio organizzato dal padre di lei. Altri hanno interpretato questo personaggio come un simbolo di quell’impulso creativo che, raro e prezioso viene troppo facilmente perso.
Per Roderick Usher nella miniserie di Flanagan, il Corvo, ovvero Verna, rappresenta invece la morte e il destino, ma anche il diavolo venuto a riscuotere il saldo del patto stretto con lui.
Mike Flanagan approfondisce i temi di Poe, rendendoli incredibilmente moderni, e insieme imbastisce una critica feroce contro lo sfruttamento capitalistico e l’assenza di conseguenze per le azioni criminali dei ricchi.
Alla fine, al di là dei riferimenti letterari e della bontà del tutto, La caduta della casa degli Usher si fa notare anche per essere una versione perversa, dark e molto meno noiosa, di Succession, una delle serie più ripetitive e (dopo avere visto la quarta, bruttissima stagione) decisamente più sopravvalutate degli ultimi anni.