La vicenda di Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo, romanzo d’esordio di Giorgio Benedetto Scalia, si svolge probabilmente negli anni Sessanta, nel piccolo universo della Vucciria, l’assordante mercato palermitano, noto per i colori, i profumi e, soprattutto, per la teatralità delle voci e dei richiami che avvolgono, in un bozzolo sonoro, il visitatore.
Il fumo denso della stigghiola annebbia il cielo, insieme al vapore del polpo bollito, che sale da grossi pentoloni di rame, poi lo sfrigolio di panelle e crocchè e il borbottio della milza che affoga nella sugna […] Ma il vero protagonista della Vucciria è il blu argentino del pescato col suo aroma d’acqua salmastra. A ridosso di una piccola fontana si riparano, sotto i portici, i banchi del pesce. Calamari, sarde, frutti di mare, pesce spada e crostacei riposano sui loro feretri di ghiaccio […] E in mezzo a questa confusione di odori e colori stordenti, da più di vent’anni, Saro Scordia cantava per celebrare la bontà del pesce della sua bancarella o, come si dice a Palermo, abbanniava: ”Sarde fresche! Sarde belle!”
Il protagonista, un pescivendolo della Vucciria
Saro è un pescivendolo ultraquarantenne della Vucciria, che conduce una vita malinconica di quieta disperazione. La vicenda, a tratti surreale, è pervasa di Sicilia, con la sua carica vitale, la sua lingua espressiva, con le pratiche popolari e i suoi tabù. Si snoda attraverso squarci coloriti della vita del protagonista e del suo mondo ancora intriso di superstizione. Il pescivendolo è stato cresciuto da nonna Anna, parrucchiera in casa e con lei ha vissuto sempre, prendendosi cura della malattia che l’ha condotta alla morte. Della nonna ricorda e rispetta puntigliosamente tutti gli insegnamenti e i consigli di vita:
Ai cristiani un ci piaci essere pigghiati p’u culu, pure si u fai pi iddi. Piensaci bieddu ra nonna.
Esegue con precisione le sue ricette culinarie, prima fra tutte la pasta cu u maccu ma, soprattutto, si affida fiducioso alle pozioni “magiche” per la cura dei suoi capelli ai quali dedica più di un’ora del suo tempo, ogni mattina.
Poi strizzò la chioma e passò allo shampoo. Ne usava uno fatto in casa. La ricetta dello shampoo gliel’aveva tramandata nonna Anna: un cucchiaio di bicarbonato, due cucchiai di acqua tiepida e un po’ d’olio essenziale di rosmarino, ottimo per inscurire i capelli e prevenire quelli bianchi. Era questo il segreto della nonna, che a sessant’anni aveva ancora una lunga treccia di capelli neri, proprio come nella foto da ragazza sopra al comò. “Allìsciami i capìddi, a nonna, che sugnu stanca”. Glielo chiedeva quasi tutte le sere e lui non mancò di farlo nemmeno una volta.
Un brav’uomo mite, inerte di fronte agli eventi
Saruzzo è un brav’uomo, mite, di una ingenuità disarmante al punto da apparire inerte di fronte agli eventi. Il lettore empatizza fin dalle prime pagine con i suoi difetti e con la sua umanità.
Questa si esprime attraverso i piccoli rituali rassicuranti della quotidianità, la paura ossessiva di dover rinunciare a ciò che di importante possiede e l’abissale disperazione se la perdita si materializza. Succube di una sola vanità, cura in maniera maniacale ciò che ritiene essere l’unica sua grande ricchezza: una superba e ineguagliabile chioma corvina, fluente e setosa. Il suo patrimonio.
Non regge al confronto neppure l’indispensabile lapìno. Si stratta dello sgangherato Apecar, un prolungamento del tradizionale carretto siciliano con cui raggiunge prima dell’alba il mercato del pesce all’ingrosso e poi la sua bancarella.
Nella monotonia di un tran-tran mediocre e statico esplode l’evento traumatico che sconvolgerà la vita del pescivendolo. Subisce l’attacco paradossale di una candida colomba che si attacca ostinatamente al suo cuoio capelluto e gli strappa una grossa ciocca di capelli. La caduta dei capelli diventa inarrestabile e il pescivendolo perde in pochi giorni la splendida capigliatura. Per uno scherzo della natura acquista, agli occhi della gente e contro il suo volere, l’aureola di santo. La calvizie, infatti, mette in luce sulla nuca di Saro un angioma dalla curiosa forma di un volto che raffigurerebbe l’effigie di Cristo. Il popolino grida al miracolo e don Diego, il parroco maneggione del quartiere, circuirà Saro e lo indottrinerà per fargli accettare il ruolo di santo e fargli compiere miracoli, traendone bei pìccioli per la sua chiesa e pane e pesci per il santo.
La sua vita diventa allora un martirio, schiacciato fra la vergogna che prova per la sua calvizie, le suppliche incalzanti di chi invoca il suo aiuto e vuole toccare per devozione il suo angioma, l’avidità di chi vuole sfruttarlo e il dolore infinito per la perdita dei capelli.
“Hai visto quanti sono? Dobbiamo metterci subito al lavoro. Se non glielo fai tu il miracolo, chi glielo fa a ‘sti disgraziati? Che dici, vado al portone e gli dico di mettersi in fila?
[…] Quante saranno state le persone che occupavano la via di casa sua? Migliaia? E ognuna di loro avrebbe voluto vedergli e toccargli la testa […] e gli si accapponò la pelle del collo al pensiero.
I miracoli
La storia si sviluppa in maniera paradossale ed esilarante. Il protagonista incontra personaggi importanti e compie tanti “miracoli”. Ma Saro diventa, egli stesso, un miracolo!
Accetta la calvizie e si mostra in pubblico senza vergognarsene. Programma finanche di cambiare vita per il sentimento tenerissimo e inspiegabile che prova, per la prima volta in quarant’anni, per una persona diversa da sua nonna. Si tratta di Meri, la malata oncologica che lui vorrebbe a tutti i costi far guarire. La guarigione di Meri diventa la sfida della sua vita, per la quale sarebbe pronto a rinunciare anche alla possibilità, che si profila all’orizzonte, di veder ricrescere la sua chioma.
Il buon cuore e l’ingenuità di Saro si incontra con la fede semplice di chi non si vergogna di nutrire speranze e crede nel miracolo. Egli comprende che le persone hanno bisogno di sperare e che miracolo è anche il prendersi cura dell’altro, con una buona parola, un consiglio semplice e di buon senso, con l’ascolto e l’accoglienza. Accetta di fare il santo finché la candida colomba, comparsa all’inizio della storia, non ritorna sulla scena e porta a compimento un ciclo. Il cattivo viene punito ma il cerchio si stringe intorno alla povera vita del protagonista che si ritroverà per qualche tempo, in effigie di santino, sulle immaginette esposte nella Vucciria.
Saro, infatti, assurge al culto di santino proprio quando il suo potere miracoloso verrà meno. È un perdente ma conserva tutta la purezza genuina e la dignità del suo essere.
Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo
Pubblicato da Pessime idee, Vita e martirio di Saro Scordia offre una storia stratificata con molteplici livelli di lettura e significati, infatti il racconto è un gioco di specchi. È stato definito anche una laica parabola evangelica. Il sacro, che appare a prima vista trattato in forma caricaturale, è rappresentato come una lente di ingrandimento del mistico e della superstizione che spesso porta con sé.
La storia è divertentissima e si leggerebbe tutta d’un fiato se non fosse necessario fare numerose pause di riflessione e di ricerca per interpretare i dialoghi. Questi sono quasi tutti in un siciliano più o meno marcato, secondo l’estrazione sociale dei personaggi. Il glossario del libro non aiuta molto, perché esiguo. Analoghi problemi si hanno con il traduttore online. Un importante escamotage è dare la giusta accentazione alle parole e ritmo alla frase. Sarà di grande aiuto per la comprensione, perciò tendere l’orecchio alla eco, musicale e indolente, della voce di Camilleri, o alle celebri battute della serie televisiva Il commissario Montalbano.
L’autore
Giorgio Benedetto Scalia è scrittore, regista e sceneggiatore palermitano. Scrive per numerose riviste letterarie. Ha ottenuto la Menzione speciale della Giuria al Premio Italo Calvino. È stato finalista al concorso Premio inedito Colline di Torino.
In ultima analisi Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo di Giorgio Benedetto Scalia è un libro ben scritto e piacevole da leggere. Fresco come un lungo sorso d’acqua in una giornata di caldo intenso.
Salve Anna!
Mi ha intrappolato la tua presentazione del libro di Giorgio Benedetto ‘Vita e martirio di Sarò Scordia, pescivendolo’.
È interessante e particolare, un mondo da vivere per mezzo della sua scrittura.
Moto interessante!
Grazie, buona lettura, Silvia!