Continua il nostro giro delle librerie del cuore. Si perché la libreria non è solo un posto dove si comprano i libri, ma un luogo d’incontro, di scambio di pareri e consigli come la vecchia Rizzoli di Largo Chigi e la Mondadori di via Piave, a Roma.
La libreria Rizzoli, Largo Chigi, Roma
Il mio primo ricordo romano di una libreria? Forse la vecchia Rizzoli, nella galleria che dà su Piazza Colonna, ribattezzata da qualche anno “Galleria Alberto Sordi”.
Si era stabilita lì nel 1962, prendendo il posto della Hoepli, ed era enorme (circa 1300 metri quadrati di superficie), su due piani, coloratissima, uno dei pezzi forti di una Roma elegante e culturalmente all’avanguardia. In quello spazio di Largo Chigi non c’è più il Caffè Aragno, che è stato uno dei più famosi ritrovi di artisti a Roma. Hanno chiuso i negozi di abbigliamento più tradizionali, si sono spente da tempo le luci del cinema Ariston 2.
Per gli amanti della carta, la Feltrinelli ha sostituito per una ventina di anni la Rizzoli, ma anche quella esperienza è stata bruscamente interrotta e al suo posto sta arrivando il marchio giapponese Uniqlo.
Libri? No, abbigliamento e accessori.
Alla Rizzoli andavo regolarmente a metà dicembre, anche e soprattutto per scegliere i regali di Natale, i miei naturalmente. Qui, tanto per fare un esempio, una cinquantina di anni fa scoprii la bravura di Gianni Clerici, e ricordo ancora perfettamente la mia gioia nello sfogliare – in quell’enorme salone che profumava di libri, di legno e di sapere – l’inarrivabile Cinquecento anni di tennis, libro di culto per tutti gli appassionati della racchetta.
La libreria Mondadori, via Piave 18, Roma
Adesso invece, la mia preferenza va alla libreria Mondadori di via Piave 18, nel quartiere Pinciano (rione Sallustiano, a voler fare i pignoli ad ogni costo). Mi piace il nome della via, mi fa venire in mente la Prima Guerra Mondiale, la resistenza dei nostri soldati sul fiume in Veneto di fronte all’avanzata dell’esercito imperiale austriaco, un fronte metaforico, schierato contro l’ignoranza sempre più dilagante, dove le trincee sono straboccanti di libri.
Scelgo questa libreria però soprattutto per altre ragioni, naturalmente. In particolare per la professionalità e la simpatia che caratterizzano i proprietari, Ilaria Milana, Valentina Murmura e Antonio Santo, ben coadiuvati da Maria Antonietta Meligrana.
La libreria Mondadori di via Piave – dove mi pregio di dare una mano come commesso nei giorni convulsi di metà dicembre – è stata un’idea forse azzardata ma sicuramente vincente varata una ventina di anni fa.
“Ha maturato disparate esperienze, ha corso rischi senza tirarsi indietro, è sempre aperta alle novità ma mantiene con orgoglio la sua profondità di catalogo, ha affinato le sue abilità di scovare libri nascosti e irrecuperabili”, come si legge nel profilo che troviamo sul sito.
Parlare di libreria in questo caso è riduttivo. Via Piave è un approdo sicuro per chi ha bisogno di un consiglio su un libro da regalare o su un autore poco conosciuto: i nostri eroi sono grandi lettori, difficile che si facciano trovare impreparati di fronte a un titolo.
È un luogo ospitale dove sentirsi in qualche modo a casa, perché nessuno si tira indietro quando si tratta di fare due chiacchiere. E poi, è una realtà in continua ebollizione ed evoluzione, dove si cerca di fare cultura in tanti modi: presentazioni di libri, proiezioni di film, conferenze. C’è anche il Circolo di lettura di Gioacchino De Chirico (e Valentina) con i suoi incontri con gli autori. C’è il laboratorio teatrale di Giovanni Ribò, ci sono i corsi di scrittura creativa (e di lettura!) tenuti da Cinzia Tani e Antonio Pascale. Infine c’è un corso di “avvicinamento” al vino, tenuto da Manuele Petri.
“È nato un vulcano attivo in Via Piave”.
Così titolò qualche anno fa il Corriere della Sera, e questa definizione suona azzeccata più che mai.
Per me la Mondadori è la libreria che più ricordo.
Ero piccola e mia madre comprava ‘Per chi suona la campana’, ‘Nido di serpenti’, e quel libro che adesso non ricordo dovuto alla età.. . adesso mi ricordo, ‘La buona terra’, e che altro? Tanti altri che non potevo leggere ma erano un simbolo un piacere vederli nella libreria di casa.
Quando abitavo a Milano mi perdevo in una che si trovava in galleria del Duomo.
Mi perdevo fra i suoi titoli, ma un giorno scovai ‘Como vivido cien veses’ di una scrittrice cordobesa (Argentina), che avevo regalato ad una amica circa dieci anni prima.
Che emozione!
Quando la ritrovai a Córdoba ce lo comentas ed era affascinata che il suo libro era esposto in una libreria di Milano.
Mi sono persa nelle bancarelle a Parigi, ore girando di qua e di là.
Adesso non lo posso fare ma ricordo benissimo tante emozioni vissute.