Ha Noi, Viet Nam, 2012
“Mia nonna diceva sempre che quando i nostri antenati muoiono non scompaiono davvero ma continuano a vegliare su di noi. E ora, mentre prendo un cerino e accendo tre bastoncini d’incenso, sento lei che mi guarda. «Mi manchi, nonna», sussurro, sollevando l’incenso sopra la testa. Attraverso il velo fumoso che nasconde il confine tra i nostri due mondi, lei mi sorride”.
Inizia così con un tocco di animismo e di culto degli antenati il romanzo Quando le montagne cantano (Editrice Nord) della poetessa e giornalista Nguyễn Phan Quế Mai, nata cinquant’anni fa in Vietnam, dove è cresciuta lavorando come coltivatrice di riso e venditrice ambulante di sigarette, prima di riuscire a trasferirsi all’estero nel 1992, grazie a una borsa di studio.
Storia di una famiglia a due voci
L’autrice esordisce con questa opera accompagnando il lettore attraverso le vicissitudini storiche del Vietnam, raccontando in una prosa emozionante e coinvolgente la storia della famiglia Tran per mezzo di due voci narranti che si alternano sapientemente durante tutto il racconto. Quella di nonna Diệu Lan, saggia e coraggiosa, e quella della piccola Hương, prima innocente e poi, nell’arco della narrazione, sempre più matura e consapevole.
“Le sfide affrontate dal popolo vietnamita nel corso della Storia sono come montagne altissime. Se sei troppo vicino, non puoi scorgerne le vette. Ma, allontanandoti dalle correnti della vita, riesci a guardarle in tutta la loro maestosità”.
Il Vietnam non fa solo da sfondo ma diventa protagonista con i suoi drammi, le carestie, le continue occupazioni straniere, l’ascesa del comunismo, le espropriazioni, gli scontri che contrappongono il Nord e il Sud con l’intervento degli Stati Uniti d’America. Il tutto descritto nella sua più brutale crudezza e violenza.
Una nazione lacerata dalla guerra
È un grande affresco umano di una nazione lacerata dalla guerra ma il punto di vista non è quello militare e dei soldati, bensì quello della popolazione, della gente comune che si affanna nel sopravvivere tra le bombe, che cerca di andare avanti malgrado le crudeltà di conflitti e di totalitarismi ideologici estranei a un popolo di per sé mite e benevolo.
L’intensa drammaticità degli argomenti che tratta Quando le montagne cantano non può non portarci a riflettere sull’attualità: è impossibile affrontare questa narrazione senza avere negli occhi quelle immagini che trasudano disperazione e nelle orecchie quelle voci cariche di angoscia che giungono dal Medio Oriente, dall’Ucraina e non solo. Vedrete che, anche senza volerlo, il pensiero va lì.
“Spesso penso ai calvari che ciascuno della mia famiglia ha dovuto e deve affrontare. Se potessi esprimere un desiderio, chiederei solo di poter trascorrere una giornata tranquilla tutti assieme. Una giornata in cui potremmo cucinare, mangiare, parlare e ridere. Chissà quanta gente nel mondo, in questo momento, sta trascorrendo una giornata simile senza sapere quanto è sacra e speciale”.
Dai primi del ‘900 ai nostri giorni
Il libro è ambientato nel periodo che va dai primi del Novecento fino ai giorni nostri, e per mezzo di un sapiente intreccio di voci racconta le vicissitudini di tre generazioni di donne: la nonna Diệu Lan, la figlia Ngọc e la nipote Hương. Una famiglia violentemente segnata dalle guerre in un Paese mai in pace, occupato dagli stranieri, tormentato da continui conflitti e rivoluzioni che dividono le famiglie, smembrano gli affetti, costringono le persone a prove durissime.
Sono due le linee temporali che si alternano: una dedicata alle memorie della nonna Diệu Lan da giovane, durante le occupazioni francese e giapponese. L’altra della nipote Hương che narra della scuola, del suo amore per i libri, della guerra che le ha portato via i genitori e gli zii, partiti per aiutare la patria nella guerra di riunificazione contro gli americani, alleati del Vietnam del Sud. Una testimonianza importante per ripensare un’epoca storica fino a ora considerata da un punto di vista solo occidentale.
“Anche io avevo odiato l’America. Eppure, leggendo i loro libri, mi ero imbattuta in un altro aspetto di quel popolo: la loro umanità. Mi ero convinta che, se le persone avessero cominciato a leggere e a scoprire le culture degli altri popoli, non ci sarebbero più state guerre”.
Così dice a un certo punto la piccola Hương, abituata a leggere con passione libri provenienti da ogni nazione e cultura, comprati dalla nonna al mercato nero (tra i quali Le avventure di Pinocchio del nostro Carlo Collodi), proprio per consentirle di conoscere altri popoli. Oltre alla forza d’animo della nonna, e ai suoi insegnamenti, l’unico conforto per Hương è la lettura.
“La conoscenza è il solo elemento in grado di salvare il mondo. Le guerre lacerano l’umanità, hanno il potere di trasformare in mostri popoli colti e civili”, ama ripetere Diệu Lan, forse la nonna che tutti avremmo voluto avere.
Nonna e nipote in fuga dai bombardamenti su Hanoi
Hương ha solo dodici anni quando fugge dai bombardamenti americani su Hanoi e si rifugia con la nonna sulle montagne, lontano dai combattimenti. Quando poi rientrano in città trovano macerie e distruzione, quartieri devastati, corpi in putrefazione e la loro abitazione rasa al suolo.
Inizia qui il lento e complicato percorso di ricostruzione, non solo materiale ma anche psicologico, morale, relazionale con i famigliari e i vicini. Rapporti resi difficili da alcune scelte di Diệu Lan, giudicate peggio di un tradimento quando, pur di ricominciare a vivere dignitosamente, decide di abbandonare il lavoro di maestra e con gran coraggio si dedica al commercio, considerato illegale dall’autorità rivoluzionaria del tempo.
“I miei alunni mi mancheranno. Ma non ho nessuna intenzione di fargli un lavaggio del cervello e riempirgli la testa di propaganda. Non siamo semplicemente insegnanti, ormai, siamo servitori del partito”.
Francesi, giapponesi e poi la carestia del 1945
Non è la prima guerra che Diệu Lan ha vissuto; la sua vita è stata ricca di sofferenze e di ingiustizie. Figlia di proprietari terrieri che si sono sempre rimboccati le maniche, è cresciuta felicemente in una grande casa nel centro del Vietnam.
Sarà la lettura della mano da parte di un indovino però a dare inizio a numerose sciagure. Il Paese viene occupato prima dai francesi e dopo dai giapponesi, sprofondando in una grande carestia nel 1945, per poi subire gli anni del comunismo e della riforma agraria.
Durante la guerra con gli USA, la nonna si prende cura della nipotina con tutta se stessa, facendo l’impossibile per proteggerla dai bombardamenti, per infonderle malgrado tutto fiducia nella vita e, soprattutto, per trovare il cibo per sfamarla. Cercherà di insegnarle il valore delle cose e delle emozioni, la forza dei vincoli sociali e sentimentali, l’importanza dei sacrifici.
Quando la guerra finisce e la mamma e lo zio di Hương fanno ritorno a casa (mentre del padre non si saprà mai nulla) una parte della famiglia di Diệu Lan si ricompone ma niente sarà come prima. Come buona parte dei reduci, anche loro sono profondamente diversi nel corpo e nello spirito, segnati e devastati dalla violenza che hanno dovuto vivere e subire.
Ngọc, la madre di Hương, “resusciterà” dai traumi solo grazie all’amore della famiglia, aprendosi piano piano a loro raccontando i drammi di un abuso sessuale, le tragedie e le sofferenze sui campi di battaglia, la disperazione per il marito mai ritrovato.
“La vita degli esseri umani è breve e fragile. Il tempo e le malattie ci consumano, come fanno le fiamme con la legna. Ma non importa quanto a lungo viviamo. Importa solo la luce che riusciamo a trasmettere ai nostri cari e quante persone riusciamo a toccare con la nostra compassione”.
Il superamento delle avversità: il fiore di loto
Malgrado le avversità e le disgrazie, il romanzo è sempre impregnato di speranza, di tenacia, di un ottimismo che non si spegne mai, seppur ogni tanto con una eccessiva retorica emotiva tipicamente orientale. Ci insegna il valore della famiglia, l’affetto per i propri cari, la venerazione dei propri defunti, i vincoli umani che continuano a reggere nonostante la guerra e le durissime prove.
“Il fior di loto è il fiore preferito di mia nonna, ed è anche il fiore del Vietnam. È il simbolo del superamento delle avversità, della purezza, della rinascita, della forza, perché cresce dal fango e si eleva verso il cielo senza esserne sporcato. E proprio come il loto anche noi abbiamo la capacità di sollevarci dalla palude, sbocciare dalle tenebre e aprirci al mondo”.
Il fior di loto come simbolo, la rinascita dalle violenze e sopraffazioni, la devozione verso gli antenati. Come dice l’autrice stessa, Quando le montagne cantano è soprattutto l’omaggio reso da Hương ai suoi antenati. Ecco perché brucia l’incenso all’inizio e alla fine del libro.
Della stessa autrice vi segnaliamo anche Dove vola la polvere. Quest’ultimo romanzo di Nguyễn Phan Quế Mai, uscito a settembre del 2023, è frutto di sette anni di ricerche.
Nella storia si intrecciano le vicende di figli nati da padri americani e madri vietnamite che hanno subito grandi discriminazioni e ai quali, pur nel mondo disilluso di oggi, viene restituita una dignità.