Hitler assassino di tedeschi
L’enormità storica della Shoah ha fatto perdere di vista il dato di fatto incontrovertibile per cui Hitler è stato innanzitutto un terrificante assassino di tedeschi. La triste contabilità delle perdite umane durante il periodo 1939-45 parla di quasi 7 milioni e mezzo di tedeschi morti (intorno al 10% della popolazione) a fronte di 6 milioni di ebrei (la cifra relativa ai tedeschi non include gli ebrei di nazionalità tedesca). Per di più, oltre 5 milioni dei tedeschi uccisi erano militari, ossia giovani: è stato calcolato che circa un terzo dei tedeschi nati dopo la Prima Guerra Mondiale è morto durante la Seconda.
Non sorprende, dunque, che accanto alla conosciutissima narrativa e memorialistica dedicata alla Shoah esista anche una altrettanto efficace ma non ugualmente conosciuta letteratura dei civili tedeschi in guerra. In particolare di quella minoranza che non sostenne il nazismo e, se mai, lo subì. Alcuni titoli hanno raggiunto una notevole diffusione grazie a riduzioni cinematografiche di successo, come Tempo di vivere, tempo di morire, di Erich Maria Remarque. Un autore che ha dedicato molte opere alla lotta al nazismo.
Oppositori del nazismo
Altri sono noti grazie al Nobel – tutti i primi libri di Heinrich Böll – ma molti titoli sono rimasti nel limbo delle opere conosciute solo dagli addetti ai lavori. Autori come Rolf Hochhut o Wolfgang Borchert meriterebbero sicuramente una riscoperta. Ad esempio Ognuno muore solo, di Hans Fallada, nonostante la notevole fortuna critica, rimane poco diffuso.
Invece, grazie a una buona versione cinematografica – diretta da Fred Zinnemann nel 1944 e interpretata da Spencer Tracy -, La settima croce di Anna Seghers ha potuto raggiungere un pubblico più vasto e perfino in Italia ha avuto già due traduzioni.
Il romanzo originale risale al 1942. L’autrice, nata nel 1900, fuggita dalla Germania nel 1933, giunse in Messico nel 1941 e infine tornò in Germania nel 1947, decidendo di stabilirsi nella DDR. Qui rivestì importanti ruoli nel panorama culturale nazionale, fino alla morte nel 1983.
Anna Seghers si chiamava all’anagrafe Netty Reiling ed era ebrea. In quanto tale avrebbe potuto scrivere della Shoah, ma non lo fece perché la sua opposizione al nazismo era di parecchio antecedente alla Shoah. Infatti, i personaggi del suo romanzo sono alcuni evasi da un campo di concentramento, ma solo uno di essi è ebreo.
La settima croce
Siamo nel 1936 e la “soluzione finale” è ancora lontana, mancano ancora due anni anche alla “notte dei cristalli”. Eppure nella Germania nazista si può finire nei campi di concentramento (che, poi, di fatto, sono già campi di sterminio) semplicemente per aver protestato contro le dure e ingiustificate condizioni di lavoro nell’industria, come accade ad alcuni operai, deportati a 15, vicino Worms. Qui, all’arrivo, trovano che il comandante ha fatto erigere sette croci per inchiodarvi sopra, una volta ripresi, sette deportati che sono appena riusciti a fuggire.
Uno solo dei fuggiaschi è ebreo. Gli altri sono “ariani” che però hanno l’imperdonabile torto di pensarla diversamente dai nazisti. Perché sì, il patriottismo, la razza pura e tutte le altre fanfaluche propagandistiche valgono solo per chi appartiene alla propria cricca. Agli altri, il pedigree ariano non serve a niente.
Il leader del gruppo di fuggiaschi è un ex politico democratico, Wallau. Ci sono poi un acrobata circense, Belloni, un operaio che si è messo più volte nei guai per questioni di donne, Georg Heisler, e altri personaggi più o meno comuni, ai quali in una normale realtà sociale nessuno farebbe caso. Uno alla volta, sei tra loro vengono raggiunti. Uno si uccide. Uno si consegna spontaneamente. Uno muore di sfinimento, ma ancora libero. Wallau, catturato grazie alla sorveglianza dei suoi amici e familiari, affronta il martirio senza dire una parola che possa facilitare la cattura degli altri.
Il cerchio sembra stringersi intorno all’ultimo,
Georg Heisler
Georg è stato a lungo una testa calda, ma ha trovato nell’attivismo politico e sindacale la sua vocazione. Convertito alla politica dal suo collega Franz, ha poi trovato in Wallau un maestro e un mentore al quale resterà sempre devoto. In certi momenti, sembra che Georg sia più preoccupato del destino di Wallau che del proprio. Ma, nonostante sia solo un piccolo uomo insignificante contro un apparato poliziesco in grado di incutere terrore in chiunque e quindi si muova in un microcosmo che pullula di spie, Georg è mosso da una volontà di sopravvivere che si rivela più forte di tutto.
Intorno a Georg si muove un vero formicaio di personaggi determinati a catturarlo o a salvarlo. Odiosi e vili, senza la minima speranza di riscatto, sono i nazisti: e anche talmente ottusi da accanirsi su un poveretto che ha il solo torto di essere sorpreso in compagnia dell’ex-moglie di Georg, Nelli. Viene scambiato per lui, catturato e torturato finché, una volta condotto a Westhofen, l’equivoco sarà svelato.
Opportunisti, menefreghisti, cinici ed eroi
Molto più variegata è l’umanità che non indossa divise ma nasconde opportunisti, menefreghisti, cinici ed eroi, gli uni apparentemente identici agli altri.
Georg, durante la sua odissea, si vede sbattere porte in faccia là dove sperava di trovare aiuto, ma riceve anche inaspettati aiuti da parte di chi è al corrente della sua fuga e malgrado sappia benissimo cosa rischia a non denunciarlo immediatamente, non fa compromessi con la coscienza. Alcuni sono suoi amici, altri lo conoscono appena, altri ancora non sanno neppure chi sia: ma questo non fa nessuna differenza.
Alla fine, per Georg si apriranno le porte di una difficile salvezza, che però non si sa dove potrà condurlo. Il personaggio storico cui è ispirata la sua figura, il sindacalista Hans Beimler, fuggito da Dachau nel 1933 in modo molto avventuroso: uccise una SS e si allontanò indossando la sua divisa (leggi qui). Poi peregrinò tra Francia e Svizzera, prima di raggiungere la Spagna, arruolandosi nelle brigate repubblicane, e qui fu ucciso nel dicembre del 1936, non si sa se dai franchisti o dagli stalinisti. Ebbe comunque il tempo di raccontare la sua esperienza di deportato in alcuni scritti che fornirono molta ispirazione alla Seghers.
The Seventh Cross fu pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Little, Brown and Company di Boston dopo essere stato tradotto dal tedesco a cura di James A. Galston, nel 1942. L’impatto de La settima croce fu notevole, al punto che, oltre al film, ne vennero realizzate una versione a fumetti e una “condensata”, destinata al pubblico dei militari. Questa riduzione “condensata” fu giustificata con l’esigenza di rendere la lettura più agevole, tagliando qualche descrizione un po’ prolissa: ma in realtà servì per far sparire dalla vicenda ogni riferimento alla militanza comunista di Georg Heisler, che i lettori americani avrebbero trovato indigesto.