Quando ci si avvicina a un’opera letteraria in cui la fiction narrativa si unisce alla divulgazione storica per dare vita a una vicenda di mistero (il genere Il codice Da Vinci, per intenderci) bisogna sempre temere il peggio perché le esigenze narrative finiscono spesso per forzare la realtà storica fino a renderla prossima a una caricatura. Ed è preoccupante anche il fatto che parecchi lettori non riescano a distinguere quanto sia vero e quanto sia inventato in questo genere di romanzi, finendo quindi per prenderli alla lettera. Per fortuna, con Il ramo di Giuda di Carlo Animato, questo non succede.
La materia storica è trattata con attenzione e massimo rispetto, mentre la dimensione narrativa rinuncia agli effetti mirabolanti pur ottenendo lo stesso il risultato di una trama avvincente e coerente.
Il ramo di Giuda si inserisce nella tradizione ormai ricca di opere ispirate alla figura di Giuda Iscariota, o al suo Vangelo apocrifo che è stato possibile leggere per esteso solo da qualche anno.
Il tema è stato trattato da nomi illustri: ad esempio, Jorge Luis Borges, Nikos Kazantzakis, Giuseppe Berto, Roberto Pazzi. Carlo Animato, oculatamente, si guarda bene dallo sfidarli e si concentra invece su un aspetto finora pochissimo considerato dalla narrativa di livello, quello della setta dei Cainiti, di cui in realtà sappiamo pochissimo.
La setta misteriosa dei Cainiti
Dei Cainiti scrive Sant’Ireneo di Lione, dottore della Chiesa vissuto nel II secolo d.C., in un trattato intitolato Adversus Haereses, ossia Contro le eresie. All’epoca, il maggior problema della Chiesa era lo Gnosticismo, una dottrina religiosa, filosofica ed esoterica che univa elementi di derivazione cristiana a contributi di origine precedente, risalenti al neoplatonismo, allo zoroastrismo, all’ebraismo dissidente e alle religioni misteriche orientali.
Farne una sintesi richiederebbe una conoscenza della materia che un povero recensore di gialli non può certo possedere, ma anche in seguito a una lettura superficiale si possono dire almeno tre cose.
La prima è che l’argomento è appassionante e merita di sicuro un approfondimento. La seconda è che gli gnostici sostenevano (al contrario della Chiesa) la separazione tra la figura umana e quella divina del Cristo. La terza è che le posizioni riguardo al rapporto tra gli uomini e il Dio dell’Antico Testamento non erano né unanimi, né facilmente conciliabili tra loro.
Venerare i più riprovevoli dell’Antico e Nuovo Testamento
I Cainiti infatti, secondo quanto riportato da Ireneo, non si ispiravano alle figure virtuose dell’Antico e Nuovo Testamento, ma tenevano in considerazione soprattutto quelle che le stesse Scritture consideravano più riprovevoli come Caino, o Giuda Iscariota. Questo perché secondo loro l’Antico Testamento non era stato ispirato da un vero dio, ma piuttosto da un demiurgo (un semi-dio che non crea nulla ma si limita a ordinare quanto creato da altri) ostile all’uomo e determinato a impedirne la salvezza. Salvezza che secondo loro sarebbe poi divenuta possibile solo grazie alla ribellione di Giuda il quale, con il suo tradimento, avrebbe permesso la realizzazione delle antiche profezie.
Come si può vedere, i moderni autori di affascinanti mitologie – tipo Lovecraft – hanno avuto illustri predecessori.
Ireneo narra di come i Cainiti interpretassero al contrario il Decalogo di Mosè. Ma probabilmente esagera parecchio perché già pochi anni dopo di lui un altro illustre teologo, Ippolito di Roma (altra figura romanzesca: primo antipapa, poi riconciliato con il papa legittimo Ponziano e infine martirizzato insieme a lui), già li liquida come un fenomeno estinto.
E se non si fossero mai estinti?
Invece, Carlo Animato (leggi anche qui) ipotizza che i Cainiti non si siano per nulla estinti. E che, anzi, nel corso dei secoli si siano trasformati in una sorta di P2 vaticana che infesta le istituzioni religiose cattoliche in attesa del momento adatto a rivoltare tutta la Chiesa con l’equivalente di un golpe.
La narrazione de Il ramo di Giuda parte alternando tre diverse vicende che si svolgono in tempi molto diversi. La vicenda più antica si svolge subito dopo la Crocifissione, quando Giuda Iscariota si impicca al ramo di un albero (verosimilmente un siliquastro, anche se nel corso del tempo sono stati chiamati in causa anche il sambuco, il fico e il sicomoro). Quando poi viene tirato giù, qualcuno taglia il ramo cui è stato appeso per ricavarne delle reliquie.
Nella seconda vicenda in ordine cronologico, ci ritroviamo alla fine del XVII secolo dalle parti di Lione, in Francia. Le indagini su un efferato delitto (seguite, alla conclusione dell’inchiesta, da una non meno efferata esecuzione) brancolano nel buio finché a qualcuno viene l’idea di chiedere aiuto a un artigiano conosciuto come abilissimo rabdomante. Per chi non lo sappia la rabdomanzia è l’insieme delle tecniche, per lungo tempo prese sul serio anche se oggi non si riconosce a esse la minima base scientifica, per identificare la presenza di qualsiasi elemento nel sottosuolo, di solito falde acquifere, seguendo le vibrazioni di un bastone a forcella, ossia a forma di Y.
Una bacchetta chiamata “la Sanguinaria”
Questo rabdomante utilizza per la ricerca una particolare bacchetta diversa dalle altre, che chiama “la Sanguinaria” e che si rivela pressoché infallibile. Il principe di Condé, autorità locale e cainita in incognito, sfrutta tutta la sua influenza e il suo potere per sequestrargliela.
Infine nella storia più recente e più importante, che è ambientata ai giorni nostri e che a circa due terzi del libro diventa quella esclusiva, ci sono due gruppi di persone che stanno cercando la Sanguinaria. Questa, ormai si sarà capito, è stata ottenuta dal ramo cui si impiccò Giuda, ma dopo la Rivoluzione Francese, non si sa più che fine abbia fatto.
Sulle sue tracce, da un lato ci sono i cainiti, ben infiltrati nella Chiesa, guidati da un insospettabile monsignore e capaci di qualsiasi delitto pur di venire in possesso del prezioso oggetto. Dall’altro, c’è una squadra estemporanea, costituita da un padre gesuita dalla mentalità molto pratica, coadiuvato dalla saggia sorella e dal fidanzato di questa, uomo dalla vastissima cultura classica, più un intraprendente fotografo.
Chi capirà prima che fine ha fatto la Sanguinaria? E, una volta scoperto il suo nascondiglio, cosa potrà accadere?
In conclusione
Il ramo di Giuda di Carlo Animato è un romanzo avvincente che non pretende di stupire a tutti i costi, colto senza essere pedante. Il fatto che l’autore scriva in modo elegante ma non pretenzioso, avendo l’aria di divertirsi parecchio, aiuta ulteriormente la lettura, facilitata dalla suddivisione per lo più in capitoletti brevi, per cui la lunghezza complessiva – che non è poca – si regge facilmente.
Ci si stupisce un po’ che non sia uscito con un editore nazionale, visti gli ottimi precedenti dell’autore e le notevoli potenzialità dell’opera che appare francamente parecchio superiore alla media del genere. Ma una realtà piccola (che pubblica solo in ebook e print-on-demand per ragioni di bilancio) e tuttavia è ben attenta alla qualità e dal catalogo molto interessante come Il Vento Antico non può di certo essere considerata una soluzione di ripiego. Forse, semplicemente, certe realtà della nostra industria culturale dovrebbero trovare molto più spazio per farsi conoscere.