Aurora Tamigio – Il cognome delle donne e il successo delle saghe al femminile

Il cognome delle donne di Aurora Tamigio è un romanzo familiare, una saga al femminile che si legge con piacere per la curiosità che suscitano i fatti quotidiani dei piccoli mondi arcaici che non esistono più e che, senza averne consapevolezza, ci portiamo dentro come un irrisolto DNA collettivo.

Il cognome delle donne. Cronache Letterarie

“Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò… ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa, saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.
Il sentiero dei nidi di ragno, Italo Calvino

Il cognome delle donne, in vetta alle classifiche già subito dopo la pubblicazione – classifiche che dallo scorso luglio non ha ancora abbandonato – conferma con il suo successo quanto ci piaccia ascoltare le storie di donne che sono state e restano “il filo” delle famiglie. Storie, sia pur romanzate, che si inverano in quelle realmente accadute e nascoste negli scrigni della memoria ancestrale.

Storia delle famiglie Quaranta e Maraviglia

Palermo. Il cognome delle donne. Cronache Letterarie
Palermo

La piccola epopea del romanzo si snoda tra gli inizi del Novecento e la metà degli anni Ottanta ed è ambientata in Sicilia, in un paesino montano prima e successivamente a Palermo. Abbozza un affresco della famiglia italiana di una sperduta provincia del sud e della sua evoluzione, soprattutto a causa dei condizionamenti che i personaggi subiranno per eventi salienti della storia del nostro Paese. In particolare, la guerra e l’urbanizzazione, innescata dal boom economico, segneranno la storia delle famiglie Quaranta e Maraviglia.

La storia è narrata con l’ottica al femminile, proprio come il titolo stesso del romanzo, che rimanda al diritto di famiglia in vigore fino alla metà degli anni Settanta e al dibattito – sociale e legislativo – dei giorni nostri. Ci ricorda il paradosso per cui una saga al femminile non si sarebbe potuta indicare, fino al 2021, se non con i cognomi dei maschi. E come l’eredità femminile abbia fatto perdere le sue tracce, assorbita, nel corso dei secoli, nei cognomi dei pater familias.

Sono cinque le donne della dinastia Quaranta-Maraviglia

Rosa è la matriarca, poi c’è la fragile e quasi incorporea Selma, sua figlia, e le tre nipoti, tanto diverse l’una dall’altra.
La vicenda ha inizio con la fuga di Rosa che si sottrae alla brutale violenza paterna accettando il matrimonio con Sebastiano Quaranta, uomo mite e gentile, onesto e grande lavoratore.

“Sebastiano Quaranta l’unico uomo al mondo a non sapere come suonarle.
A fimmina è comu ‘a campana: si ‘un ra scotuli ‘un sona”.

Sicilia, 1987, foto di Ferdinando Scianna

Insieme, lui e Rosa gestiranno un’osteria finché la guerra non lo allontanerà e Rosa dovrà occuparsi da sola dei tre figli Fernando, Donato e Selma. Allora svilupperà spirito di indipendenza, forza, coraggio e capacità di piccola imprenditrice, diventando una moderna e intelligente capofamiglia.

“La mia famiglia non ha capi. Non siamo lupi e nemmeno pecore che vanno tenute col bastone”.

La vita scorre serena e ordinata finché Selma non sposa, a seguito di un incredibile equivoco, Santi Maraviglia detto Santidivetro per l’opalescenza della sua pelle e per un certo fascino che ammalia le donne.

Santi è un uomo cattivo, scansafatiche e parassitario. Impadronitosi dei risparmi che Rosa ha messo da parte per Selma, così come la legge gli consente, acquista, senza consultare la moglie, un appartamentino sopra una botteguccia in città. Perciò sradica la famiglia, senza avere la capacità e la voglia di impegnarsi economicamente e affettivamente nell’impresa.
Rosa continuerà a sostenere la figlia Selma, infaticabile sartina e ricamatrice bravissima, ma di salute cagionevole e fragile di carattere.

Singer

“Oggi è un giorno che piove e tira vento. Di solito a giugno, in questo periodo si va già a mare e si puliscono le sarde per cuocerle sulla brace accesa in cima alla terrazza. Ma oggi non è cosa di mettere il naso fuori: il cielo è pesante come cemento e le nuvole fuggono rapide verso la fine della Terra, dove si accatastano, una sull’altra, sempre più grigie. […]
Selma trema e con lei il letto, il soffitto, le pareti, il pavimento “Gesummaria, il terremoto” esclama Rosa. […]
Poi ogni cosa si ferma. E Selma Quaranta muore, il 18 giugno 1970”.

Il romanzo si sviluppa cronologicamente, tranne che per il capitoletto introduttivo dove è anticipata la morte di Selma durante il terremoto del 1970, evento che segnerà la maturazione emotiva delle tre ragazze.

Le nipoti

Le nipoti impareranno ben presto a badare anche economicamente a loro stesse, senza contare sul padre e nonostante le sue intemperanze.

Patrizia è una presenza esuberante nel romanzo, quasi quanto la nonna. Poi c’è Lavinia che sacrifica sogni e bellezza per tenere unite le sorelle con l’attenzione e i silenzi che ha appreso dalla madre. Infine c’è la piccola Marinella pronta, per età e temperamento, e grazie alla spinta delle sorelle, ad allontanarsi da quel mondo antiquato e ristretto, per muoversi verso la modernità.
Le tre giovani donne svilupperanno uno spirito di sorellanza che, nonostante le differenze, le terrà unite e le renderà forti di fronte alle disgrazie, alla perdita prematura della madre e poco dopo della nonna.

Fa capolino nella mente del lettore un importante spunto di riflessione. Ci si chiede quanto pesi sulle famiglie l’eredità morale tramandata e come, coagulandosi intorno agli affetti e secondo nuovi schemi, le famiglie anomale e disfunzionali possano, in qualche maniera, ricostruirsi.

È quello che riusciranno a realizzare, con fatica e determinazione, le tre sorelle grazie soprattutto al temperamento volitivo e ostinato di Patrizia e all’esempio coriaceo della nonna. Ma anche con l’aiuto degli zii e di un amico d’infanzia, Peppino Incammisa, presenza maschile significativa nella storia della famiglia. Troveranno così l’energia per superare gli abbandoni, cambiare rotta e scegliere nuove strade per costruirsi la propria identità sociale.

L’autrice e l’architettura del romanzo

Aurora Tamigio
Aurora Tamigio, foto di Giulia Ferrando

Aurora Tamigio si è occupata di cinema e di letteratura.
Nutre un profondo interesse, oltre che per la mitologia familiare, cioè per gli anonimi piccoli eventi quotidiani di vite semplici, anche per l’archeologia familiare: oggetti personali o di uso comune che condensino in sé i sentimenti, le passioni, gli amori di chi li ha posseduti. Oggetti capaci di restituire emozioni a chi li accoglierà e se ne prenderà cura.

Il museo dell’innocenza di Orhan Pamuk è, infatti, uno dei libri cult di Aurora Tamigio (trovi qui la nostra recensione). La macchina per cucire di Selma, la mitica Singer di casa Quaranta-Maraviglia, non ha niente da invidiare, per il messaggio emozionale che la accompagna, agli oggetti che Pamuk ha immortalato nel suo Museo letterario ad Istanbul.

La scrittura, secondo la Tamigio, non è soltanto passione ma anche lavoro intenso, perché le storie richiedono costruzioni organiche e personaggi coerenti. L’autrice ha svolto una meticolosa ricerca per ciascun personaggio, anche per quelli minori. Ha fatto muovere le protagoniste su un palcoscenico ideale come una staffetta composta da cinque donne. Ciascuna ha depositato nelle mani dell’altra la sua eredità che l’altra ha accolto con cura.

Pubblicato da Feltrinelli, Il cognome delle donne è un gradevole incontro per il lettore.  La storia sa fare compagnia però non riesce davvero a coinvolgere. Probabilmente perché, secondo quanto afferma l’autrice, il romanzo era stato ideato, in un primo momento, come collana di novelle. Manca di slancio e di plasticità.  Il racconto fluisce pacifico e indolente, senza primi piani o flashback che animino la storia e la compattino in un unicum.

Anna Parente

Anna Parente

Sannita di estrazione, napoletana di adozione, cittadina del mondo. Lettrice instancabile, viaggio molto con il pensiero attraverso le parole, i sogni e i racconti. Amo anche scrivere.

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