Uscito da poco per Fazi, Le 250 serie Tv da non perdere è un libro di Mario Sesti che, per la prima volta in Italia, tenta di raccogliere le serie imperdibili.
Per riuscirci Mario Sesti si è avvalso di una squadra di bravi collaboratori, persone molto diverse, di varie estrazioni, che vanno dai trenta ai settant’anni, tra i quali c’è anche il nostro Cesare Biarese.
La scelta delle serie non è stata facile, visto che solo negli Stati Uniti se ne producono 600 all’anno e infatti Mario Sesti racconta che se il libro non gliel’avessero strappato dalle mani, sarebbero diventate molte più di 250.
Il mio primo impulso, appena preso il libro, è stato quello di controllare cosa c’è e cosa manca. Comincerò col dire che ce ne sono anche due “mie”, ovvero due che ho seguito come produttore e story editor per Mediaset e sono Distretto di polizia e Ris.
Difficile per un appassionato condividere tutte le scelte fatte e accettare certe esclusioni “clamorose”, ma anche certe inclusioni. Interrogato sull’opinabilità delle scelte, Mario Sesti ha risposto: “È uno sporco lavoro ma qualcuno deve farlo” e “Il critico sbaglia ma si prende la responsabilità di scegliere”.
Le assenze
Cominciamo col dire le serie che mancano: Slow Horses e Scene da un matrimonio, Brothers and Sisters, Weeds, Una mamma per amica, Shetland, The Offer, The Terror, Olive Kitteridge (capolavoro assoluto!), Sense8, Tredici, 22.11.63, Revenge, Mieldred Pierce, Bosch, Modern Love e Yellowstone. Queste sono le prime che mi sono venute in mente.
Invece ci sono diverse serie italiane del tutto dimenticabili per usare un eufemismo perché in realtà sono proprio sconosciute (tranne che per gli addetti ai lavori).
Le sit-com
Inclusioni ed esclusioni a parte, per ogni serie viene data una valutazione che va da uno a quattro piccoli schermi televisivi.
Poche sono le sit-com, ma per scelta, si sono infatti privilegiate le serie con una narrazione “orizzontale”, ovvero quelle in cui i personaggi cambiano, mentre i protagonisti delle sit-com sono maschere che restano sempre uguali nel tempo.
E però, protesto, come si possono dare due stelle a Muccino (A casa tutti bene) e due stelle a The Big Bang Theory, una serie di culto che mantiene un ottimo livello in quasi tutte le stagioni tranne forse l’ultima, la dodicesima, in cui tutti si sposano?
Manca anche Friends ma solo perché si è deciso di partire dal 1999, ovvero da I Soprano: una delle poche serie che si aggiudica quattro schermi.
Qual è il criterio di giudizio?
Le valutazioni si fanno mediando tra le stagioni. Se c’è una prima stagione straordinaria e un’ultima tremenda, il giudizio sarà una media tra le due. Insomma si è tenuto conto di tutte le stagioni, un criterio che però tende a livellare in una medietà serie che non lo meriterebbero.
Solo 19 serie – non vi dico quali – si aggiudicano le quattro stelle, ovvero i quattro schermi, perché, dice Mario Sesti, si è premiato quelle che sono riuscite ad avere la stessa qualità per tutte le stagioni.
Ma al di là dei giudizi e delle inclusioni/esclusioni Le 250 serie Tv da non perdere è una guida delle serie più note e offre una breve scheda esaustiva di ognuna.
L’Oriente
Manca quasi del tutto l’Oriente. Scelta comprensibile vista l’ampiezza del campo, anche se è un peccato perché, grazie alle piattaforme di streaming, le fiction dei paesi più remoti oggi entrano nelle nostre case proprio come le altre.
I k-drama, le serie coreane, vantano un pubblico sempre più vasto e affezionato. Oppure ci sono le ottime serie indiane, ma anche quelle cinesi e giapponesi meritano. Insomma sono prodotti di ottimo livello, spesso addirittura superiori alle serie europee ed occidentali in genere.
Come dimenticare Stranger, oppure Itaewon Class, o anche Something in the Rain (la lista dei k-drama sarebbe davvero lunga)? Oppure Dahli Crime e le atre eccellenti serie indiane (leggi anche qui)? Serve almeno un altro volume sulle serie orientali e sul mondo che è rimasto fuori.
Scoperta di grandi talenti attoriali
Alla presentazione del libro, Mario Sesti ha affermato che le serie ci hanno permesso di scoprire la capacità recitativa di certi attori come Rachel Brosnahan, ovvero La fantastica signora Maisel, che è un’attrice eccezionale. Prima aveva fatto 40 film e 15 puntate di House of Cards e non ce ne eravamo accorti. “Ci sono attori che se gli dai sei stagioni costruiscono una sorta di alta definizione della recitazione mai vista in precedenza”.
Lo stretto legame con il romanzo
La durata delle serie ci permette, non solo di apprezzare le capacità attoriali, ma anche di tratteggiare e approfondire personaggi e trame come mai prima e come un film di due ore non consentirebbe. È un tema che Carlo Verdone sviluppa nell’introduzione a Le 250 serie tv da non perdere e che chi pratica le serie da anni, ha ben presente:
“Le serie Tv sono diventate il formato più popolare del linguaggio audiovisivo. Non c’è nulla che somigli di più a un romanzo. […]
La visione ci accompagna per un tempo prolungato, possiamo iniziare e interromperne la fruizione quando vogliamo, la durata può corrispondere a un numero sterminato di ore (l’equivalente necessario a leggere Guerra e pace o It). […]
Cosa fa di queste serie la cosa più vicina alla letteratura? […]
Innanzitutto la capacità di produrre personaggi poderosi e a tutto tondo come quelli di un romanzo ottocentesco”.
Sì, è proprio questa affinità con la letteratura, questa straordinaria capacità di narrare, quello che più ci incanta delle serie tv.