Teddy, un thriller vestito da horror

Teddy. Jason Rekulak

Teddy di Jason Rekulak arriva da noi con la sponsorizzazione di Stephen King, che negli ultimi tempi ha accompagnato libri importanti tradotti in ritardo come Il banditore di Joan Samson. Quindi il livello delle aspettative del lettore è inevitabilmente alto.

Si tratta di un romanzo progettato e realizzato con grande cura professionale. Non se ne avverte la lunghezza durante la lettura perché lo stile narrativo è scorrevolissimo e la costruzione della suspence procede costante dal primo capitolo, senza cedimenti.
Il personaggio principale, la ex tossica Mallory Quinn che trova l’occasione della vita con un impiego da baby-sitter, ispira simpatia senza che cerchi di accattivarsela.

Chi offrirebbe un lavoro da baby-sitter a una ex tossica, anche se gradevole e ben riabilitata come Mallory?

Ma naturalmente una coppia dalle idee molto progressiste: i Maxwell, la psichiatra Caroline che lavora quotidianamente tra i disabili e l’informatico Ted, un nerd all’ennesima potenza. Anche se Mallory sarà tenuta sotto esame per tutta la permanenza in casa Maxwell.

Il bambino di cui deve occuparsi, Teddy, è un piccolo genio di cinque anni che non fa amicizia con nessuno, ma che non ci mette molto a legarsi alla nuova baby-sitter.

La piccola proprietà in cui sorge la casa dei Maxwell, in un angolo di Pennsylvania ancora ricco di elementi naturali come prati, boschi e ruscelli, diventa il teatro delle avventure della coppia durante le lunghe giornate in cui Caroline e Ted sono al lavoro.

C’è solo un inconveniente. Teddy disegna molto, ma i suoi disegni sono piuttosto strani: in qualsiasi cosa rappresenti, ispirandosi a ciò che gli accade, inserisce anche la sua amica immaginaria che chiama Anya. E Anya non è un’altra bambina, come sarebbe facile immaginarsi e anzi, ha un aspetto che mette addosso un po’ di inquietudine.

Per di più, lo stile dei disegni di Teddy si evolve. Sembra che, da solo e senza che nessuno glielo insegni, il bambino stia imparando a disegnare sempre meglio. Ma meglio disegna, più le immagini si fanno inquietanti. Il lettore può rendersene conto con facilità perché una parte del libro è costituita proprio dai disegni prodotti via via dal bambino.

L’anziana vicina hippy che crede nel paranormale

Una delle regole di casa Maxwell è di non dare confidenza alla vicina, una certa Mitzi. Si tratta di un’anziana che vive da sola, ha un passato da hippy, fa ancora uso di stupefacenti e crede fermamente nel paranormale. Mallory dovrebbe stare attenta ad evitarla, ma finisce per contattarla quando i Maxwell non prendono sul serio la sua ipotesi che a guidare la mano di Teddy quando disegna sia una non meglio precisata “presenza”.

Questo evento segna il passaggio a una fase in cui i rapporti tra Mallory e i Maxwell cominciano a diventare sempre più complicati, specie con Caroline, la moglie, che è decisamente la figura più autoritaria. Tuttavia, Mallory si sente un po’ più forte perché ha trovato la solidarietà di un ragazzo che le piace molto, Adrian. Le piace al punto che gli ha mentito sul suo triste passato, non se l’è sentita di raccontargli di essere stata una tossica e perché lo è diventata.

Jason Rekulak

Mallory in equilibrio su un filo

A questo punto la vita di Mallory diventa un percorso su un filo molto sottile, senza alcuna rete sotto. C’è qualcosa di misterioso e impenetrabile che ha a che vedere con Teddy, ma la baby-sitter sa che al minimo passo falso i Maxwell le darebbero il benservito. Al tempo stesso, Mallory vorrebbe investire quanto più possibile nella storia con Adrian, ma si rende conto di averla resa da subito precaria e vulnerabile.

I tentativi della ragazza di fare chiarezza sul mistero dei disegni di Teddy faranno precipitare la situazione. Detto questo, è meglio non spoilerare il resto della trama.

Teddy sembra un horror, invece è un thriller

Teddy, pubblicato da Giunti, a prima vista sembra un horror puro, ma in realtà finisce per rivelarsi un thriller con venature horror. Scegliere di spiegare una trama apparentemente soprannaturale con una soluzione del genere è un metodo che è sempre stato impiegato, ma sembra che adesso succeda ancora più spesso. Forse perché il pubblico dei lettori ne ha già viste di tutti i colori e potrebbe essersi stufato di improbabili “effetti speciali”, a differenza di quello cinematografico, che non si fa alcun problema a seguire horror fatti in serie. Nel caso di Teddy la soluzione è parecchio complessa e anche un po’ contorta, ma indubbiamente funziona.

Teddy. Jason Rekulak

Nonostante il successo, questo romanzo non è piaciuto a tutti. Una parte della critica ha sottolineato quanto sia sgradevole, proprio in questo momento, la caratterizzazione dei personaggi principali, che per molti versi sembra datata e degna di una sceneggiatura della vecchia Hollywood. Forse è proprio perché l’autore non si fa tanti scrupoli a riciclare qualche antico cliché in disuso, che alla fine il meccanismo gira senza intoppi.

Un’altra critica mossa a Teddy riguarda la quantità di temi proposti o appena sfiorati, tutti indubbiamente trattati con una certa superficialità. Del resto, si sta parlando di un’opera narrativa destinata al più vasto pubblico possibile, che in genere va cercando solo qualche ora di distrazione dalla vita quotidiana e che non offre verità assolute o relative. Se un lettore cerca delle risposte importanti in un libro come Teddy, ha completamente sbagliato strada. Ma non si può negare che questo romanzo, dal punto di vista dell’intrattenimento, funzioni alla perfezione.

Roberto Cocchis

Roberto Cocchis

Classe 1964, insegnante di liceo, autore di un piccolo successo editoriale (Il giardino sommerso, Lettere Animate, 2017) e di altre opere di narrativa, collaboratore di Cronache Letterarie e di Vanilla Magazine; amo i misteri e i gialli, sia quelli veri sia quelli inventati, con preferenza per quelli dimenticati e soprattutto quelli introvabili: vedi la mia rubrica su Cronache Letterarie.

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